Il mondo rischia una stagnazione secolare

Il mondo rischia una stagnazione secolare? Questa previsione è stata lanciata alcuni giorni fa da Larry Summers in un convegno del Fondo monetario internazionale. Una tesi che pone in discussione l’intera politica economica condotta in questi anni.

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STAGNAZIONE SECOLARE  – Nei giorni scorsi si è svolto un seminario del Fondo monetario internazionale nel quale l’ex ministro del Tesoro Usa, e governatore della Fed mancato, Larry Summers, ha fatto moltissimo rumore. Economista prestigioso e politico di spessore, Summers ha vaticinato uno scenario catastrofico per l’intero pianeta. L’ex ministro del Tesoro americano ha infatti lanciato l’allarme sulla possibile stagnazione secolare che l’economia globale starebbe attraversando, una lunghissima stasi che metterebbe a rischio le nostre società. Il concetto di stagnazione secolare era stato introdotto negli anni trenta dall’economista Alvin Hanses per descrivere la Grande Depressione. Una recessione così prolungata come quella di allora non sarebbe stata una fase negativa della congiuntura, ma drammatica riduzione dei fattori alla base della crescita economica. Il calo della popolazione e le mancate innovazioni tecnologiche erano i responsabili principali, ma il benessere conquistato dal mondo industrializzato dopo il secondo dopoguerra ha smentito la tesi dell’economista statunitense.

SINTOMI DI STASI – Per Summers l’analisi di Hansen potrebbe però essere adatta al mondo che viviamo oggi. A quattro anni dalle risposte alla crisi che hanno evitato un ritorno di una contrazione simile a quella della Grande Depressione il mondo è molto lontano dall’essere guarito. L’occupazione ristagna, il Pil è ancora lontano dal suo potenziale rispetto alla fase precrisi e la disoccupazione è ancora altissima. L’economista americano ha però rimarcato un altro aspetto che corrobora la tesi della stagnazione secolare. Prima della crisi c’erano condizioni come una politica monetaria molto lasca, elevato indebitamento del settore privato e spese che hanno precorso il reddito. Come dice Summers, « troppa liquidità, troppi prestiti, troppa ricchezza» . Questo però non ha generato un aumento del tasso di inflazione, nessuna sovrapproduzione del sistema economico e una disoccupazione rimasta sempre al di sopra del suo livello naturale. L’ex ministro del Tesoro Usa sottolinea come neanche una grande bolla del credito come quella vissuta dal mondo industrializzato nei primi anni del nuovo millennio sia stata capace di creare un eccesso di domanda aggregata.

TASSO NATURALE DI INTERESSE – Punto centrale della riflessione è il cosiddetto tasso naturale di equilibrio, ovvero il tasso capace di assicurare la piena occupazione, una teoria sviluppata dal maestro della scuola svedese, Knut Wicksell. Per Summers solo un tasso naturale di equilibrio negativo spiegherebbe le dinamiche dell’economica globale, prima e dopo la crisi. I tassi erano infatti molto bassi prima della crisi, ma erano troppo alti per garantire la piena occupazione. Di conseguenza non è così sconvolgente che l’economia non sia riscaldata eccessivamente nonostante la bolla sul mercato immobiliare e l’eccesso di indebitamento. Una situazione che spiega anche il protrarsi di questa crisi, con un’economia incapace di risollevarsi nonostante tassi di interesse così bassi. Il problema diventa però cosa fare visto che sotto lo zero non si possono spingere i tassi di interesse. Summers rimarca che se il tasso naturale di equilibrio fosse sceso a -2 o -3% non ci sarebbe nessun eccesso di domanda aggregata neppure con politiche fiscali poco attente al deficit, e non ci sarebbe un ritorno alla piena occupazione neppure se il credito fosse erogato a condizioni normali.

IMPLICAZIONI INQUIETANTI – Sul blog economico di TagesAnzeiger, il più importante quotidiano svizzero, viene pubblicata una riflessione sulla tesi di Larry Summers. La stagnazione secolare, ovvero decenni di crescita molto bassa se non nulla, è appunto una previsione, anche se le vicende degli ultimi sembrano corroborarne le più fosche valutazioni. A livello politico le implicazioni sono numerose, visto che le politiche monetarie attuali sarebbero insufficienti. In una situazione di trappola della liquidità le politiche fiscali appaiono più promettenti, ma numerosi anni di tassi così bassi oppure un massiccio ciclo di investimenti pubblici creerebbero fortissime contrapposizioni e resistenze. L’indebitamento dello Stato sarebbe favorito da un costo del debito molto basso, ma ciò significherebbe capovolgere completamente le politiche economiche perseguite finora. Come rimarca TagesAnzeiger, è però già molto inquietante che l’ipotesi di una stagnazione secolare possa essere considerata come funzionale alla spiegazione di ciò che stiamo vivendo, ed evidentemente capendo in modo quantomeno limitato, da ormai molti anni.

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