La mappa mondiale degli stipendi

Volete guadagnare di più? Fate le valigie e andate a Est. Dai paesi dell’Europa orientale fino alle tigri asiatiche, ogni posto è buono per ottenere pingui guadagni a fine mese. Lo dice il rapporto Global Wage Report 2012/13, pubblicato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro che ha presentato a Ginevra il suo report annuale sulla crescita degli stipendi nei vari paesi del mondo. O forse sarebbe meglio dire “non crescita”, visto che i livelli raggiunti sono ancora ben lontani dai numeri a cui eravamo abituati prima dello scoppio della crisi economica.

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CRESCITA DELL’ASIA – Secondo i dati diffusi dall’OIL, nei paesi del primo mondo i salari si sarebbero ristretti dello 0,5%, mentre nelle economie emergenti dell’Asia centrale e dell’Europa centrale sarebbero aumentati fino a segnare un +5,2%. Anche in Africa i salari sono cresciuti, seppur in misura minore, aumentando del 2,1% rispetto all’anno precedente. Cresce anche l’America Latina e i Caraibi, con un +2,2%. Cala il Medio Oriente, seppur in modo non significativo. “A livello mondiale – si legge nel rapporto – i salari sono cresciuti a un ritmo più fiacco rispetto a prima della crisi, e tendono a calare nei paesi più ricchi”.

ILO Global Wage Database

MENO DI DUE DOLLARI AL GIORNO – In quindici paesi del primo mondo, il lavoro retribuito è passato dal rappresentare il 75% del reddito nazionale fino al 65% degli ultimi anni. L’OIL ha ribadito l’importanza di fissare dei salari minimi, misura considerata indispensabile per porre un freno alla povertà. “I salari minimi contribuiscono a proteggere i salari più poveri e prevenire la perdita del loro potere di acquisto – ha dichiarato Guy Ryder, direttore generale dell’OIL – sono centinaia di milioni le persone dei paesi in via di sviluppo che guadagnano meno di due dollari al giorno”. Negli Stati Uniti i cosiddetti “lavoratori poveri” rappresenterebbero l’8% dei totale, percentuale che in Europa sarebbe pari al 7%. Nelle Filippine, un operaio dell’industria manifatturiera percepisce un salario di 1.40 dollari all’ora: in Brasile 5.50 dollari, 13 in Grecia, 23.30 negli Stati Uniti fino ad arrivare ai 35 dollari all’ora in Danimarca.

UN TREND DA CAPOVOLGERE – Il report sottolinea anche come i salari siano cresciuti a un ritmo più lento rispetto a quello seguito dalla produttività: questo significa che i lavoratori beneficiano sempre di meno dei frutti del proprio lavoro, mentre chi possiede i capitali e gli stabilimenti si arricchisce sempre di più. “Laddove esiste questo trend deve essere ribaltato – ha dichiarato Ryder – Da un punto di vista sociale e politico significa che i lavoratori e le loro famiglie non stanno ricevendo tutto ciò che gli è dovuto”.
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