La guerra della moglie di un militare
23/11/2011 di Claudia Santini
Il lavoro più difficile del mondo: essere la compagna di un soldato che ha combattuto
Il New York Times racconta la storia di Amalie Flynn, moglie di un militare conosciuto durante una tragedia che poi ha portato alla guerra, eventi visti dagli occhi da compagna di vita.
TORRI GEMELLE E AMORE – Tutto è iniziato nel 2001, quando Amalie si trovava in strada e guardava un aereo che colpiva una delle torri gemelle. La donna guardava i corpi, i corpi di persone che saltavano dalle finestre, li guardava cadere verso il basso. La donna ha iniziato a correre, lontano dalle torri di fuoco e dalla polvere. E nei giorni che seguirono, è scappata anche dalle macerie, lontano da New York, spostandosi in un altro stato dove avrebbe incontrato un militare, l’uomo che sarebbe diventato suo marito. Nel 2004, il marito le ha regalato la classica tazza di caffè all’americana, su cui c’era scritto: “Moglie di un militare della marina, il lavoro più duro in tutta la marina”. Allora rise, pensando a come la situazione non le sembrasse difficile e non le pesasse. Allora vivevano nelle case del New Hampshire, dove ogni abitazione è la copia esatta di tutte le altre e le strade hanno nomi di fiori e piante. Allora il marito di Amalie reclutava medici e infermieri civili per la Navy Reserve. Nei giorni in cui andava a lavorare, guidava fino a Boston e si sedeva in un ufficio, oppure camminava per corridoi degli ospedali. Non c’era nessuna base militare in vista, nessun uomo in divisa e nessuna altra moglie di militari. Una vita momentaneamente idilliaca.
L’AFGHANISTAN – Solo tre anni più tardi, il marito di Amalie è stato inviato in Afghanistan con l’Esercito, come parte di un gruppo di Embedded Training, lasciando moglie e figlio di due anni per quindici mesi. Poi è tornato a casa e la ricostruzione di un rapporto, una ricerca dei vecchi legami, ha richiesto tempo e lavoro. In quel momento la protagonista è diventata la moglie di un militare che inizia a capire cosa sia un mortaio, come si spari ad un obiettivo, come venga creata una bomba artigianale. Ha preso coscienza del fatto che il marito abbia guidato un pickup Ford non blindato su e giù per la Death Highway di Kabul, ogni giorno per 12 mesi. Ha capito che il marito ha dovuto utilizzare dei giubbotti antiproiettile in eccedenza infilati nelle portiere dell’auto. Ricorda quanto gli è mancato e quando, a volte, non gli sia mancato. È venuta a conoscenza dei premi economici per i rischi corsi dal marito, dai soldi extra nel caso in cui fosse stato ucciso. Ha iniziato a pensare alla morte, al momento in cui si muore, alla fatica sopportata dal marito, alla paura. Ha imparato a conoscere anche il non-ritorno del marito, quando rientrava a casa fisicamente, ma non psicologicamente. Il suo corpo è a casa, la sua testa è ancora in Afghanistan.
ANDARE AVANTI DOPO LA GUERRA – Un conflitto simile lascia i segni. Amalie e il marito hanno scavato trincee, in casa e a letto, hanno dovuto imparare a riconnettersi tra loro nuovamente. Durante questo processo di ricongiunzione col proprio marito, la Flynn ha aperto un blog chiamato “Wife and War“. Vi scrive poemi sulla vita da moglie di un militare, su ciò che la guerra può fare ad un matrimonio, su come le esplosioni e i combattimenti riprendano vita nelle stanze di casa ogni volta che il marito torna, diviso tra ciò che ha vissuto in guerra e la realtà della famiglia. I due non vogliono separarsi, vogliono vincere sulla guerra, ritrovare la felicità persa. In fondo anche questa è una piccola grande battaglia da combattere, ogni giorno.