Siamo in Romagna. Un mendicante, malnutrito e malandato chiede l’elemosina per le strade di Cesena. È il 26 giugno del 2012 di una bella giornata con qualche nuvola in cielo. L’uomo, un romeno di 46 anni, ha di fianco a sé forse il suo unico amico, un cucciolo di pastore tedesco, con il quale divide tutto. La gente li supera e nessuno li nota. Poi un passante osserva bene il cane e comincia ad inveire contro l’uomo. A quel punto chiama i vigili che accorrono: il pastore tedesco sembra malato. I vigili verificano e decidono di sottrarre il cane al mendicante portandolo al canile dove verrà curato. Sì, perché ha la congiuntivite e lui non gliel’ha medicata. Il mendicante viene così denunciato per maltrattamenti. L’uomo che è povero e senza fissa dimora resta per strada, ancora malato e malnutrito.
Intanto si mette in moto la macchina della giustizia. Passano due anni, siamo nel 2014, e un giudice di Forlì decide di condannare per maltrattamenti il mendicante, che dovrà pagare 2000 euro di multa. Nessuno considera che l’uomo era malandato e non riusciva a curare se stesso, figuriamoci il cane. Oltretutto non pagherà mai quella multa visto che è nullatenente. Avranno fatto bene a togliergli il cane per curarlo? Forse sì, visto che non era in grado di farlo lui, ma è un mistero come non si siano accorti che l’uomo è in condizioni simili al pastore tedesco. Di certo nessuno gli presta soccorso o gli dà un aiuto. Eppure Cesena non ha gli homeless ad ogni angolo di strada, ed è una città ricca. Ma l’avvocato del mendicante, un legale d’ufficio assegnato dal tribunale, non esita a far ricorso alla Cassazione. I reclami in
Cassazione però non devono entrare nel merito del contenuto delle sentenze, sindacare cioè sul fatto accaduto. Sono ricorsi che segnalano eventuali errori di procedura, di diritto.
L’avvocato chiede le attenuanti generiche perché il suo assistito è indigente. Ma questo non è un motivo formale che può essere sottoposto alla Cassazione. C’è un errore. Il ricorso non è legittimo e la settima sezione della suprema Corte lo rigetta. La sentenza è confermata. E così siamo arrivati ad oggi, nel 2017. Si racconta che anche nelle stanze della Cassazione i giudici erano colpiti per l’inumanità della storia. Tanto assurda quanto inutile. Sarebbe bastato infatti aiutare sia il cane che l’uomo e non mettere in moto un procedimento lungo 5 anni. Eppure i giudici non possono che attenersi alla legge e rigettare il ricorso confermando la condanna verso il mendicante.
(Foto di un mendicante da archivio Ansa)