Siamo la popolazione più inattiva d’Europa

Categorie: Economia

Abbiamo la più alta percentuale di persone al di fuori del mercato del lavoro. Seguono Croazia e Romania (entrambi 34,4%), Belgio (32,4%) e Grecia (31,8%)

Italiani, popolo di santi, eroi e inattivi. A dirlo è l’Eurostat dimostrando, dati alla mano, l’altissima percentuale di persone al di fuori del mercato del lavoro, né impiegate, né disoccupate.



L’anno scorso, 89 milioni di persone di età compresa tra i 15 ei 64 anni sono state economicamente inattive nell’Unione europea (UE). In altre parole, poco più di un quarto (circa il 27,1%) della popolazione dell’UE, di età compresa tra i 15 e i 64 anni, era al di fuori del mercato del lavoro, senza un impiego. Questa quota comprende le persone che erano in formazione (il 35% delle persone inattive), in pensione (16%), affette da gravi malattie o disabilità (16%), e anche coloro che si occupano di bambini o disabili (10%) . Le donne costituiscono la maggioranza di questo gruppo (il 60%). Complessivamente, quasi 8 persone su 10 degli inattivi, il 78%, ha dichiarato di non voler lavorare.



Il livello di istruzione sembrava svolgere un ruolo – spiega Eurostat – in quanto la percentuale di persone inattive nell’UE scende se i livelli di istruzione nel Paese aumentano.

Nel corso del 2016 quasi la metà (circa il 47%) di persone inattive di età compresa tra i 15 e i 64 anni aveva un livello di istruzione scarsamente bassa, questa quota scende al 24% per coloro che hanno un livello medio di istruzione e si abbassa al 12%
per chi ha un’istruzione superiore. Il più alto numero di inattivi – spiega l’indagine – si trova in Italia. Il più basso? In Svezia.



L’Italia (35,1%) ha registrato la più alta percentuale di persone al di fuori del mercato del lavoro. Seguono Croazia e Romania (entrambi 34,4%), Belgio (32,4%) e Grecia (31,8%)

La quota più bassa è stata registrata in Svezia (17,9%), davanti alla Danimarca (20,0%) e ai Paesi Bassi (20,3%). Va notato che la percentuale di persone economicamente inattive è più elevata tra le donne, anche se le proporzioni cambiano di Stato in Stato.