Non è un biondino, è un mostro

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Una storia d’altri tempi che ancora oggi viene tramandata nella Roma del popolo. Una piccola ragazzina uccisa e un mostro perfetto per esser tale





Ci Sono fatti che appena vengono trasformati in inchiostro dalle pagine dei giornali, si depositano nell’immaginario collettivo e non ne escono più. Storie che  ancora oggi, a più di cinquant’anni di distanza, spaccano l’Italia fra innocentisti e colpevolisti. Reati che hanno avuto il merito di far cancellare altri reati, abolire norme, eliminare abusi e prassi consolidate. Fra questi c’è il caso di Lionello Egidi, il Biondino di Primavalle. Dopo di lui, nessuna persona in Italia sarebbe stata più fermata e messa in cella per sette giorni senza che nessuno lo venisse a sapere. Dopo di lui, il fermo giudiziario si ridusse a quarantotto ore e l’interrogatorio dovette essere condotto in presenza di un avvocato.

CHE E’ SUCCESSO – Perché quando uscì da questi sette giorni, il Biondino aveva la faccia così tumefatta che neanche i familiari lo riconobbero. Perché quando in queste lunghissime centosessantotto ore entrò il magistrato a interrogarlo, avendolo scambiato per un poliziotto, Egidi si rintanò all’angolo come un cane. Perché in questi interminabili diecimilaottanta minuti, il Biondino non poté mangiare, né bere, né dormire. Perché uscito di cella Egidi lo disse chiaramente «Sì, ho ucciso io Anna Maria Bracci». Perché quando uno, dopo questi sette giorni, arriva a confessare di aver ucciso una ragazza di appena 13 anni, allora nella norma c’è qualcosa che non va. Ancora oggi nei quartieri popolari di Roma, quando nomini il Biondino vedi la gente cambiare espressione. C’è chi si gira di lato con aria disgustata e chi guarda in cielo, come a indicare un perdono che solo Lui può dare. Nessuno è neutrale. Quello di Egidi è un fronte che divide i romani in due come solo Roma e Lazio sanno fare.



PERFETTO PER UN HORROR – Quelli che in quell’anno, il 1950, erano già abbastanza grandi da ricordare, e oggi non sono così vecchi da dimenticare, giurano di sapere per certa la verità. Agli altri, quelli che magari allora non erano neanche nati, questa verità è stata tramandata come una leggenda. Ancora oggi, dopo quasi sessant’anni, in alcuni quartieri a Roma quando si vuole mettere in allarme una bambina gli si dice: «Non andare con uno sconosciuto che se no fai la fine di Anna Maria!». In molti a Roma sono cresciuti pensando che il Biondino di Primavalle fosse un personaggio uscito da un fumetto horror, un Uomo Nero o un Lupo Mannaro de noantri. Lo stesso mostro, creato per lo stesso motivo. Per chi è colpevole, la risposta è sempre la stessa: «E’ stato lui, è stato lui! Chi altri se no? L’ha pure violentata Anna Maria, quel poro angelo!». Poco importa ricordare che, in effetti, come ebbe a scrivere allora Il Tempo, «Annamaria era pura, era innocente nei sentimenti ed è morta per rimanere incontaminata». Volendo così rendere evidente e altisonante il fatto che di violenza sessuale non ce n’era proprio stata. Anche se da subito si erano pensato il contrario. E nemmeno l’autopsia aveva sciolto tutti i dubbi. Di sicuro non quelli della gente.

EVIDENZE – Il corpo, infatti, venne ritrovato all’interno di un pozzo profondo tredici metri senza mutande né sottoveste. Con una profonda ferita d’arma da taglio a segnarle il capo. Gli abiti, verranno ritrovati soltanto dopo, in aperta campagna. Vicino la sua borsetta e il carbone per cuocere la cena. A Egidi lo prendono quasi subito. Gli indizi parlano chiaro: è stato visto la sera del delitto, il 18 febbraio, proprio in compagnia di Annarella, come tutti la chiamano. Stavano insieme a mangiare le castagne. Quella sera, come molte altre, Anna Maria doveva andare a comprare il carbone per la cena. Era una bambina sveglia per cui la madre e il fratello le affidavano anche il compito di cercare qualcosa da mettere sopra il carbone. La sua famiglia è povera, come del resto lo è la maggior parte delle persone che abita a Primavalle, periferia nord di Roma.

CONFESSO, ANZI NO – Quando vede Lionello, ad Anna Maria devono brillare gli occhi: da lui qualcosa la rimedierà di certo. Fa il giardiniere, il Biondino, e conosce quella bambina da una vita. Ovvio che quando Annarella gli chiede un cartoccio con le castagne, lui non sa dir di no. Ed è questa immagine, di loro due insieme, che lo inchioda. Alla fine, è l’unico indizio che hanno gli inquirenti. Non c’è nessun’altra prova che possa collegarlo all’assassinio. Se non la sua stessa confessione. Peccato, però, che Lionello, quando si trova di fronte al pm ritratta tutto. Ha parlato perché lo stavano massacrando di botte. E lui, di questo, le prove ce l’ha. Basta guardare i bozzi che ha sulla faccia, i lividi che hanno reso viola acceso le sue braccia, la forma del naso completamente cambiata. Stando così le cose quale giuria condannerebbe er Biondino?Nessuna.

PRESO – Difatti, quando il 18 gennaio 1852 arriva la lettura della sentenza, non è inaspettata per gli inquirenti: assolto per non aver commesso il fatto. Loro comunque non mollano, l’appello ribalterà il verdetto. E a far avverare questa ipotesi più che la loro bravura investigativa poté lo stesso Biondino. Si dice che chi ha quelle deviazioni sessuali, ricadrà sempre preda dei propri istinti. Gli psichiatri sostengono che gli impulsi sono irrefrenabili e non esiste cura. Sono loro che fanno capitolare Egidio. A una festa popolare sull’Appia Antica lo arrestano perché sta molestando una bambina: stavolta il carcere scatta davvero, tre anni e mezzo. Quando inizia il processo di Appello contro di lui non c’è più soltanto quel cartoccio di castagne mangiato insieme ad Anna: c’è lui stesso. La sua morale. La sua perversione. Il 29 novembre 1955 la Corte lo condanna: 26 anni e 8 mesi di reclusione, un’eternità.

Il nostro ordinamento a volte può apparire strano. Ma nei suoi gradi di giudizio si legge una strana saggezza. L’ultimo, la Cassazione, per quanto in molti lo ignorino, non entra mai nel merito del caso. Non gli interessa se qualcuno sia colpevole o innocente, non lo deve appurare. Il suopscopo è di vedere se la sentenza di appello che è stata scritta, sia legittima o no. Evidentemente, nel caso di Lionello i giudici si sono fatti influenzare dalla condanna che ha ricevuto. La parola fine viene messa il 14 dicembre 1957: assolto, con formula piena. Però. Però certo, rimangono quelle voci. Rimane quello che la gente ancora oggi racconta: «E’ stato lui, l’ha violentata. I giornali possono scrivere quello che vogliono». Rimane il fatto che Egidi fu condannato ancora una volta, nel 1961, per aver molestato, ancora una volta, un bambino. Anche allora si proclamò innocente, ma cinque anni non glieli levò nessuno. Rimane Anna Maria, sola, i fondo a un pozzo, senza vita. Uscita per comprare un po’ di carbone non fece mai più ritorno a casa.