E’ stato solo per la determinazione di un ex manager dell’ Espanyol se il genio del calcio spagnolo ha potuto avere il suo primo contratto con il Barcellona. El Pais ha svelato chi è quest’uomo testardo che in una relazione scrisse “è un bambino impressionante”.
Jorge Messi si fermò e stanco di girare intorno al Camp Nou durante il mese di ottobre 2000, minacciò di riprendersi il figlio se il Barcellona non gli avesse steso un contratto in quello
UN ACCORDO DA BAR – Il padre di Messi si mostrò soddisfatto di quel tovagliolo, una risorsa straordinaria in un club che già si sapeva essere ben strutturato per aver in conto le basi del calcio. Il problema arrivò dopo il direttivo presieduto da Joan Gaspart nel quale venne fuori di non dare forma e sostanza al contratto, niente di più facile in un Consiglio che aveva sempre gestito situazioni aziendali complesse e accordi sospetti chiusi al grido di “il prezzo lo decido io!” come sostenuto da Jesús Pereda che attribuì questa frase al direttore generale Anton Parera al momento della firma di Geovanni. In pratica, la firma di Messi al Barça può essere relativizzata al punto da diventare un accordo davanti ad un boccale di birra. E’ proprio per questo che rimane ancora soggetta a penali. Marka, che è una impresa di rappresentanza argentina, protestò in tribunale contro quel contratto di carta firmato da Rexach e continua a farlo, anche se due giudici hanno dato ragione alla famiglia Messi negli ultimi anni.
UN BAMBINO IMPRESSIONANTE – Quel contratto per quello che si sa, ha molti padri, ma la verità è che la madre sembra essere una sola: gli sforzi non conosciuti di un ex dipendente dell’ Espanyol durante i tre anni, in cui prestò servizio negli uffici direzionali del Barcellona e
UN INFERNO QUEL CONTRATTO – Quel primo documento elaborato con la consulenza dell’avvocato Leopoldo Hinjos, garantiva sette milioni di pesetas al padre del giocatore per un lavoro all’interno delle giovanili. “Era talmente una novità dal punto di vista contrattuale che garantiva i pagamenti d’immagine se il ragazzo fosse giunto alla prima squadra, clausola motivata in parte per quello che stava accadendo in parallelo con Iniesta, che legalmente era libero giusto quando il Madrid veniva a bussare alla porta“, insiste Lacueva, “quello di Iniesta lo risolse Gaspart personalmente presso l’ufficio. Per quanto riguarda Messi è stato fatto quello che doveva essere fatto”. “Il club non aveva intenzione di spegnere l’ incendio. Così che alla fine quella relazione finì per originare altro fuoco“, afferma Lacueva che non ha voluto fare il nome del manager che diventò furioso quando seppe che era stato negoziato un accordo senza l’approvazione del consiglio di amministrazione e quindi rifiutava di siglare i documenti con le firme degli avvocati e che aveva validità giuridica. Sebbene la formalizzazione del contratto richiedesse la firma di due vice presidenti, alla fine venne accettato che fosse firmato da uno solo e dagli avvocati. “Credi di essere ancora nell’Espanyol?” gli rimproverò un vice presidente. Anche se il problema può sembrare irrilevante nel direttivo montò un inferno impressionante: “Nessuno voleva perdere tempo per quel bambino in quella riunione, piuttosto preferirono insultare Lacueva“, ricorda Parera pur sottolineando gli sforzi compiuti da Rexach, Rifé e Minguella. In tutto questo Gaspart, sperava che Saviola lo tirasse fuori dal fango. Non sapevano che la casa aveva trovato l’oro in un bambino di 12 anni chiamato Messi.