L’abusivismo edilizio in Italia

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Nel solo 2013 sono stati costruiti 26.000 nuovi immobili abusivi a dimostrazione di come questa realtà sia viva e vitale. E mentre la politica discute della possibilità di nuovi condoni chi costruisce ha quasi la certezza di farla franca visto che nell'anno passato secondo Legambiente sono stati abbattuti solo 12 immobili

L’edilizia abusiva in Italia non conosce crisi. Se da un lato i costruttori regolari auspicano una ripartenza che possa consentire al mercato di rivitalizzarsi, dall’altro la realizzazione di cubature abusive continua a crescere indisturbata, grazie alla mancanza di controlli ed a una certa connivenza con il territorio. E con la garanzia che nessuno o quasi toccherà tali immobili, visto che gli abbattimenti censiti da Legambiente nel 2013 sono stati 12.



26.000 NUOVI ABUSI NEL 2013 – Secondo il rapporto stilato da Legambiente dal titolo «l’Italia frana, il Parlamento condona», nel 2013 sono stati calcolati 26mila nuovi abusi, tra case realizzate dal nulla ed ampliamenti di volumetria. Quindi vuol dire che nell’anno trascorso il 13 per cento delle nuove costruzioni è risultato abusivo. E dal 2003, anno dell’ultimo condono edilizio al 2011, sono state censite 258 mila case abusive, per un giro d’affari di 18,3 miliardi di euro. La prima regione dal punto di vista numerico è la Sicilia che nel solo 2013 nelle aree demaniali marittime ha registrato 476 illeciti con il sequestro di 286 strutture e la denuncia di 725 persone.



IL CASO CAMPANIA – Al secondo posto c’è la Campania mentre al terzo c’è la Sardegna, che risulta essere la prima Regione d’Italia per quanto riguarda i denunciati, 988. Il successo dell’abusivismo va cercato nel risparmio dato dal prezzo ridotto della filiera. Una casa non a norma può costare la metà per via dell’acquisto dei materiali in nero, così come accade con la manodopera, con cantieri in cui non si spende un euro per la sicurezza. Il cemento è illegale ed in molti casi attraverso questo sistema si alimenta l’azione della malavita. Un dato riscontrabile nelle motivzioni legate allo scioglimento dei comuni in Campania. Dal 1991 ad oggi, l’81 per cento dei consigli comunali sciolti vede tra le motivazioni un diffuso abusivismo edilizio, speculazione immobiliare e pratiche di demolizione inevase.



 

IL RECORD DI NAPOLI – Ed attualmente, l’immobile abusivo difficilmente verrà abbattuto. Il rapporto tra ordinanze e demolizioni, anche quando si ha a che fare con sentenze definitive, è di uno a 10. Ciò significa che su 10 abitazioni abusive, solo una verrà buttata giù. La città con il maggior numero di ordinanze di demolizione emesse è Napoli, dove hanno raggiunto quota 16.837. Di questi sono arrivati a compimento, però, solo 710 casi, per una percentuale complessiva del quattro per cento. A Reggio Calabria e Palermo, su rispettivamente 2.989 e 1.943 ordinanze, non è stato compiuto alcun abbattimento. Dall’altro lato è opportuno rimarcare i risultati di Prato e Genova, dove dal 2000 al 2011 sono state abbattute rispettivamente 957 e 498.

IL CENSIMENTO DELLE CASE FANTASMA – Un altro fattore legato all’abusivismo edilizio è quello delle cosiddette «case fantasma», ovvero quelle che nonostante l’abuso vengono usate in quanto i proprietari presentano la richiesta di condono. Per questo vengono classificate come sanabili. In questo modo vengono rese a tutti gli effetti vendibili anche case che, teoricamente, potrebbero o dovrebbero essere abbattute. Nel 2010 il governo Berlusconi inserì nella Finanziaria Bis una norma sull’emersione degli immobili sconosciuti al catasto con l’Agenzia del territorio che venne incaricata di censire il patrimonio edilizio fantasma. Sul 1.200.000 case trovate, il governo Monti fece sapere che per le casse pubbliche questo avrebbe portato ad un guadagno di 500 milioni di euro.

LE PRATICHE INEVASE – Solo che parliamo di case che di fatto non pagano le tasse e che, anziché essere abbattute, ricevono delle cartelle esattoriali per il pagamento delle pendenze in arretrato mentre i Comuni, incaricati di verificare gli abusi nel loro territorio, non hanno ancora iniziato la verifica. In sostanza la voglia di denunciare il sommerso si è trasformata in un tentativo, riuscito, di organizzare una specie di condono fiscale con sconti sugli arretrati ed un taglio del 3o per cento sulla spesa complessiva nei confronti di coloro che si sono autodenunciati. E chiaramente chi ha pagato le cartelle ha protetto la casa che non potrà né essere confiscata né essere demolita. Poi c’è anche la questione delle domande di sanatoria inevase. Dal 1983 ad oggi sono state depositate 2.040.544 pratiche. Ma il 41,3 per cento di queste risulta ancora inevaso.

VOGLIA DI SANATORIA – Torniamo in Campania. In Regione ci sono 175 mila immobili abusivi, record nazionale, mentre nel 2012 sono state registrate dalle Forze dell’Ordine 875 infrazioni, il 13,9 per cento del totale nazionale. Napoli è in testa alla classifica nazionale per città con 305 infrazioni accertate, seguita da Salerno con 267. Una nota a parte la merita poi Ischia, dotata da sola di oltre 600 immobili colti da un ordine di demolizione. Ma appare evidente che in tutti questi casi s aspetta una decisione politica compiacente che porti alla soluzione, o meglio alla sanatoria, di un abuso grave che dimostra il poco rispetto che c’è da parte degli attori in gioco dei terreni e delle aree che vengono edificate senza alcun controllo. 

IL FRAINTENDIMENTO SUL CONDONO DEL 2003 – Teleischia ci parla della riapertura dei termini del condono edilizio prevista dalla conversione sul decreto Legge sull’Imu. Carlo Sarro, vice presidente della Commissione Giustizia della Camera, dichiarò all’Ansa che questo sarebbe valso per il condono del 2003 spiegando che si trattava di una notizia attesa da tutti i cittadini della Campania. Sarrò si è trovato però costretto a specificare che la norma è relativa al primo condono edilizio, quello del 1983, visto che si parla della riapertura dei termini e dell’attualizzazione del principio della sanabilità degli abusi, anche in zone sottoposte a vincolo paesaggistico e senza nuove limitazioni rispetto a quelle contenute nella legge 47/85 a condizione che tali abusi riguardino enti pubblici.

IL DDL FALANGA – In attesa di capire se ci sarà un pronunciamento della Corte Costituzionale relativo alla liceità di prevedere sanatorie solo per immobili appartenenti ad enti pubblici, appare evidente che nel Paese ed anche in Parlamento vi sia una specie di attesa per far passare l’ennesimo condono edilizio. L’ultimo caso è quello del cosiddetto disegno di legge Falanga, ripreso da Greenstyle e passato al Senato lo scorso 24 febbraio dopo una discussione di 48 ore. Il ddl, presentato dal senatore campano Ciro Falanga, Forza Italia, prevede che mascherato. La legge presentata dal senatore di Forza Italia Falanga prevede che una Procura, nel caso della decisione di un abbattimento di un ecomostro o di un edificio privo delle autorizzazioni di legge, debba dare la precedenza agli abbattimenti degli edifici vuoti o non ancora terminati, a quelli della criminalità organizzata e per ultimo riferirsi a quelli delle famiglie.

UNA QUESTIONE DI PRIORITÀ – I critici già parlano di un condono mascherato. Anche perché il proprietario potrebbe presentare ricorso adducendo eccezioni sulla priorità dell’intervento. Il senatore Falanga dal canto suo ha spiegato che mancano le risorse e che per questo è giusto investire i soldi per colpire la criminalità, per poi prendersela con chi ha violato la legge. Comunque il Ddl Falanga rappresenta il ventiduesimo tentativo legislativo, dal 2010 ad oggi, nato per cercare di bloccare gli abbattimenti o per puntare ad un condono che da un lato agevolerebbe i costruttori e dall’altro mortificherebbe ancora di più il territorio o per i luoghi storici. Si perché a Pompei, come documentato da Legambiente, se da un lato crollano i muri storici, dall’altro nascono costruzioni sempre nuove.

LE CASE ABUSIVE SCOPERTE A POMPEI – Nel gennaio 2013 I Carabinieri hanno scoperto tre villette tirate su senza autorizzazione proprio a ridosso degli scavi. E certo appare incredibile pensare che possano essere tirate su delle villette vicino ad una zona archeologica. E se per assurdo ci si accorgesse di queste quando in realtà sono già finite ed abitate, potenzialmente, almeno secondo il testo del Ddl Falanga, queste non potrebbero essere mai abbattute. Mancano le risorse e bisogna dare precedenza agli abusi non conclusi ed a quelli della criminalità organizzata. E quando non ci pensa la politica nazionale, allora tocca alle Regioni risolvere ogni questione. In Sicilia, come spiega Blogsicilia, la polizia ha sequestrato quattro immobili, di cui tre abusivi, con la denuncia di nove persone.

UN NUOVO CONDONO IN SICILIA? – L’accusa è quella di non aver richiesto la concessione edilizia ed il nulla osta del Genio civile. Una decisione forte che però contrasta con ciò che è stato deciso dalla Regione. Come spiega Repubblica,l’assessorato regionale al Territorio ha pubblicato una circolare che riprende un parere del Consiglio di giustizia amministrativa relativo alle modalità di attuazione del condono edilizio voluto dal governo Berlusconi nel 2003. Allora a Roma si decise che non sarebbero stati sanati gli immobili costruiti in aree a vincolo relativo. Ma i deputati dell’Assemblea regionale hanno recepito solo i termini di presentazione delle domande e non tutta la sanatoria. Ed oggi il Cga ha stabilito che la non sanabilità degli immobili in aree vincolate non è obbligatoria e che per questo tutte le domande non esaminate da comuni e Regione devono essere riammesse e controllate.

6.162 PRATICHE DA STUDIARE NUOVAMENTE – Con il risultato che tutti coloro che costruirono in aree a forte rischio idrogeologico o sotto vincolo di tutela paesaggistica tornano a sperare. Gaetano Gullo, dirigente del dipartimento Urbanstica, Gaetano Gullo, appare pugnace ma allo stesso tempo conscio di quanto potrebbe accadere: «Questo non significa che sono sanate, solo che devono essere esaminate e daremo battaglia tenendo presente che valgono sempre i vincoli di inedificabilità assoluta, ad esempio in riva al mare, ma dovevamo riaprire i faldoni per non essere travolti dai contenziosi». E secondo le valutazioni dell’assessorato al territorio, le pratiche escluse in un primo momento perché riguardanti immobili ricadenti in aree vincolate sono 6.162.

I NUMERI DI MONZA – Nel dettaglio, sono 1.271 in provincia di Agrigento, 1.786 a Catania, 77 a Enna, 290 a Messina, 1.772 a Palermo, 433 a Ragusa, 58 a Siracusa e 475 a Trapani. E non si tratta di un problema del solo sud. A Monza dal 2008 al 2013 sono stati registrati 150 casi di abusivismo edilizio. Di questi, 80 non sono sanati e non c’è una richiesta in loro favore. E cinquanta di questi 80 sorgono su aree agricole. Segno che forse è una cultura del controllo a mancare nel nostro Paese. Se poi la politica cerca in un modo o nell’altro d’incentivare i condoni o di rendere difficili gli abbattimenti, allora ci si rende conto che si tratta di una sfida persa in partenza. A tutto svantaggio dell’Italia intera. (Photocredit Lapresse / Legambiente)