Perchè il boom della Le Pen riflette il neonazionalismo della Merkel
30/05/2014 di Andrea Mollica
Angela Merkel sul banco degli imputati. Il trionfo dei populismi nazionalisti è il riflesso della gestione dell’eurocrisi data da Angela Merkel. Invece che dare una risposta europea alle difficoltà dell’unione monetaria, la strada scelta dalla cancelleria, il perseguimento dell’interesse tedesco, ha determinato le condizioni che hanno favorito il boom delle formazioni no euro.
ANGELA MERKEL E L’UE – Un’analisi di Der Spiegel, scritta da Jakob Augstein, figlio del fondatore del settimanale tedesco, rimarca come Angela Merkel stia mostrando profondo disprezzo per l’elettorato europeo. Le elezioni per il Parlamento UE si sono concluse con la vittoria di Jean-Claude Juncker, il candidato del Ppe per la presidenza della Commissione. La prima reazione a questo risultato elettorale della cancelleria è stato impedire che si procedesse alla sua nomina; l’Europarlamento si è unito sul nome di Juncker, ma la Merkel, temendo di perdere David Cameron, ha preferito mettere nel freezer la scelta del presidente della Commissione, cercando invece di trovare un accordo complessivo con l’intera partita delle nomine europee, che includono anche il presidente del Consiglio Europeo, l’Alto rappresentante della politica estera e Mr Euro, il coordinatore dei ministri finanziari dell’unione monetaria. Secondo Der Spiegel il comportamento della Merkel rappresenta il deficit democratico che si imputa alle istituzioni comunitarie, ovvero la cesura tra la volontà espressa dal popolo e le decisioni prese dagli organismi UE.
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L’UE ED I NAZIONALISMI – Per Augstein queste elezioni sono state storiche perchè hanno determinato la nascita di un nuovo soggetto politico, l’elettorato europeo, unito attorno a candidati comuni. L’inizio di una vera democrazia, che avversari dell’Europa come Marine Le Pen e David Cameron non rispettano e non comprendono proprio come la Merkel, euroindifferente. Il commentatore di Der Spiegel rimarca che chi si basa sullo stato nazionale, in modo moderatamente borghese o pieno di ostilità razziale, sarà nel lungo periodo una minaccia per l’Europa, dal punto di vista politico, economico e sociale. «La grande crisi europea non è stata determinata dai Sinti o dai Rom, come da caccia della Le Pen, oppure dai disoccupati degli altri paesi europei che la Merkel non vuole in Germania. Essa è stata innescata dalle banche, e contro gli istituti di credito tanto la Germania del miracolo economico quanto la Francia profonda non possono fare nulla. E lo stesso vale per la crisi con l’Ucraina o per i temi concernenti la privacy relativi alla Nsa o Google».
ANGELA MERKEL E I NAZIONALISMI – Il grande fallimento di Angela Merkel è l’aver rinunciato alla soluzione europea per superare la crisi, come fecero i suoi predecessori Adenauer coi Trattati di Roma, Helmut Schmidt con il sistema monetario europeo, oppure Helmut Kohl con i Trattati di Maastricht. Il germanesimo della Merkel sarà nel lungo periodo non solo un danno per l’Europa, ma anche per la stessa Germania. Se l’euro crollasse l’economia più importante dell’unione monetaria ne subirebbe conseguenze pesantissime. In questo si nota secondo Augstein la miopia della cancelleria, così come l’insincerità dei leader no euro. Angela Merkel ha cercato di trovare uno spazio di manovra per l’interesse nazionale che in realtà non esiste. «Bisogna fare politiche uguali per tedeschi e francesi. Con uno sguardo nel breve periodo si scorgono interessi diversi, ma nel lungo non è così. Il compito della politica è conciliare queste due prospettive». La prevalenza della miopia sull’interesse nazionale ha determinato l’esito delle ultime elezioni europee, che però avrebbero dovuto essere combattute su un’altra prospettiva. Secondo l’analisi di Der Spiegel la Merkel avrebbe dovuto combattere per gli Stati Uniti d’Europa che non hanno impedito al PD di Matteo Renzi il grande successo ottenuto domenica 25 maggio.
(Photocredit: AP Photo/Markus Schreiber,Jacques Brinon)