A causa del calo delle nascite nel 2065 in Italia vivranno 7 milioni di persone in meno rispetto ad oggi. È la stima diffusa dall’Istat nel report dal titolo ‘Il futuro demografico del Paese’. Secondo l’istituto nazionale di statistica la popolazione residente precisamente sarà pari a 58,6 milioni nel 2045 e a 53,7 milioni nel 2065.
La perdita rispetto ai 60,7 milioni di residenti del 2016 sarebbe di 2,1 milioni di residenti nel 2025 e di 7 milioni nel 2065. L’Istat precisa poi che, tenendo conto della variabilità associata agli eventi demografici, la stima della popolazione al 2065 oscilla da un minimo di 46,1 milioni a un massimo di 61,5. Ma è quasi certo un calo. La probabilità di un aumento della popolazione residente in Italia al 2065 è pari al 7%.
Il numero di residenti scenderà drasticamente soprattutto a causa del numero insufficiente di future nascite, che non riusciranno a compensare i decessi. Nel 2065 l’età media della popolazione residente in Italia passerà dagli attuali 44,7 a oltre 50 anni del 2065. Secondo il report dell’Istat «il processo di invecchiamento della popolazione è da ritenersi certo e intenso».
L’Istat certifica anche che nei prossimi anni assisteremo in modo evidente ad uno spostamento del peso della popolazione dal Mezzogiorno al Centro-nord del Paese. Secondo le previsioni, nel 2065 il Centro-nord accoglierebbe il 71% di residenti contro il 66% di oggi mentre il Mezzogiorno invece arriverebbe ad accoglierne il 29% contro il 34% attuale. La probabilità che la popolazione del Centro-nord abbia nel 2065 una popolazione più ampia rispetto a oggi è pari al 31%, mentre nel Mezzogiorno è pressoché nulla.
È previsto anche un innalzamento della vita media, che entro il 2065 crescerebbe fino a 86,1 anni per gli uomini e fino a 90,2 anni per le donne (80,1 e 84,6 anni nel 2015). Anche la fecondità è prevista in rialzo, da 1,34 a 1,59 figli per donna nel periodo 2016-2065 Tuttavia, precisa l’Istat, l’incertezza aumenta lungo il periodo di previsione e la prospettiva di un pur parziale recupero della fecondità non basterà a determinare un numero di nati sufficiente a compensare l’aumentato numero di defunti.
(Foto: FRANCO SILVI / ANSA)