La fine della storia di De Pedis sepolto in chiesa

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Emanuela Orlandi e la Banda della Magliana. Misteri e criminali che si reggono insieme con un filo labile. Quasi spezzato

La notizia non è di quelle da fermare le rotative: hanno trovato delle ossa in un ossario. Per il resto, nell’ennesima puntata della saga su Emanuela Orlandi, la puntata di oggi – che si immaginava ricca di colpi di scena – alla fine lascia un po’ di delusione negli affezionatissimi. La notizia è quella che renderebbero proverbiale la frase di Groucho:



In effetti, la salma ritrovata che ha le impronte digitali di De Pedis, in attesa dell’esame del Dna sui familiari di De Pedis, sembra essere proprio quella di De Pedis. Non un esempio di grande conquista per l’umanità, insomma.

 



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MOVIMENTIAMOCI LA GIORNATA – Per fortuna una puntata della saga di Emanuela Orlandi non poteva, assolutamente, non riservare un finto colpo di scena che poi si rivela una boiata pazzesca, come nella tradizione della storia. Sono stati infatti rinvenuti altri resti ossei, oltre a quelli di Enrico De Pedis, all’interno del sepolcro nella Basilica di Sant’Apollinare a Roma dove è custodito il corpo del boss della Banda della Magliana. La scoperta è avvenuta durante le operazioni di smuramento per estrarre la salma, operazione richiesta dagli inquirenti che vogliono far luce sul giallo della scomparsadi Emanuela Orlandi, la ragazza all’epoca 15enne sparita nell’estate del 1983.

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E DIAMO L’ANNUNCIO – L’annuncio è stato dato in pompa magna dalle agenzie di stampa nel primo pomeriggio, ma in modo diverso: si faceva capire che queste ossa fossero state ritrovate chissà dove, dentro. Poi però la festa dell’occulto è finita:

Nella tomba di Enrico De Pedis gli unici resti rinvenuti appartengono al boss della Banda della Magliana. Nella bara non e’ stato trovato altro e le altre ossa sono state rinvenute in un ambiente vicino alla cripta del De Pedis, non dentro la sua tomba. Si tratta di alcune cassette – circa duecento – con i resti di un cimitero di epoca prenapoleonica. Resti che saranno ora sottoposti ad accertamenti tecnici. Queste ossa potrebbero risalire alla meta’ dell’800, ma le analisi saranno effettuate per verificare che non ci siano altri resti non compatibili con questa datazione.
Stando a quanto si e’ appreso, dunque, nella bara del boss della Banda della Magliana (aperta per tentare di far luce sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, la ragazza scomparsa a quindici anni, il 22 giugno del 1983) e’ stato rinvenuto solo il cadavere dell’uomo ucciso in un regolamento di conti il 2 febbraio 1990 a Campo de’ Fiori, non altre ossa o resti.
Lunghe le operazioni della polizia scientifica che da questa mattina e’ impegnata nell’operazione che ha portato all’accertamento dell’identita’ dei resti tumulati nella bara. L’esame delle impronte digitali ha confermato che il corpo e’ quello di De Pedis. Per ora non si prevedono tempi brevi per completare le indagini in corso nella basilica di Sant’Apollinare. (ASCA)

Per essere chiari, insomma, un ambiente vicino alla cripta non è di certo una bara, nella chiesa c’era una specie di ossario, quelle ossa potrebbero appartenere a gente morta tre o quattrocento anni fa.

 

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LA MAPPA DELLA TOMBA DI DE PEDIS – Alla tomba, descrive minuziosamente l’Ansa, si accede attraverso un cunicolo che conduce a due porte, una a destra e una a sinistra. Quella di destra introduce nell’ambiente in cui era collocata la tomba di De Pedis. Qui, poggiato sopra il pavimento in palladiana, c’era il loculo in marmo che conteneva i resti di “Renatino”, sistemati in tre bare, una dentro l’altra: quella più esterna di zinco, dentro la quale ce n’era una di rame e poi una di legno. Sopra la lapide in marmo, la scritta “Enrico De Pedis” in lettere dorate. Sulla parete sovrastante il loculo, c’è appesa una ceramica che raffigura una Madonna con Bambino e due angioletti, mentre sulla lastra che copre il loculo è poggiata una foto di De Pedis in giacca scura e camicia rosa, posta in una cornice con un fregio in argento. La porta di sinistra introduce, invece, nell’ossario, in cui sono sistemati i resti di molte persone vissute nei secoli scorsi. L’ossario è stato risistemato e bonificato nel 2005, per riparare ai danni del tempo e dell’umidità. E in quell’occasione i resti ossei sono stati tutti collocati in cassette zincate. La presenza di un ossario in quest’area della chiesa è legata al fatto che un tempo nella zona attigua all’edificio sacro c’era il collegio germanico-ungarico. Molti seminaristi, studenti o sacerdoti che studiavano nel collegio, ma anche esponenti di famiglie facoltose che pagavano per questo, vennero sepolti nella chiesa. Quando intervennero le leggi napoleoniche, che ai primi dell’Ottocento vietarono le sepolture nelle chiese, i resti furono trasferiti nella cripta. Quest’ambiente e’ preceduto da un’area adibita a magazzino dopo la quale c’era un muro tirato di recente, una volta terminati i lavori di bonifica. Dietro quel muro, il vano con le cassette contenenti le ossa. Per questo, oggi, durante l’ispezione, per accedere a questa zona è stato necessario abbattere questo muro.

 

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LA LEGGENDA METROPOLITANA – C’è anche da dire altro. A voler dar credito alla leggenda metropolitana, nella bara si sarebbero dovuti trovare i resti di Emanuela Orlandi. Anzi: la procura di Roma ha diramato un comunicato per dire che in effetti proprio quelle stava cercando, in realtà. Se anche per ipotesi fossero state trovate, questo non porterebbe certo ad accusare De Pedis di qualcosa: è evidente che egli era già morto quando le ossa sono arrivate lì (o, per assurdo, è più probabile che ci fossero già prima: la scuola di musica era frequentata proprio dalla ragazzina vaticana), e quindi di prove concrete di un qualsiasi coinvolgimento di Renatino nella scomparsa di Emanuela continuano a non esserci.

A PARTE LA MINARDI – A parte le parole di Sabrina Minardi. Dice infatti Raffaella Notariale di “Chi l’ha visto?”:

‘Sabrina Minardi era stata seguita e pedinata dagli investigatori che, nel 1984, volevano arrestare De Pedis che era latitante da tempo. E’ per questo che ho pensato di rintracciarla, era stata la sua amante per diverso tempo, non poteva che sapere diverse cose”, ha aggiunto la Notariale che nel 2006 rintraccia e intervista l’ex moglie del calciatore Bruno Giordano che poi fu amante di De Pedis. ‘La Minardi, pur nella sua precaria condizione di salute, venne poi avvicinata dai magistrati della Procura di Roma che si stavano occupando della scomparsa di Emanuela Orlandi e le sue dichiarazioni diedero nuovo impulso alle indagini permettendo ai magistrati di iscrivere diverse persone nel registro degli indagati. Evento storico, mai avvenuto nelle precedenti inchieste sull’affaire Orlandi”.

E infatti:

“Il timore, adesso, – riprende Raffaella Notariale – è che si possano fermare le indagini che hanno riscontrato nessi tra le malefatte della Banda della Magliana e la sparizione di Emanuela. Quella sepoltura resta scomoda e per raggiungere l’obiettivo della tacitazione, c’è chi potrebbe avere urgente bisogno di un capro espiatorio: Sabrina Minardi, chi meglio di lei? E’ talmente malmessa… Si ha ovviamente la necessità impellente di sminuire la teste dalla quale è partito tutto. E’ il solito meccanismo, ma con un po’ di esperienza di retroscena, si sa che questa è la regola. Mi pare che qualcuno abbia già cominciato”.

In effetti, ce ne sono di cose che non quadrano.

 

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GRIDARE AL LUPO – Una tra queste è sentir parlare di generici poteri forti e forze occulte anche da un onorevole come Walter Veltroni. Invece di lasciar parlare i fatti. Che dicono che quelle ossa, fino a prova contraria, non c’entrano con Emanuela Orlandi. Oppure di ascoltare gli esperti. Che dicono anche altro, come ha fatto il direttore dell’Istituto di Medicina legale dell’Universita’ di Tor Vergata, Gianni Arcudi all’Ansa:

Ad ogni modo, ha precisato Arcudi riferendosi ai resti ossei rinvenuti nelle cassette ed all’ipotesi ventilata da alcuni che una parte di questi possa essere ricondotta a Emanuela Orlandi, ‘e’ difficile che i resti di un essere umano possano ridursi a scheletro in un arco di tempo di trenta anni, considerando che la scomparsa della ragazza e’ avvenuta nel 1983′. ‘In generale – spiega l’esperto – se le ossa rinvenute sono in buono stato, attraverso indagini antropologiche e’ abbastanza semplice stabilire, ad esempio, da quanto tempo quei resti umani siano diventati ossa. Cio’ – prosegue – puo’ essere stabilito sulla base del peso delle ossa rinvenute e del loro colore; piu’ le ossa sono datate nel tempo, infatti, piu’ assumono un colore biancastro e non giallognolo, a seguito della rarefazione del calcio’. Se poi si hanno a disposizione reperti di ossa lunghe, come femore o tibia, rileva lo specialista, ‘e’ possibile effettuare il calcolo, sulla base di precise tabelle, della statura del soggetto cui appartenevano tali resti. In presenza del cranio e dei denti, inoltre, si puo’ risalire all’eta’ del soggetto al momento della morte’. Per risalire invece al sesso, spiega Arcudi, ‘un’importanza rilevante hanno le ossa del bacino ed anche la considerazione di alcuni parametri relativi a cranio e mandibola’. Ad un primo screening di questo tipo, afferma Arcudi, ‘ai fini identificativi si puo’ inoltre affiancare l’analisi del dna’.

In presenza, pero’, di frammenti ossei minuti, l’analisi diventa piu’ difficile: ‘La via prima – sottolinea il medico legale – rimane quella del profilo genetico attraverso l’analisi del dna, a patto che ci siano le condizioni e che le ossa siano ancora sottoponibili ad una simile indagine. Questo dipende dal tipo di conservazione e dal tipo di struttura ossea sulla quale va eseguita l’analisi’. Su alcuni resti infatti, come ad esempio i denti o le vertebre, precisa Arcudi, ‘e’ possibile effettuare l’analisi del dna mitocondriale, che si conserva per un periodo molto piu’ lungo’. Indubbiamente piu’ facile, conclude, e’ invece ‘stabilire se si tratti di ossa umane o di resti animali’.


NIENTE COMPLOTTISMO
– Insomma, ai fini dei fatti e ascoltando il parere degli esperti, di discorsi ce ne sono pochi. Sabrina Minardi, nel frattempo indagata dalla procura per aver detto il falso a causa dell’omicidio di un bambino non confessato nelle sue deposizioni ma trovato scritto nel libro della Notariale, non ha detto parole a cui si è trovato riscontro, a parte il covo-cantina ritrovato a Monteverde all’inizio dell’indagine. La Maisto ha seguito, a quanto pare, la pista dei De Tomasi perché ha identificato, con perizia fonica, la possibile somiglianza tra la voce del figlio di Sergione e l’anonimo che ha chiamato “Chi l’ha visto?” dicendo di cercare nella tomba di De Pedis, ormai sette anni fa. Sempre secondo il magistrato, ci sarebbe anche una somiglianza, addirittura più stretta, tra Giuseppe De Tomasi e il “Pierluigi” che chiamò per tranquillizzare i genitori di Emanuela nei primi giorni dopo la sua scomparsa.

MA PERO’ – c’è un piccolo dettaglio che non combacia nella ricostruzione degli inquirenti. Giusto un dettaglio. Sergione, quando venne rapita la Orlandi, era in carcere, arrestato il giorno prima, il 21 giugno 1983 – ordinanza Lupacchini. E De Pedis? Perché De Pedis è sepolto a Sant’Apollinare? Il magistrato Gerunda, tra i primi ad occuparsi del caso Orlandi, racconta che Renatino fosse convinto di essere figlio illegittimo di una nota famiglia romana, la cui cappella oggi si trova proprio a Sant’Apollinare. Per questo ha insistito per farsi seppellire nella chiesa. Altri raccontano di frequentazioni  – provate e persino ammesse dall’interessato – con monsignor Casaroli, all’epoca alta sfera vaticana. Vero, De Pedis conosceva Casaroli. Ma perché l’uomo di Chiesa era solito fare ore di volontariato in una casa di correzione che aveva visto spesso ospite il giovane Renatino. Un terzo filone vuole la sepoltura come la diretta conseguenza della conversione di De Pedis sotto la guida dei preti della basilica, seguendo i cui insegnamenti Renatino si sarebbe redento. Sia come sia, del coinvolgimento diretto di De Pedis nella storia della Orlandi, dopo anni di indagini, non c’è uno straccio di prova. Il perché della sua sepoltura in chiesa, a prescindere dalle opinioni politiche di chi sente urtata la propria sensibilità da una scelta del genere, è un affare privato tra il possessore dell’immobile e la famiglia del defunto. Cosa c’entri De Pedis con la Orlandi è un mistero che solo Uòlter potrebbe svelarci. Nell’attesa, “pace ai morti”, direbbero in Romanzo Criminale.