La storia del boss mafioso sepolto in Chiesa

28/03/2012 di Dario Ferri

Renatino ed Emanuela. Il boss della Magliana e la cittadina vaticana scomparsa nel giugno del 1083. Il mistero avvolto nell’enigma della sepoltura dell’amico der Negro a Sant’Apollinare. E la connessione con il caso della ragazzina figlia di un dipendente di San Pietro che un giorno è uscita da Porta Sant’Anna per non tornare più a casa. Oggi è la volta del ministro dell’interno Annamaria Cancellieri di annunciare che saranno disposti “ulteriori accertamenti” sulla sepoltura di uno dei capi della banda della Magliana nella chiesa di Sant’Apollinare. Autorizzata dal Comune di Roma, a quanto ha fatto sapere sempre il ministro.

IL GIALLO – C’è un nuovo mistero da dipanare. Quello riguardante la extraterritorialità o meno della Basilica di Sant’Apollinare, luogo dove è sepolto Enrico “Renatino” De Pedis, boss della banda della Magliana che nel rapimento avrebbe avuto un ruolo importante. Ieri in commissione antimafia il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, aveva ricordato come la mancata attivazione delle procedure amministrative richieste in un caso di questo tipo potesse essere ricondotto “alla circostanza che il luogo di ultima tumulazione, la Basilica di Sant’Apollinare, gode del regime di extraterritorialità, essendo ubicata nello Stato del Vaticano”. In realtà, è vero che alcune chiese godono del vincolo dell’extraterritorialità, ma quando un paio d’anni fa il caso era stato sollevato non pareva che fosse il caso di Sant’Apollinare. E comunque il Vaticano non si era in alcun modo opposto alla riesumazione della salma, e anche la famiglia di Renatino aveva detto che era la soluzione migliore, anche in vista di uno spostamento della tomba per chiudere le polemiche. Cosa abbia Veltroni da agitarsi tanto è un mistero che soltanto la campagna elettorale permanente di un leader disposto anche a buttarsi dal Colosseo per rimediare un ruolo, ci può svelare.

GENESI DI UNA LEGGENDA – La Orlandi sparisce quasi trent’anni fa. E’ il 22 giugno quando esce, in ritardo,da Porta Sant’Anna per andare alla scuola di musica, che si trova a un chilometro e mezzo in linea d’aria da casa sua, tra piazza delle Cinque Lune e S.Apollinare, a un tiro di schioppo da piazza Navona e dal Senato. Un vigile, Alfredo Sambuco, dice di averla vista proprio in Corso Risorgimento, parlare con un 35enne che scendeva da una Mercedes verde (metallizzato? Scuro? Cromato?), e andava dalla direzione opposta rispetto alla scuola. Dice che erano le 17, poi le 19 alla tv ben dieci anni dopo, e di nuovo le 17 poi. S’è sbagliato, ma è importante che se erano le 17, Emanuela poteva stare arrivando, se erano le 19 poteva star andandosene. Dice sempre Sambuco che il tizio ha una borsetta, e che Emanuela gli chiede dov’era la Sala Borromini, perché lui la conosce visto che una volta l’ha accompagnata alla Tappezzeria del Moro, per far riparare la custodia del flauto. Ma Ettore Orlandi, il padre oggi scomparso, a Pino Nicotri (“Mistero Vaticano“, pag. 23-30) ha detto: “Mio figlio Pietro e i suoi amici andarono a Piazza Madama pochissimi giorni dopo la scomparsa, e parlarono con il vigile Sambuco e il poliziotto Bosco. Parlando, è saltata fuori la storia di una ragazza che somigliava alle foto di Emanuela che Pietro aveva visto parlare con uno sconosciuto vicino a una Bmw. Se Sambuco dice che conosceva Emanuela, o mente o dice una cosa nuova. La faccenda della riparazione del flauto è un’invenzione: ce l’abbiamo portata noi”. Anche Bruno Bosco rende testimonianza, e parla per la prima volta della borsetta Avon contenente cosmetici, che ricalcherebbe la strategia di qualche altro fatto di sangue accaduto a Roma precedentemente (la tattica dell’”abbocco“). Dalla scuola, Emanuela telefona a casa; parla con una delle sorelle, Federica, e le dice che uno le ha promesso 375mila lire per distribuire prodotti delle sorelle Fontana al Salone Borromini, e viene all’uscita per sapere se può andarci. Le dice. Però combacia, se non fosse che questa storia, secondo Ettore, era già arrivata agli orecchi del vigile e del poliziotto tramite Pietro. Quindi non combacia. O meglio, combacia con quello che dice Emanuela. Quello che è accaduto realmente non lo sappiamo. All’uscita di scuola, Raffaella Monzi – un’altra studentessa – secondo la sua testimonianza raggiunge Emanuela, per aspettare con lei “l’uomo della Avon”. Poi se ne va, mentre le si avvicina “un’altra ragazza” – dirà lei – che le sembra un’altra allieva (Laura Casagrande); questa, però, negherà. Da quel momento la cittadina vaticana sparisce.

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