Sono già 80 le persone che negli Stati Uniti sono dovute ricorrere ad un ricovero in ospedale dopo aver ingerito dei biscotti. Una di loro, Linda Rivera, è in serio pericolo di vita
LA CAUSA SCONOSCIUTA – Ad oggi, due sono le conclusioni a cui sono giunti i medici. L’infezione è causata in tutti i casi dal batterio Escherichia Coli (più specificamente, E. coli O157:H7, il ceppo più virulento): il quale di solito non provoca altro che gastroenteriti, più o meno forti ma pur tuttavia prive di effetti letali. Nel caso della signora Rivera, si è ingenerata una complicazione: la vittima ha contratto la sindrome emolitico-uremica, questa sì assai pericolosa, ma in genere soltanto per bambini e anziani. La Nestlè e la Food and Drug Administration (Agenzia americana per gli alimenti e i medicinali, nota come FDA) si sono immediatamente attivate per ricercare la causa delle infezioni all’interno della catena di produzione dei dolciumi. Ad oggi non è stato possibile rinvenire la fonte della contaminazione, seppure le analisi dei campioni avrebbero dimostrato la presenza del batterio nei biscotti.
LA LOTTA PER LA SALUTE DEGLI AMERICANI – Nei giorni della grande battaglia di Obama per la sanità pubblica, si tratta dell’ennesima conferma del pessimo stato di protezione di cui godono i cittadini americani, troppo spesso ritenuti meno importanti del mercato economico. A questo proposito, colpisce una dichiarazione del marito della signora Rivera, secondo cui “guardi una pubblicità, vai in un supermercato e semplicemente dai per scontato che sia buono da mangiare. (…) Io suppongo che se è sullo scaffale, è sicuro”. Niente di strano, se non fosse per due elementi, evidentemente misconosciuti ai signori Rivera (e chissà a quanti altri americani). In primo luogo, la stessa FDA sconsiglia vivamente di ingerire qualsiasi prodotto contenga uova crude, per l’alto rischio di contrarre salmonellosi o infezioni. E i cookie dough contengono uova crude. Ciò che però lascia ancor più stupiti è il fatto che ad oggi negli Stati Uniti non esista una legge chiara per quanto riguarda la tutela della salute dei consumatori, se è vero che in casi come questo spetta alla ditta produttrice scegliere se
BUFERA SULLA NESTLE’? – Dal canto suo, la Nestlè si trova per l’ennesima volta sotto accusa. E’ ancora fresco il ricordo dello scandalo del latte in polvere cinese, che sul momento aveva coinvolto un colosso alimentare neozelandese, la Fonterra, ma che nei giorni immediatamente successivi aveva investito la multinazionale svizzera, il cui latte in polvere era stato ritirato a Hong Kong dopo che le autorità vi avevano rinvenuto tracce di melammina (sebbene in quantitativi minimi). Ancora nello scorso marzo, un giudice di pace di Gela aveva ritenuto responsabili in solido la Nestlè e la Tetrapack per un caso di contaminazione di latte per bambini. Casi diversi tra loro, che pure potremmo considerare come eventi imprevedibili e che (forse troppo cinicamente) possano essere messi in conto quando si parla della più grande azienda alimentare al mondo. Conclusione che probabilmente nessuno si sentirà di sottoscrivere, dal momento che si tratta della salute nostra e dei bambini; ma soprattutto perché, come dice il signor Rivera, se un prodotto è su uno scaffale, dobbiamo poter supporre che sia sicuro. Altrimenti viene meno la componente fiduciaria, essenziale in un mondo basato sui consumi di massa. Con buona pace della qualità dei prodotti.