«Io, ricercatore, smetto con l’università e mi metto a consegnare ricambi d’auto»

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Si chiama Massimo Piermattei. Il suo articolo su Academia.edu ha alimentato il dibattito sulla ricerca in Italia

Una lettera, pubblicata su Academia.edu, che ha alimentato il dibattito sul futuro della ricerca in Italia. Massimo Piermattei è un (ormai ex) ricercatore dell’Università della Tuscia. Ha lavorato per tanto tempo all’interno del mondo accademico, ha scritto due monografie e più di 25 saggi e articoli in italiano e in inglese. Ha dato, insomma, un contributo molto importante alla ricerca nell’ambito della Storia dell’integrazione europea. Ma, da qualche settimana, ha deciso di smettere. E di guadagnarsi da vivere consegnando ricambi d’auto.



MASSIMO PIERMATTEI, SMETTO QUANDO VOGLIO

La sua storia (dal titolo «Smetto quando voglio») è stata ripresa da Repubblica.it (che, oggi, ha deciso di aprire il sito con questa notizia) e, in poco tempo, è diventata motivo di discussione sul portale per la condivisione degli articoli accademici (probabilmente, è uno dei più letti di sempre, con oltre 16mila visualizzazioni) e successivamente sui social network. Quale futuro per la ricerca italiana? Quale futuro specialmente per l’ambito umanistico, etichettato sempre con il pregiudizio del «settore di serie B» rispetto, invece, alla scienza e alla tecnologia? Davvero esiste solo la strada dell’estero? E chi ha costruito una famiglia in Italia come fa?

L’articolo di Piermattei ruota intorno a questi punti. Nella sua versione integrale, «Smetto quando voglio» cerca di illustrare la situazione del mondo dell’università italiana in otto pagine. Alcuni suoi passaggi, però, sono molto significativi e meritano di essere riportati. Parlando del sistema che regola gli accessi alle cattedre da parte dei giovani ricercatori, Piermattei scrive:



«La costante riduzione di fondi per l’Università, unita alla crescente chiusura del reclutamento, ha fatto sì che i professori ordinari abbiano visto crescere in modo esponenziale il loro potere. Sono come un imperatore che decide, con un gesto del pollice: tu sì, tu no. […] Di fatto, per entrare hai bisogno di un ‘maestro’ che ti aiuti a costruire un curriculum spendibile e di un ‘tutore’ che ti faccia passare i concorsi, o comunque ti garantisca posizioni e risorse: due figure che spesso coincidono. Le eccezioni ci sono, ma confermano la regola, e permettono al sistema di giustificarsi: ‘Vedete? È tutto trasparente’. Se non li hai, un maestro e un tutore, sei orfano, e per gli orfani non c’è futuro»

Lo studioso di Storia dell’integrazione europea, poi, descrive la situazione difficile di chi non ha né ‘tutori’, né ‘maestri’, ma è costretto a inseguire contratti di collaborazione tassati in maniera clamorosa, oppure è spronato a dirigere le sue ricerche su argomenti di scarso interesse semplicemente perché indirizzato in quella direzione da chi andrà a finanziare il suo lavoro (Piermattei utilizza il termine «marchettaro» per definire questa condizione).



MASSIMO PIERMATTEI E LA RETORICA DELLA FUGA ALL’ESTERO

Quella della fuga all’estero, secondo lui, è soltanto una vuota retorica. «È passata l’idea – scrive – per cui se lavori fuori sei bravo; se hai scelto l’Italia sei, come minimo, complice del sistema. Non c’è spazio per l’ipotesi che tu sia rimasto perché non potevi espatriare o per provare a cambiare le cose. Invece sarebbe bello raccontare anche le storie di chi dedica tempo ed energie alle università italiane».

In molti hanno condiviso l’articolo e hanno voluto far sentire la propria vicinanza all’ormai ex ricercatore che si è messo a consegnare ricambi d’auto. Sul suo account Facebook, ad esempio, sono arrivati i commenti di suoi ex studenti che lo hanno ringraziato per la passione trasmessa nell’insegnamento della sua disciplina. E ancora, messaggi di solidarietà e di in bocca al lupo: quella di Piermattei non può essere letta come una sconfitta personale (anzi), ma certifica inequivocabilmente (una volta di più) il corto circuito del sistema universitario italiano.