Renzi intercettato al telefono con Adinolfi, la Procura di Napoli va a caccia della talpa
07/08/2015 di Redazione
C’è stato un errore nel depositare documenti interni agli uffici giudiziari, o qualcuno era interessato a far pubblicare le intercettazioni di Matteo Renzi e Napolitano jr? È l’interrogativo al quale in queste settimane stanno provando a dare una risposta gli investigatori della Procura di Napoli. È infatti partita la caccia alla presunta fonte che avrebbe ceduto alla stampa il testo delle conversazioni che riguardano il premier (ad esempio la telefonata con il generale Adinolfi) e il figlio dell’ex presidente della Repubblica. Ne parla Il Mattino di Napoli in un articolo di Leandro Del Gaudio:
Ieri mattina, la Procura di Napoli ha spedito gli uomini della Dia a casa di due giornalisti del Fatto Quotidiano, autori dello scoop sulle intercettazioni tra il generale della guardia di finanza Michele Adinolfi e l’allora segretario Pd e sindaco di Firenze Matteo Renzi. Ricordate il caso? Si tratta di conversazioni inserite in una informativa del Noe, alla voce «rete relazionale di Adinolfi», nelle quali l’uomo destinato a diventare premier di lì ad un mese parla di Enrico Letta (all’epoca capo del governo, ndr) come di un «incapace», mentre in un altro brogliaccio si fa riferimento al presunto potere lobbistico di Giulio Napolitano.
Atti non strettamente pertinenti rispetto all’inchiesta sulla Concordia, che a Napoli ha conosciuto un doppio filone (quello della metanizzazione di Ischia e della metanizzazione del Casertano), tanto da spingere la Procura ad aprire un fascicolo sullo scoop del Fatto.
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La Procura indaga per violazione di atti coperti da segreto istruttorio contro ignoti. Ai giornalisti Marco Lillo e Vincenzo Iurillo (dunque non indagati) è stato notificato un decreto di esibizione degli atti. Del Gaudio sul Mattino spiega che i due autori dello scoop, per realizzare il servizio dello scorso 10 luglio, avrebbero consultato un’informativa del Noe e sarebbero entrati in possesso di un documento word diverso dal file in formato pdf depositato ed a disposizione degli avvocati. Il pdf infatti recava una data diversa e delle correzioni a penna rispetto al file word. La Procura avrebbe comunque deciso di agire con cautela e di non procedere con un sequestro degli archivi cartacei o informatici.
(Foto di copertina: Ansa / Ettore Ferrari)