Lo scontro tra Matteo Renzi e Giovanni Floris a Ballarò

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Discussione tra il conduttore e il premier sui tagli per 150 milioni di euro previsti dal governo per la Rai

«Anche la Rai deve partecipare ai sacrifici, tocca anche a voi». Così Matteo Renzi, intervistato da Giovanni Floris a Ballarò, ha replicato al conduttore, che aveva a lungo insistito sul pericolo di indebolimento della televisione pubblica a causa dei 150 milioni di tagli previsti dal governo. Una «discussione accesa» , così come ha spiegato lo stesso premier rivolto al giornalista Maurizio Belpietro, incontrato tra i corridoi del centro produzione Rai di via Teulada.



 



LO SCONTRO TRA RENZI E FLORIS A BALLARÒ – Lo scontro è nato quando Floris ha chiesto perché la Rai debba tagliare 150 milioni e Mediaset no. «La Rai è partecipata dallo Stato. Lo so che fa confusione dopo dieci anni di Berlusconi, ma le comunico che Mediaset appartiene a Berlusconi, la Rai allo Stato italiano», aveva replicato il segretario del Pd. Ma Floris ha insistito: «Non teme di avvantaggiare Mediaset?». Tanto da strappare un applauso. Con sarcasmo, Renzi ha replicato come l’ospite del pubblico che aveva applaudito fosse della Rai. Con tanto di scambio di  battute taglienti.  «Ora quel signore verrà cacciato dal presidente del consiglio», ha aggiunto Floris. Ma Renzi ha allontanato le ombre di berlusconiana memoria e di «editti bulgari».  «No, il presidente del consiglio che cacciava quelli della Rai l’abbiamo già avuto. Adesso c’è un presidente del Consiglio che non ha mai incontrato il presidente della Rai o l’amministratore delegato della Rai». Non senza aggiungere di ritenere la Rai un patrimonio di  «tutti i cittadini»:  «Non appartiene ai partiti. Per questo ho scelto a differenza di miei predecessori di non mettere mai bocca su palinsesti, conduttori, direttori e trasmissioni. Quando stavo dall’altra parte e non ero al governo dicevo che i partiti devono essere fuori dalla Rai. Significa che la Rai deve far funzionare le cose».



Sulle ipotesi dei tagli, il presidente del Consiglio ha precisato dove la televisione pubblica potrà risparmiare: «Si può vendere Raiway: nel 2000 era stato fatto, poi Gasparri bloccò tutto. Ci sono 20 sedi regionali, sicuro che non ci siano anche sprechi clamorosi?». L’esecutivo non sembra aver intenzione di escludere la Rai dalla spending review:  «Abbiamo iniziato a ridurre i costi dei politici, i dirigenti pubblici hanno un tetto agli stipendi. Le sembra normale che la Rai sia l’unica realtà che debba far finta che non sia successo niente? Anche la Rai deve partecipare alle spese. Chiedere alla Rai di dare una mano nel momento in cui ci rimbocchiamo tutti le maniche. Caro Floris, mi dispiace ma tocca anche a voi», ha concluso. Per poi, twittare:

 

DA GRILLO ALLO SCANDALO EXPO – Intanto, dopo gli arresti e l’ombra di una nuova Tangentopoli sul caso Expo, Renzi aveva ieri rilanciato, confermando l’impegno per la sua realizzazione: «Lo Stato è più forte dei ladri», aveva precisato. Replicando a chi, come Beppe Grillo, spingeva per stoppare la rassegna, ribattezzata come uno strumento per «riciclare soldi». Nel corso dell’intervista con Ballarò, Renzi ha invocato sanzioni pesanti: « Sarà bene che chi prende le tangenti inizi a pagare con l’interdizione dai pubblici uffici. Devono pagare per sempre», ha aggiunto il premier. Sul ritorno delle ombre e degli uomini del passato, con personaggi già coinvolti più di venti anni fa in Mani Pulite, ha affermato: «Frigerio e Greganti sono nomi del ’93, dell’era Tangentopoli. Ti cade il mondo addosso quando le stesse persone tornano a fare le stesse cose di prima, ma io vi assicuro che lo Stato non si arrende».  Per poi spiegare di non temere un calo di consensi legato alla vicenda Expo, con un chiaro attacco al capo politico del MoVimento 5 Stelle: «Può darsi che perda un po’ di voti a mettere la faccia sull’Expo. Ma di fronte a una situazione del genere non cerchi di lucrare sul consenso. Non cerchi il consenso dicendo “non se ne fa più niente”, ma provi a dire concretamente di mandare in galera i ladri e dare alle persone perbene il diritto di fare un Expo che dia lavoro, prestigio e anche bellezza», ha aggiunto. Renzi ha cercato poi di allontanare il nome di Primo Greganti da quello del Partito democratico, disconoscendo l’ex funzionario del Pci, già coinvolto in Tangentopoli. «Che Primo Greganti sia della mia area, ci vuole un po’ di fantasia», ha replicato il presidente del Consiglio.  «Abbiamo chiamato il capo della Autorità anti corruzione, Raffaele Cantone, per controllare e vigilare le carte di tutto gli appalti rimasti in essere», ha concluso. Eppure, non sono mancate le perplessità sui reali poteri dello stesso Cantone: «Il commissario anti-corruzione deve avere i poteri per intervenire. Dovrà studiare tutti i contratti? Mi sembra la cosa più semplice e incisiva», ha precisato. Per poi invitare a distinguere le responsabilità di «chi ha rubato su appalti enormi», rispetto a quelle di chi «dice vedrò, farò, chiamerò».

EUROPEE – In vista delle elezioni Europee del prossimo 25 maggio, Renzi ha poi rivendicato l’azione del proprio esecutivo, così come le decisioni prese sulla rassegna, dopo gli arresti:  «L’Italia ha davanti due strade: quella di Berlusconi e Grillo l’abbiamo già vista all’opera. Non so se la mia sia nuova, ma è la strada di chi cerca di dare posti di lavoro e rilanciare l’Expo mentre Grillo vuole fermarlo». Non senza bollare Berlusconi e Grillo come «due facce della stessa medaglia». Con l’accusa di continuare a fare soltanto propaganda:  «Stanno utilizzando i loro evergreen elettorali: per Berlusconi è il diciassettesimo complotto da inizio anno (in merito alla ricostruzione di Timothy Geithner, ex segretario Usa del Tesoro, sulla caduta del governo del Cav nel 2011, ndr), per Grillo è la trentatreesima marcia su Roma in undici mesi», ha commentato con sarcasmo. Di fronte alle critiche dei 5 Stelle, Renzi ha spiegato di avere, come presidente del Consiglio, «il dovere di cercare di dare soluzioni concrete»: «Da questo punto di vista c’è una sfida tra chi scommette su un Paese che salta e chi si rimbocca le maniche», ha detto Renzi.

FORZA ITALIA E RIFORME – Sulle riforme, il leader Pd si è detto convinto che l’accordo con Forza Italia reggerà: «Io credo sia un paese normale quello in cui c’è un ballottaggio e dove vince il migliore. Dopodiché io penso che manterrà la parola». Per poi escludere la possibilità che il leader azzurro intenda preferire andare a votare per le politiche, in caso di un modesto risultato del suo partito alle Europee: «Dite che vorrà andare a votare se va male? Stravagante questa, se a me le elezioni vanno male cerco di non andare a votare. Però può anche darsi, eh! Berlusconi è imprevedibile», ha ironizzato. Renzi ha spiegato infine di non temere il ricorso delle banche contro la tassa sulla rivalutazione delle quote di Banca d’Italia. «Non ce la vediamo in tribunale, perché le banche non faranno ricorso e se lo fanno credo che lo perderanno. Io penso che debbano pagare le banche e che le famiglie debbano riscuotere gli 80 euro», ha continuato, tornando sugli sgravi fiscali. Renzi ha infine rilanciata una promesss sui fondi Ue: «Ci sono 183 miliardi da spendere, perché la classe politica del passato ha pensato solo al consenso immediato e li ha spesi male o non li ha utilizzati». Sulle possibilità di manovra, per Renzi «non è vero che in Italia non ci siano i soldi». Resta prioritario però, secondo il premier, «spenderli bene».