Che faceva l’ISIS Merano?

Abdul Rahman Nauroz, il presunto capo della cellula jihadista meranese, aveva come compito quello di organizzare un piccolo esercito jihadista?

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LA CELLULA ISIS DI MERANO –
Secondo quanto riportato dall’Alto Adige,  l’ordinanza di custodia cautelare del Gip di Roma a carico di Abdul Rahman Nauroz mostra che il personaggio è ritenuto di assoluta rilevanza e impegnato in attività indubbiamente pericolose, come riporta infatti l’ordinanza:

«…  il 19 maggio 2012 lo stesso Nauroz riceve una telefonata da un aderente del gruppo (Jalal Fatah Kamil) reduce da un colloquio in carcere in Norvegia con il mullah Krekar e gli comunica di dovergli consegnare un importante messaggio. Si tratta di un ordine, impartito direttamente dall’emiro: sarà lui a dover costituire (assieme ad un “fratello” in Olanda) un “comitato segreto” per portare la cellula jihadista meranese verso la partecipazione alla Jihad. E di fronte alle perplessità di Nauroz per le sue difficoltà economiche e di rinnovo del permesso di soggiorno l’interlocutore gli annuncia che “loro” provvederanno ad inviargli soldi anche perchè si trattava di un piano da portare a termine con molta cautela (almeno 5 anni) con l’obiettivo di creare una forza di 100 uomini votati alla causa (“Così vuole Allah”).»

PIANI GRANDIOSI, REALIZZAZIONI MENO –

E non basta, perché il 20 febbraio 2012 quando lo stesso Nauroz riceve da un altro confratello la richiesta di reperire una radio da almeno 1 kw e due pistole, da impiegare in Olanda.  Nauroz appare quindi come un uomo sul quale l’organizzazione poteva contare e e sul quale riponeva la sua fiducia, anche se a ben pesare quel che trapela, emerge l’immagine di un’organizzazione non tanto estesa come si teme, se è vero che poi i piani più ambiziosi, come la creazione del battaglione da 100 jihadisti, restano nelle fantasie dell’organizzazione.

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JIHADISTI LOW TECH  –

Paradossalmente rassicurante è poi che dall’Olanda gli jihadisti abbiano bisogno di ricorrere ai servigi di Nauroz per procurarsi un’arma, mentre la scoperta che per avvertirlo di un’inchiesta in corso ai suoi danni si siano mosse dei persone dalla Svizzera per comunicarlo di persona, dimostra ancora una volta come lo spionaggio hi-tech abbia un’efficacia relativa nei confronti di organizzazioni che si avvalgono della collaborazione di persone che non usano sofisticati programmi o espedienti per dissimulare le loro comunicazioni.

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