La guerra dei kalashnikov che sconvolge la Francia

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Tredici morti in meno di 5 mesi, cadaveri carbonizzati e macabre esecuzioni. A Marsiglia i cani sciolti hanno rimpiazzato i boss del milieu e la guerra per le piazze di spaccio si combatte a colpi di AK 47

Undici agguati e tredici morti dall’inizio del 2012, cadaveri carbonizzati e macabre esecuzioni. Nella città costiera i cani sciolti hanno rimpiazzato i boss del milieu e la guerra per il controllo delle piazze di spaccio si combatte a colpi di kalashnikov



LA SCIA DI SANGUE – L’ultima vittima è rimasta senza vita a bordo della sua Citroen C3 davanti al liceo Saint-Exupéry, il corpo crivellato da 10 proiettili calibro 9. Per risalire a quella precedente basta tornare indietro di un giorno, giovedì 10 maggio, quando il cadavere di Alioune Diagne è rinvenuto a Châteauneuf-les-Martigues, sempre a bordo di una vettura. Anche qui una decina di proiettili, ma di kalashnikov. Quella che si dipana da Marsiglia è una lunga scia di sangue, risultato di una guerra per il territorio e per il controllo del mercato della droga in corso da molti anni e che sembra aver abbandonato ogni regola. Nel linguaggio della polizia ed in quello dei giornali si fa riferimento sempre allo stesso termine, regolamento di conti. Ma a parlare sono innanzitutto i numeri, con 13 morti dall’inizio dell’anno. Nel corso di tutto il 2011 erano stati 16.

 CARBONIZZATO – Riavvolgendo ancora di una settimana il nastro di questa storia di violenza si arriva ad un altro macabro rinvenimento. Lunedì 30 aprile nei pressi della stazione balneare di Carry-le-Rouet, ad una trentina di km ad ovest di Marsiglia, il cadavere di un uomo di una trentina d’anni viene ritrovato carbonizzato. A segnalarlo alle autorità è una persona che passeggia in cerca di asparagi. L’autopsia rivela la presenza di una pallottola all’interno del cranio, segno inequivocabile di un’esecuzione. La pista del regolamento di conti resta quella privilegiata, anche se le autorità non escludono che qualcuno abbia voluto approfittare della lunga serie di omicidi per trasportare la vittima nei pressi di Marsiglia  e confondere le acque. Appena due giorni dopo un altro cadavere, ancora a bordo della propria auto e ancora abbattuto a colpi di AK 47, questa volta nella cité di Micoccouliers. Gli assassini in questo caso non si sono nemmeno preoccupati di usare il fuoco per complicare il lavoro degli inquirenti, è bastato mirare al volto con il kalachnikov.



MORTI DI NATALE – Il 2011 a Marsiglia si è concluso nello stesso modo con il quale è cominciato il 2012, a colpi di AK. All’alba di giovedì 22 dicembre in una dei quartieri nord della città viene ucciso un 17enne, colpito da una raffica di kalashnikov sotto alle finestre di casa sua. Il ragazzo, che aveva con sé una pistola automatica, viene identificato dalla polizia come una “vedetta” di una delle bande di trafficanti che operano nei quartieri degradati della città portuale. Pochi giorni dopo l’ennesima macabra scoperta, questa volta però i morti sono tre, ritrovati dentro un’Audi A3 crivellata di colpi di grosso calibro e poi data alle fiamme.



 

MONSIEUR KALASHNIKOV – “Ci sono più kalashnikov a Marsiglia che a Kabul”. A parlare così nell’agosto 2011 era un rappresentante del sindacato di polizia Alliance. Quello del fucile mitragliatore russo è un marchio di fabbrica della mattanza marsigliese. Gli esperti parlano dell’AK 47 come di un’arma espressamente ricercata dai criminali, grazie alla potenza di fuoco che diventa automaticamente garanzia di efficacia soprattutto dal punto di vista simbolico. In ogni caso negli ultimi anni a Marsiglia gli agguati a colpi di kalashnikov si sono moltiplicati, e secondo alcuni c’è una data precisa a cui far risalire l’entrata in gioco della terribile arma. E’ con il 2006 che pistole e fucili da caccia cominciano ad essere sostituiti dagli AK, e una parziale spiegazione – secondo Philippe Pujol, giornalista del quotidiano La Marseillese –  sta nella scoperta di un grosso traffico di armi sventato nel gennaio del 2007. A Tolone vengono rinvenute 194 armi da guerra, tra cui 54 kalashnikov. Sempre nello stesso anno a Marsiglia in diversi nascondigli sono ritrovati altri arsenali e molti AK. Dalle indagini salta fuori che dietro il traffico c’è Zvonko Lukic, braccio destro di Ratko Mladic, meglio conosciuto come il boia di Srebrenica e responsabile del massacro costato la vita ad oltre 8.000 persone nel luglio 1995. I fucili d’assalto marsigliesi sarebbero quindi già sporchi di un sangue vecchio di oltre dieci anni.

IL MILIEU – In una città come Marsiglia gli AK 47 di Lukic non ci hanno messo molto a diventare le armi preferite della criminalità organizzata. La storia della capitale della Bouches-du-Rhone è anche la storia del milieu. L’affermazione di un tipo di malavita più strutturata risale al periodo fra le due guerre, quando a Marsiglia regnano sovrani Paul Carbone e François Spirito. I due mettono in piedi la celebre French Connection, rifornendo di eroina proveniente dall’Indocina gli Stati Uniti. Il loro potere risiede principalmente nella rete di relazioni che riescono a stringere con l’ambiente della collaborazione durante l’occupazione nazista, ma la fortuna dei due Al Capone francesi finisce con la guerra. Il loro posto viene presto occupato dai fratelli Guérini, Barthélemy  detto “il tenero” e Antoine detto “il duro”. Anche loro continuano sulla strada segnata da Carbone e Spirito e fanno affari esportando eroina verso gli Stati Uniti, affermandosi come uno tra i principali gruppi criminali in Europa. Alla fine degli anni ‘60 i Guérini lasciano il posto al dominio di Gaetano Zampa. I metodi del boss di origini napletane si distaccano presto da quelli che avevano caratterizzato la mala marsigliese fino a quel momento, e Zampa viene accusato di esercitare una violenza che non rispetta il vecchio “codice morale”. Dopo un decennio di transizione a cavallo tra anni ’70 e anni ’80, fino all’inizio del nuovo secolo il milieu marsigliese ha un solo padrone, Francis Vanveberghe detto “il Belga”, assassinato a Parigi nel 2000.

CANI SCIOLTI – Il vuoto di potere lasciato dal Belga coincide con l’inizio di un periodo di violenza diffusa, anni di lotte per la conquista del territorio e di morti rimasti sull’asfalto. Secondo gli osservatori più attenti lo sviluppo delle tecnologie di comunicazione e la frammentazione del panorama criminale sono all’origine della preoccupante deriva violenta del milieu marsigliese. Neobanditismo, balcanizzazione della criminalità, dietro questi nomi si intravede un panorama fatto di giovani abitanti delle periferie smaniosi di farsi spazio. La posta in gioco è il controllo del mercato della droga. Tonnellate di cocaina e hashish che fanno di Marsiglia la principale piazza di spaccio in Francia e tra le prime in Europa. E poi le slot machines, che non a caso in francese si chiamano “macchine da soldi”. “Sono giovani che agiscono in maniera molto spontanea – ha scritto Yves Bordenave su le Monde – sia per mantenere il loro tenore di vita che per organizzare direttamente i loro traffici con il Marocco attraverso la Spagna del sud. Sono dispersi in una molteplicità di gruppi difficili da censire ed in piccole bande. E non chiedono l’autorizzazione a nessuno”. Più giovani dei protagonisti del milieu di qualche anno fa, meno strutturati e divisi in fazioni rivali ma estremamente più violenti. Oggi nelle cités si uccide anche per un semplice sgarro.

PERIFERIE ULTRA-VIOLENTE – La violenza dei nuovi criminali trova terreno fertile nella miseria e  nel disagio sociale pesantissimo che caratterizza le cités, i grandi quartieri periferici di Marsiglia. Decine di migliaia di persone, per la stragrande maggioranza di origine extraeuropea e figli dell’immigrazione, che vivono di salario minimo con la disoccupazione al 50%. Una miscela di per sé esplosiva, che nel 2005 è scoppiata con gli scontri e i falò di auto. Una società che trae una buona percentuale del suo sostentamento da quell’economia sommersa che Thierry Colombiè – autore di “La French Connection, les entreprises criminelles en France e intervistato da Le Journal de Dimanche – chiama “economia sotterranea della povertà”. Terreno fertile appunto per la nascita e lo sviluppo del mito del bandito che ce la fa, come lo Scarface di Al Pacino. Le cités più violente sono quelle della zona nord, dove la polizia entra solo in massa e solo in caso di forza maggiore. Il traffico di stupefacenti è organizzato, ci sono le vedette a bordo degli scooter che suonano i clacson al primo movimento sospetto,  i venditori ed i responsabili dei “plan stups”, i punti vendita. E dalla città i marsigliesi vengono a fare la spesa.

IL SILENZIO DELLE ISTITUZIONI – Sabato 10 maggio circa 200 persone hanno preso parte a Marsiglia ad una “marcia bianca” nei quartieri nord della città per “dire no all’ultra-violenza”. Gli amici di Oualid Jehimi, l’uomo di 34 anni ucciso il 16 marzo scorso – strangolato e poi fatto ritrovare carbonizzato in una macchina – indossavano delle t-shirt con scritto: “Per sempre nei nostri cuori”, “che giustizia sia fatta”. Alla manifestazione erano presenti anche diversi esponenti del Partito Socialista, che hanno promesso di fare pressione sul prossimo governo affinché si occupi in fretta della situazione marsigliese. Il ministro dell’Interno del governo Sarkozy, Claude Guéant, ha visitato l’ultima volta la città nel marzo scorso. Il 5 maggio è intervenuto a RTL per parlare dei risultati positivi della sua lotta contro “la violenza del quotidiano”. Pur ammettendo l’esistenza di una grande criminalità, il ministro ha affermato che la “delinquenza generale” sarebbe in calo del 5% nel 2011 e nei primi mesi del 2012. “Nessuno vi dirà che la situazione del centro città è peggiorata. La situazione è cambiata, ci sentiamo sicuri per quello che riguarda la nostra sicurezza quotidiana” ha detto Guéant, quasi a ribadire che quello delle cités sia un problema che non tocca i marsigliesi. Per il nuovo governo francese adesso quello della lotta alla violenza dilagante nelle periferie di Marsiglia diventa una sfida importante.