La rivolta dei berretti rossi che spaventa la Francia

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Un pedaggio destinato ai mezzi pesanti sulle strade statali ha scatenato la protesta popolare in Bretagna dove i cittadini hanno scelto di usare come simbolo i berretti usati dai loro avi come simbolo della protesta contro Luigi XIV nel 1675 con slogan simili a quelli dei forconi italiani come opposizione alle tasse, lotta al governo ed ai privilegi della casta

La protesta del movimento dei forconi non rappresenta un unicum nel panorama europeo. Nella vicina Francia il governo di François Hollande deve fare i conti con una protesta regionale partita dalla Bretagna ed esplosa in poco tempo in vari strati sociali del Paese in risposta alla proposta d’introduzione di una nuova tassa ritenuta vessatoria da parte di autotrasportatori e contadini che hanno deciso di manifestare la propria rabbia usando come simbolo un berretto rosso. O, in francese, un Bonnet Rouge.



IL RICHIAMO STORICO – La scelta del berretto rosso non è certamente casuale in quanto richiama il copricapo usato nel 1675 sempre dai bretoni stanchi dell’ennesima tassa sulle carte bollate. E se allora i bretoni decisero di rivoltarsi contro Luigi XIV, oggi l’obiettivo è François Hollande colpevole, come ricorda il Corriere della Sera, di voler introdurre una tassa pensata nel 2007 dal governo Sarkozy, una specie di pedaggio da far pagare a camion e mezzi pesanti ed inquinanti anche sulle strade statali grazie all’aiuto di varchi elettronici studiati da Autostrade per l’Italia, vincitore dell’appalto e realizzati da un’azienda italo-francese con tanto di Telepass. Tali varchi sono stati distrutti già alla fine d’ottobre ma chi sperava che con questo gesto la protesta finisse è rimasto deluso.



LA TASSA DELLO SCANDALO – Il governo ha provato a giustificarsi spiegando che una sospensione della tassa avrebbe portato ad un pagamento immediato di una penale da 800 milioni di euro alla società Ecomouv, nome della Joint Venture tra Autostrade per l’Italia, Sncf ed Sfr e titolare della tecnologia. Il governo ha incolpato gli autori della tassa, il governo Sarkozy, ma la popolazione ha preso di mira l’attuale gestione dell’Eliseo anche perché una nuova tassa in un territorio agricolo devastato dalla perdita di competitività rischia di affossare l’economia di tutta la regione, con gli allevatori bretoni che non riescono più a vendere i propri polli per via della pressione tedesca che impiega lavoratori provenienti dall’est europa mettendo i galletti francesi fuori mercato.



LA MOBILITAZIONE A CARHAIX – Nello specifico, la Bretagna a causa della sua distanza da Parigi e per la sua posizione isolata gode di un trattamento quasi privilegiato, con tutte le superstrade gratuite a parte la Rennes-Parigi, il cui casello d’entrata è comunque ai confini della regione. Parliamo quindi di una regione difficile che, a causa della tassa, si è sentita sopraffatta mentre secondo loro a Parigi regna il malaffare, l’intrallazzo e lo sperpero di soldi che vengono poi chiesti ai lavoratori in difficoltà. Ed è per questo che nel corso degli ultimi due mesi si sono moltiplicati i presidi spontanei di bretoni culminati nella manifestazione dello scorso due dicembre tenutasi a Carhaix e che ha visto la partecipazione di 30.000 persone che, dotati di berretti in testa, hanno manifestato contro il governo Hollande.

L’ACCUSA AL PRESIDENTE HOLLANDE – Secondo Le Monde i manifestanti erano addirittura 40.000 (17.000 per la Prefettura) ed hanno affollato il centro nella zona di Finistère per manifestare contro l’ecotaxe chiedendo lavoro. Il portavoce del movimento, Christian Troadec, ha riconosciuto che la mobilitazione ha avuto un grande successo, specie dopo la manifestazione avvenuta il mese prima a Quimper dove hanno partecipato 30.000 persone. Troadec nell’occasione se la prese anche con Hollande, ritenuto responsabile di non aver detto neanche una parola sulle manifestazioni in Bretagna, invitandolo a venire nella regione per capire se ha voglia di sentire quale sia la situazione attuale. Oltretutto la regione di Finistère ha un ruolo chiave nella protesta, visto che il berretto rosso è apparso proprio qui, nella manifestazione del 26 ottobre a Pont-de-Buis.

Siamo tutti con i bretoni. «Sta borbottando», «vedo che avevi previsto tutto»

UN PAESE IN CRISI – Al di là della protesta nei confronti della tassa dello scandalo, in pochi giorni la mobilitazione dei berretti rossi ha assunto significati diversi e da un certo punto di vista maggiori. Si parla di lavoro, di crisi, di globalizzazione, di concorrenza. In alcuni casi poi sono entrati temi cari alla destra come l’opposizione al matrimonio omosessuale ed alla difesa della famiglia. Sicuramente quanto sta accadendo in Bretagna non fa altro che catalizzare quelle che sono le emergenze economiche e sociali del Paese in un unico movimento il cui obiettivo è quello di far sentire con fermezza la propria voce al presidente Hollande, in decisa crisi di consensi nonostante l’elezione trionfale contro Nicolas Sarkozy.

IL SOSTEGNO DELLA DESTRA – A dimostrazione di come ormai la protesta abbia assunto contorni nazionali, Le Nouvel Observateur ci propone una fotografia con protagonista il vecchio leader del Front National, Jean-Marie Le Pen, bretone, che si è fatto ritrarre con un berretto rosso in risposta alla manifestazione del 26 ottobre in cui 250 camion e 900 persone, tutte con berretto rosso in testa, hanno dato vita alla protesta. E grazie agli organizzatori, inclusi nella sigla «collettivo per il lavoro in Bretagna», il grido dei berretti rossi è arrivato fino agli Champs-Elysees, per l’esattezza l’11 novembre. In quell’occasione 73 facinorosi si resero protagonisti di atti di teppismo, con gli organizzatori che presero subito le distanze rivendicando la natura pacifica della loro protesta. 

100 COMITATI ENTRO LA FINE DELL’ANNO – Ma come detto, la protesta ha raccolto l’appoggio della destra. Le Pen ha rivendicato il suo essere bretone ed il suo diritto alla protesta, il giornale di estrema destra «Minute» ha proposto ai nuovi abbonati un berretto rosso prodotto al 100 per cento in Francia dal valore di 45 euro. La voglia di far sentire la propria voce, poi, come conferma Ouest France, ha fatto si che siano nati in Bretagna, culla della protesta, 45 comitati dei berretti rossi, tutti nei primi otto giorni della protesta, con l’obiettivo di vederne nascere almeno 100 entro la fine dell’anno. Inutile dire che tale mobilitazione ha preoccupato non poco il governo francese che dapprima ha potuto contare sul silenzio dei media tradizionali salvo poi dover affrontare la situazione.

LA SPERANZA DI UN RIDIMENSIONAMENTO – Prima si è deciso di rinviare l’introduzione dell’ecotaxe, prevista per il primo gennaio 2014. Successivamente è stato proposto un patto per l’avvenire da parte del governo che ora, come spiega Le Figaro, teme una nuova deriva di stampo estremista. Il primo ministro Jean-Marc Ayrault si è reso conto che il rinvio dell’imposta non è bastato visto che il berretto rosso è diventato un simbolo di resistenza fiscale, aggravato poi dalla confusione dell’esecutivo sul tema, tra rinvii, contraddizioni, dichiarazioni ed accenni via via meno chiari che a loro volta hanno reso estremamente eterogenea la protesta. Il presidente spera che la rabbia si sgonfi da sola anche per via del fatto che manca una riflessione di stampo politico e che quindi dopo il nervosismo, le persone senza guida potrebbero non sapere più dove andare o a chi rivolgersi.

L’AVVERTIMENTO DEL PARTITO SOCIALISTA – Tuttavia, secondo un consigliere dell’Eliseo, è necessario fare in modo che la protesta non superi il Natale e che non vada ad influenzare l’esito delle elezioni municipali del 2014. Un nucleo interno al Partito Socialista ha fatto però notare che la protesta dei berretti rossi non si limita più ad un fattore fiscale ma ormai ha assunto un contorno diverso, in quanto è composto da persone che temono per il proprio avvenire e che non si può rimanere sordi a lungo specie quando la popolazione chiede riforme politiche ed economiche ad ampio respiro. Segno che neanche il partito al governo sa bene che pesci prendere, dimostrando una totale incapacità di leggere la situazione sperando che la protesta si risolva da sé senza che vi sia un’azione concreta da parte del governo.

In Francia non funziona più niente. Per i ricchi ci sono frodi e magheggi, per i delinquenti impunità totale, per gli sfaticati assistenza sociale a go-go e per coloro che hanno il salario minimo (in francese Smic) solo disprezzo, insulti e tasse

L’ATTACCO ALL’EUROPA – Ed a vedere le foto della protesta diffuse su Facebook, l’atteggiamento attendista del presidente Hollande potrebbe portare ad una radicalizzazione dello scontro. Si perché la protesta in Francia ora riguarda anche i politici inetti, le banche accusate di rubare soldi, l’Europa attaccata in quanto portatrice di crisi e povertà, i fannulloni che godono del sussidio, tutti mantenuti dai lavoratori che pagano le tasse e devono stare muti. Una lettura se vogliamo molto simile a quella dei forconi in Italia che chiedono un cambio della classe dirigente vista come corrotta ed a sua volta inetta, chiedendo la caduta del governo ed una restituzione della sovranità popolare. E non a caso le due letture si avvicinano, tanto che possiamo parlare di comunione d’intenti tra i berretti rossi ed i forconi.

IL CONFRONTO CON I FORCONI – Rue89 ci propone le affinità tra i due movimenti,  spiegando come Torino sia diventato il caposaldo della protesta con gli attacchi ad Equitalia, società vista come il simbolo di una fiscalità violenta ed oppressiva e quindi ideale per sfogare la rabbia dei manifestanti. Ed è Rue 89 a spiegarci che la protesta non è poi così diversa da quella dei berretti rossi. I forconi nacquero in Sicilia nel 2012 in risposta all’aumento delle tasse nella regione che avrebbe cancellato le esportazioni nel Paese. Si sono subito uniti negozianti, autotrasportatori e lavoratori che un anno dopo, a Torino, hanno espresso la loro faccia più violenta mentre a Roma c’è stata una sorta d’unione con Casapound.

Il fascismo dovrebbe essere chiamato corporativismo perché si tratta dell’integrazione dei poteri dello stato e di quelli del mercato

 

GUERRA ALLA CASTA – I forconi, così come i berretti rossi, non vogliono vedere altro che cadere il governo accusato di strangolarli mentre non si preoccupa minimamente di riformare in senso letterale lo Stato. Parliamo di movimenti nati a causa della mancanza di lavoro e per via del sentire comune secondo cui Francia e Italia sono al momento in difficoltà per colpa dell’Europa e dell’austerità, mentre gli appartenenti alla «casta», concetto ripreso anche dai manifestanti bretoni, non vivono le conseguenze della crisi sulla loro pelle. La strategia di entrambi i governi sembra la stessa adottata un anno fa nei confronti dei vari movimenti Occupy, ovvero aspettare che la protesta si sgonfi da sé. Ma la temperatura sociale sta salendo, non solo in Italia. Nel Partito Socialista francese iniziano a balenare le prime preoccupazioni e la stessa cosa avviene in italia, perché appunto la temperatura sta aumentando e l’onda anti-europeista ed anti-austerità sta crescendo sempre più. Sarà opportuno prendere le giuste misure perché la partecipazione sta aumentando a vista d’occhio ed il rischio che la situazione possa sfuggire di mano, sia in Francia sia in Italia, inizia ad essere palpabile. (Photocredit Facebook / Bonnet Rouges / Bonnet Rouges Bretagne)