L’auto elettrica a due velocità

Categorie: Economia

Mentre in Italia i numeri relativi alla diffusione delle automobili solo elettriche sono a dir poco sconfortanti, nel resto d'Europa le immatricolazioni, per quanto a rilento, vanno meglio, agevolate anche da politiche specifiche prodotte dai singoli governi che puntano ad una rete capillare di rifornimento

E mentre in Italia ci si chiede se l’automobile elettrica avrà mai un futuro, nel resto d’Europa le vetture spinte da quest’energia sembra che finalmente riescano ad incontrare la tanto agognata primavera.



524 IMMATRICOLAZIONI NEL 2012 – Si, perché le vetture elettriche in Italia non riescono a sfondare a causa della mancanza di applicazione delle normative che teoricamente dovrebbero incoraggiare la mobilità green ma che di fatto restano fini a sé stesse per via di un difetto di comunicazione. Qual Energia ci propone a proposito di questo tema uno studio condotto dal Politecnico di Milano dal titolo “Smart Grid Report” che ci dà la prova di una mancanza di strategia. Nel 2012 sono state immatricolate solo 524 auto elettriche, per un totale rispetto al numero complessivo di automobili vendute in Italia dello 0,037 per cento. Non va meglio per quanto riguarda le colonnine di ricarica. Ne sono state censite 458, di cui la metà concentrata in tre città, Milano, Firenze e Roma.



GLI INCENTIVI FINO AL 2015 – I numeri di per sé sono sconfortanti ma a leggerli meglio si capisce che la situazione è ancora più grave di quanto non si pensi. L’80 per cento di queste vetture è stato immatricolato da flotte di noleggio. Quindi le auto elettriche, ibride ed ibride plug-in comprate da privati sono state solo un centinaio. Nel 2013 le cose sarebbero migliorate grazie all’introduzione di incentivi dedicati, ma dopo i primi tre mesi di quest’anno, le auto immatricolate sono solo 228. A questo punto facciamo una parentesi e capiamo meglio cosa sono gli incentivi per le auto elettriche aiutandoci con Bioecogeo. Tali incentivi, previsti per gli anni 2013, 2014 e 2015 valgono 40 milioni di euro l’uno per un totale di 120 milioni per il triennio.



 

AIUTO INSUFFICIENTE? – Si tratta di incentivi ad esaurimento. Insomma, chi li prende per primo porta a casa il piatto. Il tetto massimo degli incentivi è di 5000 euro o comunque entro un massimo del 20 per cento del costo della vettura, al netto delle imposte, qualora il limite sia inferiore a 5000. Per richiederli è necessario rottamare una vettura che abbia almeno 10 anni e sia stata posseduta almeno per un anno dall’ultimo proprietario. E’ evidente però che la cifra di 5000 euro sia quantomeno ridotta se rapportata ad un auto elettrica. Parliamo di una riduzione del 10/15 per cento rispetto al prezzo di listino. Certo, sempre soldi sono, ma se lo sconto fosse più alto sarebbe meglio.

IL CONFRONTO CON L’EUROPA – Parlavamo in precedenza di numeri. In Francia nel 2012 sono state immatricolate 6.067 auto a batteria. In Norvegia 3.883, in Germania 1294. Parlavamo poi delle 458 colonnine di ricarica. A Milano ce ne sono 48, a Firenze 138, a Roma 66. Se volessimo raggiungere la stessa proporzione tra vetture elettriche circolanti e colonnine di ricarica che c’è in Norvegia (4:1) in Italia entro il 2020 dovremmo avere 100.000 torrette. Un numero monstre probabilmente irraggiungibile a meno di un cambiamento deciso nel parco auto del nostro Paese. In testa alla classifica c’è il Giappone con 14.000 colonne di ricarica, di cui 4 mila disponibili con la modalità di ricarica rapida.

IL SOGNO 2020 – Come ci spiega il Sole 24 Ore, le previsioni più ottimistiche ci parlavano entro il 2020 di una cifra che andava tra i due ed i 3,5 milioni di veicoli elettrici ed immatricolati. Se volessimo arrivare davvero a quel valore, a partire da oggi dovremmo vendere il 50 per cento delle auto elettriche nel segmento A, quello delle piccole, ed il 20 per cento delle utilitarie (segmento B) per un totale di 300 mila unità. In più dovremmo pensare a 70 mila auto immatricolate da flotte aziendali. Tutte le città dovrebbero dotarsi poi di un servizio di car sharing che coinvolga 15 mila veicoli. Difficile, vero? Anche perché in base alle proiezioni ed ai trend di crescita entro il 2020 in Italia potrebbero circolare non più di 350 mila auto elettriche, nella più rosea delle ipotesi.

LE TIPOLOGIE DI PRODOTTO – Non dimentichiamoci poi che nel corso degli anni si sono sviluppati quattro diversi standard di ricarica per automobili elettriche che vanno dalla corrente continua alla corrente alternata. Poi ci sono cinque diverse tipologie di connettori predisposte per l’interfaccia macchina-colonnina. Esistono poi la ricarica ad induzione ed il battery swapping, caratterizzato però dalla prima azienda che aveva prodotto questa soluzione, ovvero Better Place, azienda piegata dalle dimensioni monstre dell’investimento iniziale. E dire che lo Stato aveva provato a dare vita a ricerche sul tema senza in verità aver grande successo.

LA DELIBERA DELL’AEEG – Nel 2010 venne promulgata la delibera AEEG ARG/elt 242/10, dal titolo “Disposizioni speciali per l’erogazione dei servizi di trasmissione, distribuzione e misura e del servizio di dispacciamento ai fini della sperimentazione dei sistemi in bassa tensione di ricarica pubblica dei veicoli elettrici”. In sostanza veniva avviata una selezione di sei progetti da realizzarsi entro il 31 dicembre 2015 e finalizzati ad accompagnare lo sviluppo e la diffusione della mobilità elettrica. Il progetto prevedeva una copertura di 728 euro l’anno per punto di ricarica di veicoli ma dopo due anni ci sono solo cinque progetti e dieci domande. Il report ha puntato il dito contro le amministrazioni comunali, difficilmente coinvolte nei progetti, e dal fallimento delle colonnine pubbliche di ricarica. 

IL PROGETTO DI CONVERSIONE VENETO – Eppure qualcosa riesce a muoversi nell’ambito privato. Green Me ci parla di un kit di conversione per auto elettriche sviluppato da un consorzio di artigiani e comuni veneti, per la precisione Castelfranco Veneto, Conegliano, Follina, Montebelluna, Oderzo, Pieve di Soligo, Treviso, Vittorio Veneto, che ha presentato il progetto “SUMMIT: Sustainable Urban Mobility Management in Treviso Province”. Questo prevede due ambiti distinti: Da un lato ecco un kit di conversione per auto tradizionali, dall’altro una rete di ricarica in provincia di Treviso. Il progetto, appoggiato dalla Cna e dalla Confartigianato locale prevede un investimento di 1,15 milioni di euro. Metà di questa cifra verrà investita dall’Unione Europea tramite il programma “Life +”.

COLONNINE DIFFUSE – Veicolielettricinews aggiunge che le amministrazioni coinvolte acquisteranno otto Volvo V60 ibride plug-in. In ognuno degli otto centri verranno costruiti dei centri per la mobilità sostenibile equipaggiati con stazioni di ricarica pubblica. Ma non solo: in ognuno degli otto centri che riceveranno una delle vetture ibride in uso saranno costituiti dei Centri per la Mobilità Sostenibile attrezzati con stazioni di ricarica pubblica per veicoli elettrici proprio per sensibilizzare anche la cittadinanza sul tema della coscienza ambientale e dei trasporti. Gli artigiani hanno ideato il kit di trasformazione delle auto tradizionali in auto elettriche facendolo testare ad altri artigiani locali con l’aiuto di università della zona. Corriere Innovazione propone anche l’esempio di una 500 riconvertita, con un investimento iniziale da parte degli attori in causa di circa 100 mila euro.

GLI ESPERIMENTI DEL PASSATO – Certo la conversione non rappresenta una novità. La Middle Tennessee State University, come ci spiega Greenstyle, ha messo a punto un apposito kit di conversione capace di far diventare ibrida una qualsiasi vettura con poche migliaia di dollari. L’invenzione riguarda un particolare mozzo ruota, il quale integra al suo interno un motore elettrico alimentato da un pacco batteria agli ioni di litio fosfato sistemato nel bagagliaio. Installando il mozzo sulle ruote non collegate al motore a combustione interna, l’azione della spinta elettrica si somma a quella del propulsore principale, facendo diventare il veicolo una sorta di mezzo a trazione integrale. Ma c’è chi ha fatto anche di più, e per questo torniamo in Italia.

IL TENTATIVO ITALIANO – Qual Energia ci spiega che anche nel nostro Paese è stato inventato un kit di conversione, dal prezzo di 10 mila euro. La ECo (cioè Electric&Hybrid-Drive Company), uno spin-off del Politecnico di Milano, con sede in Val d’Aosta, ha sviluppato due kit. Il primo prevede la rimozione del motore dell’auto e sostituito da un generatore elettrico con piccolo motore a scoppio che alimenta una batteria che, a sua volta, fa muovere un motore elettrico di potenza sufficiente a far andare l’auto in tutte le situazioni. Quindi parliamo di un’auto elettrica con un’autonomia di 50 chilometri e ricaricata continuamente da un generatore a combustibile. Nel secondo caso invece il motore resta, ma viene affiancato da un meno potente propulsore elettrico collegato all’asse anteriore dell’auto.

IL TRASFERIMENTO TEMPORANEO IN GERMANIA – Questo viene alimentato da una batteria, ricaricabile anche esternamente. In modalità solo elettrica la macchina puo’ percorrere 40 chilometri, prima di essere ricaricata. Volendo potrebbe andare con il solo motore a scoppio o con la somma di entrambe le propulsioni, grazie all’elettronica. Le batterie sarebbero state al litio, più economiche delle attuali del 30 per cento, e magari arricchite con bucce di riso, usate come sostituti più sicuri degli anodi di silicio usati nelle batterie. Ma. In Italia la legge impedisce la modifica delle automobili senza il consenso della casa produttrice. Quindi è necessario andare all’estero, in Germania ad esempio, farla registrare in loco, come suggerisce Corriere Innovazione, e poi tornare qua con il libretto di circolazione modificato. Insomma, la soluzione ci sarebbe ma bisognerebbe passare dalle case produttrici.

IL PROGETTO OLANDESE – Ed ora torniamo in Europa per concludere il nostro viaggio, per dimostrare come i governi del Vecchio Continente siano in grado di muoversi più agevolmente tra le novità stradali. Webnews ci racconta che l’esecutivo olandese ha siglato un accordo con l’azienda svizzera Abb e la startup locale Fastned per l’installazione entro il 2015 di torrette di ricarica rapida per auto elettriche in oltre 200 stazioni di rifornimento nel Paese, a condizione che queste siano distanti al massimo 50 chilometri tra di loro da partire da ogni punto all’interno dei confini nazionali. Ogni postazione sarà in grado di ricaricare completamente le batterie di un’automobile in un lasso di tempo compreso fra 15 e 30 minuti.

E NOI? – Per ridurre l’impatto sull’ambiente generato dai veicoli, ogni colonnetta sarà inoltre dotata si un pannello fotovoltaico in grado di generare energia elettrica dal sole. Le prime saranno consegnate già nel settembre 2013. La Abb potrà quindi mettere al servizio de L’Aia l’esperienza maturata in Estonia, dov’è stata incaricata di installare 160 torrette. A dimostrazione di come in Europa si cerchi di favorire la soluzione del problema. Del resto le auto elettriche oggi non sono più quei mezzi pesanti a scarsa autonomia. Prendiamo la Tesla, coupé elettrica con prestazioni di tutto rispetto, a dimostrazione che volendo il problema puo’ essere superato senza grandi esborsi economici. Ma qui davvero viene il dubbio che ci sia qualcuno, specie nel nostro Paese, ancora affezionato alla vecchia auto a benzina. (Photocredit Lapresse / Webnews / Corriere Innovazione)