L’ultras della Lazio fatto a pezzi e buttato nell’Aniene: caccia ai resti

Il caso dell’ultras della Lazio fatto a pezzi e buttato nel fiume Aniene non è chiuso: si dà ora la caccia agli altri resti di Gabriele di Ponto, il pregiudicato di cui è stata trovato il piede sinistro qualche giorno fa. Gli inquirenti ora ne sono sicuri: è stato ucciso e fatto a pezzi, probabilmente nell’ambito di un regolamento di conti per spaccio di droga o vendetta privata. Ora gli inquirenti continuano le ricerche nell’alveo del fiume romano.

L’ULTRAS DELLA LAZIO FATTO A PEZZI E BUTTATO NEL FIUME, CACCIA AI RESTI

Il Messaggero, nella Cronaca di Roma, racconta lo stato delle indagini.

I resti del corpo di Gabriele Di Ponto potrebbero essere in un sacco o in contenitore impigliato da qualche parte lungo l’Aniene. Gli investigatori, a più di una settimana dal ritrovamento del piede e di parte del polpaccio sinistro dell’ultrà della Lazio, ritengono che il moncone possa essere «fuoriuscito per caso» dall’involucro che custodisce le altre parti del cadavere. L’ipotesi da cui parte tutto, ovviamente, è che il pregiudicato di San Basilio, 36 anni, sia stato ucciso e poi fatto a pezzi, anche se non si esclude che la mutilazione – l’unica cosa di cui c’è certezza – risalga a una fase di tortura che ha preceduto la presumibile fine dell’uomo.

Sono molte le ipotesi che gli inquirenti fanno nel ricercare il corpo dell’uomo: innanzitutto le recenti piogge che hanno rinfrescato l’agosto romano e che potrebbero aver portato il sacco dove sarebbe contenuto il corpo dell’uomo lontano dal luogo in cui i suoi assassini l’avevano originariamente lasciato; proprio quella del sacco, in cui sarebbero custoditi gli altri pezzi del pluripregiudicato residente alla Rustica, è un’altra ipotesi sulla quale gli inquirenti sono pronti a scommettere.

L’ipotesi di un involucro per nascondere il cadavere, più o meno smembrato, nasce dall’idea che difficilmente l’assassino o gli assassini si sarebbero presi il rischio di buttare in acqua i pezzi del corpo a casaccio e uno a uno. «Il rischio che riaffiorassero subito sarebbe stato alto – dice uno degli investigatori – Anche se in certe vicende non si può mai escludere nulla, è più logico pensare che il corpo sia stato messo dentro un contenitore, un sacco, ad esempio, e che i resti del piede ne siano fuoriusciti casualmente per qualche motivo affiorando successivamente lungo la riva del fiume”

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Ma il motivo? Quale il movente che avrebbe portato all’uccisione dell’uomo? I suoi trascorsi criminali potrebbero aver pesato, i tanti anni di carcere “continuamente ricordati” sul profilo Facebook dell’uomo potrebbero celare una pista: Gabriele di Ponto potrebbe essersi fatto nemici che non scherzano.

È anche circolata l’ipotesi che Di Ponto, nell’intreccio di traffici e affari sporchi, abbia pestato i piedi a una banda di albanesi. «Non si può escludere nulla, perché siamo veramente in una fase iniziale dell’inchiesta – dice un inquirente -Ma, allo stesso tempo, non ci siamo fatti un’idea prevalente rispetto alle altre». Il 16 luglio, pochi giorni prima della scomparsa, il pregiudicato aveva rinnovato la carta d’identità. C’è chi ha visto nella decisione la preparazione di una fuga o addirittura l’inscenamento di un delitto, con successiva auto-amputazione.

Oppure, è altrettanto possibile che gli ambienti criminali siano poco o per nulla rilevanti nell’economia complessiva del fatto.

L’uomo potrebbe essersi attirato un tale odio e un tale rancore, non necessariamente tra le persone con cui era direttamente in affari, da indurre qualcuno a organizzare una spietata esecuzione: una trappola fatta scattare chissà dove, in un luogo in cui Di Ponto, come capitò tanti anni a un ex pugile nel negozio del ”Canaro”, potrebbe essere stato torturato prima del delitto

Peraltro l’ufficialità scientifica dell’attribuzione della gamba a Di Ponto ancora manca: le risultanze del test del Dna sono attese fra oggi e domani. E’ astrattamente possibile che i resti ritrovati non siano dell’uomo, anche se, chiaramente, parliamo di ipotesi da romanzo.

Copertina: Wikimedia Commons

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