Australia: l’inferno dei rifugiati

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Il paese costruito sull'immigrazione e schiacciando gli abitanti aborigeni, oggi è diventato un incubo per chi cerca asilo

L’Australia è tornata ad abbracciare la politica dei centri di detenzione per migranti su isole remote in altri paesi, dove imprigiona migranti e richiedenti asilo in condizioni disumane.



I CONSERVATORI – Il padre dell’attuale politica australiana contro migranti e richiedenti asilo può essere considerato il conservatore John Howard, che come molti conservatori in giro per il mondo ha fatto fortuna mostrandosi crudele e insensibile alle loro esigenze come ai loro diritti e alle leggi internazionali. Howard diede scandalo nel 2011, quando rifiutò a una nave norvegese di sbarcare i naufraghi che aveva raccolto in mare mentre cercavano di raggiungere l’Australia. Secondo le nuove leggi che aveva fatto approvare tutti i migranti giunti per mare dovevano essere inviati e detenuti sulle isole di Manus e Nauru, in attesa che la loro posizione fosse valutata.



E I LABURISTI – Bisognerà attendere fino al 2007 perché il ministro laburista Kevin Rudd annunci il ripudio di quella politica e chiuda i due centri, ma già nel 2001 l’ugualmente laburista Julia Gillard prova ad avanzare il progetto di mandare tutti i “boat people” in arrivo in Malaysia, soluzione bocciata dall’Alta Corte australiana. Il primo ministro però non si rassegna e nel 2012 resuscita il piano di Howard e annuncia, con un chiaro intento deterrente, ma senza mentire, che i richiedenti asilo dovranno attendere anni prima di stabilirsi. Poi Gillard cade e torna Kevin Rudd che però nel 2013 lungi dal riproporre le sue idee di un tempo annuncia che i richiedenti asilo non solo saranno inviati in Papua Nuova Guinea sull’isola di Manus, ma che una volta accolta la loro domanda d’asilo si stabiliranno in PNG. Un’assurdità evidente, oltre ad essere un orrore e una grave infrazione dei diritti dei richiedenti asilo.

IL CENTRO AUSTRALIANO – L’Australia possiede un centro di detenzione sull’isola di Natale, Christmas Island, nell’oceano indiano, inizialmente pensato per ospitare 1.200 persone, numero poi ridotto a 800 in seguito a un temporaneo calo degli arrivi. Qui erano destinati i “boat people” provenienti dall’Asia, per chi arriva in aereo con un visto qualsiasi è un’altra storia e un altro destino, Finiscono nei centri di detenzione e/o accoglienza sull’isola maggiore in minima parte e per brevi periodi, fino a che non viene loro concesso un visto provvisorio in attesa dell’esame della richiesta d’asilo , mentre gli immigrati illegali sono semplicemente rispediti all’origine, almeno quando possibile.  L’Isola è territorio australiano e nonostante si tratti di un centro di detenzione, comunque incompatibile con lo status di rifugiato, è cosa molto diversa dalle sistemazioni secondo  “soluzione del Pacifico” escogitata da Howard.



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LA BUROCRAZIA DELL’ORRORE – Infatti i centri di detenzione gestiti sull’isola di Nauru e su quella di Manus non sono altro che campi di tende e baracche, costruite su isole remote e poco abitate nelle quali i richiedenti asilo sono costretti a restare detenuti anni, senza alcun riguardo per la presenza di bambini o anziani, che così finiscono dietro le sbarre anche se la stessa legislazione australiana lo vieterebbe, ma non sono in territorio australiano e quindi non sono sotto la giurisdizione dell’Alta Corte, che può solo giudicare su casi di chi fa appello alla sua attenzione e spesso anche le sue sentenze sono aggirate. È stato il caso di uno dei profughi Tamil di Manus, che insieme a 54 altri si è visto accordato l’asilo, ma è stato condannato a una “detenzione a tempo indeterminato” in quanto giudicato “pericoloso”. Lui e i suoi compagni infatti avevano cercato di resistere alla deportazione a Manus rifiutandosi di scendere dalla barca sulla quale era giunto. Tanto è bastato per essere dannati in eterno dalle autorità australiane, che hanno pensato di risolvere la questione cercando altri paesi che li ospitassero, ma senza successo. La sentenza dell’Alta Corte è però stata ignorata dal governo australiano, che ha liberato solo il ricorrente e continua a detenere gli altri nonostante l’Alta Corte abbia giudicato questo comportamento un grave abuso.

LA VERGOGNA – Manus e Nauru sono due vergogne che l’Australia ha piantato sul territorio di due paesi poveri e vassalli, dei quali ha comprato il consenso con poco e poco ha speso per approntare i due centri di detenzione, le immagini mostrano infatti solo tende e baracche, oltre alle recinzioni. Pare inoltre certa l’intenzione di aggiungere un’altra struttura simile sulle Isole Solomon.

L’ULTIMA DENUNCIA – Strutture che oltre ad essere misere offrono ai richiedenti asilo pessime condizioni di vita, come ad esempio è stato denunciato di recente nel caso di Manus da  Rod St George, un tempo addetto alla guardia del centro, che ne ha fatto un racconto tale da spingere il ministro dell’Immigrazione Tony Burke ad annunciare una visita sull’isola già la settimana prossima. Burke comunque ha anche affermato che continua a sostenere la nuova proposta di legge che rende ancora più dura la vita ai richiedenti asilo e che è già ampiamente condannata in quanto infrange brutalmente la Convenzione su Rifugiati dell’ONU sottoscritta dal paese. Secondo St George negli ultimi tempi almeno sei uomini sarebbero stati stuprati nella sezione loro riservata, ad alcuni sarebbero state cucite le labbra o sarebbero stati sottoposti ad altre torture da parte di altri “ospiti” del centro. Si sono poi ospiti in sciopero della fame che si sono cuciti le labbra e poi ci sono i suicidi e i tentativi di suicidio, che secondo St George sono “quasi quotidiani”.

NEMMENO I CANI – La sua testimonianza conferma il risultato di numerosi studi, concordi nel concludere che tali condizioni di detenzione, peraltro a carico di chi non ha commesso e non è stato condannato per alcun reato e per di più dalla scadenza incerta, spingano molti ospiti verso la follia e procurino loro una serie devastante di patologie: “Non ho mai visto esseri umani tanto distrutti, tanto privi d’aiuto e di speranza.In Australia una struttura del genere non potrebbe servire nemmeno come canile, il proprietario finirebbe in prigione”. Che poi è il motivo principale per il quale il governo australiano ha scelto di non costruirli sul suo territorio, per non dover rispettare  le stesse leggi australiane e tenere queste squallide galere lontano dagli occhi e dal cuore degli australiani, almeno di quelli che ne hanno uno.