Mestieri di merda: “Pronto, la chiamo da parte di…”

03/06/2009 di Dario Ferri

Scene di vita quotidiana in un call center. Fra madri quarantenni e uomini di mezza età, dove sono finiti i giovani self-made-man?

Ragazzi e ragazze sorridenti con la cornetta all’orecchio che parlano felici facendo customer care. Questa era l’immagine che fino a poco tempo fa richiamava la parola call center, simbolo di quella flessibilità tanto cara ai fautori della new economy che vedevano in quegli squilli la possibilità dei giovani di emanciparsi e iniziare a rendersi indipendenti dalla famiglia, magari mentre attendono di laurearsi, fra un esame e l’altro.

STORIA VECCHIA – Oggi però non è così. Facile dare la colpa alla crisi, il processo è lungo e non è iniziato certo negli ultimi mesi. Fattosta che di giovani, nei call center, ce ne sono sempre meno. Non fanno ‘customer care‘ ma sempre più spesso vendono, qualsiasi cosa, per pochi centesimi a telefonata. Costretti a ripetere la stessa cantilena centiaia di volte al giorno, per accattivarsi la simpatia di chi, dall’altro capo del cavo telefonico, suo malgrado non riesce a congedarsi se non chiudendo spesso disperato il telefono in faccia, dopo l’ennesima chiamata interessata del giorno. Oggi, entrare in un call center non rimanda più alla mente immagini di selfmademan juniores pronti ad ‘aggredire la vita con i denti‘, semmai il contrario. C’è chi ha una  situazione economica troppo precaria, chi un licenziamento arrivato quando non si è più un appetibile neolaureato da sfruttare per mesi e mesi di stage col miraggio di un contratto o un trentenne rampante con sogni manageriali. Insomma: oggi a 25 anni in un call center si è il più giovane. Quei pochi centesimi a telefonata che per uno studente significano la birra il sabato, sono anche il solo introito di persone che, alla loro età, vorrebbero giustamente qualcosa di più.

ESEMPI – Ho 42 anni e due figli, uno a scuola media e una alle superiori“. Così comincia il racconto di Michela (nome di fantasia), una sera in macchina sotto la pioggia. “Ora tornerò a casa e mi telefoneranno perché ho tante cose da pagare, ma come faccio? Non ho i soldi”. Un marito all’estero, ormai lontano da lei e dai figli, che non le passa quasi niente. “Faccio la babysitter quando posso, le pulizie se mi chiamano, e questo.” Questo è il call center, pagata a cottimo per ogni chiamata non effettuata ma ‘terminata‘, che è diverso. “Non so come altro fare”. In ‘ufficio‘, invece, un uomo di mezza età chiacchiera con chi gli capita a tiro e di qualsiasi cosa: ha i capelli bianchi e stona decisamente con il quadretto solito che ci si aspetterebbe di vedere varcando le soglie di un “chiamificio“. E lui lo sa. Sembra quasi che più che per strappare al tempo di qualcuno i centesimi di una telefonata sia lì per dire che un lavoro, un ‘ufficio‘ , lui ce l’ha. “E’ difficile questo lavoro, ti deve piacere” gli dice la sua vicina di sedia, solo di qualche anno più giovane di lui “io sono andata benissimo alla prova, non so quante chiamate ho fatto, ma non erano retribuite. Dal giorno dopo invece, non mi ha risposto quasi più nessuno, ma pazienza“.

FLESSIBILISSIMI – I turni sono anche da 6, 7 ore. In fondo conviene innanzitutto a te, visto che ti pagano a cottimo. Inizi a pensare ‘in secondi‘, a ottimizzare il tempo per fare più telefonate. Se ti ammali, sei tu a promettere che farai più ore. Perché ti conviene. Alla fine parli senza nemmeno prestare attenzione a quello che dici, tanto lo sai a memoria, e inizi proprio a >fare disegnini su un foglio distrattamente, mentre fingi di dedicare attenzione a un altro essere umano. Ogni tanto, a dirla tutta spasmodicamente, si controlla l’orologio per contare quanto manca alla pausa sigaretta o alla agoniata ‘fine’. Guardi quelli intorno, il telefono, lo schermo del pc. Decine di voci intonano la stessa cantilena, scocciata, alle cornette. Chi propio non ne può più mette il vivavoce. Il caldo è insopportabile.

TRAMONTO – Fra una chiamata e l’altra si fanno le nove, inscurisce adesso, è estate. Stanchi, anche se sembra strano, se ne tornano tutti a casa inorridendo a qualsiasi squillo del telefonino. Anche quelli che di solito fanno piacere. A camminare mentre si fa buio vicino alla strada, viene da ridere pensando alla parabola dei giovani selfmademan.

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