La pulizia etnica nella Repubblica Centrafricana

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Un paese devastato in pochi mesi da un ciclo di violenze che i francesi dovevano fermare e che invece assecondano

Più di un quarto degli abitanti del paese è fuggito dalle proprie case e nelle ultime settimane è partita la pulizia etnica condotta dai cristiani ai danni dei musulmani, mentre le forze francesi che avevano l’ordine di fermare le violenze appaiono assecondare gli improvvisati crociati centrafricani.



ACCUSE NETTE E DOCUMENTATE – L’accusa arriva da Amnesty International, ma è confermata da diverse fonti sul campo e persino da un video molto esplicito (di seguito) nel quale si vede tale «caporale Alfred Rhombot» guidare un gruppo male in arnese di pericolosi cacciatori di musulmani e coordinarsi con i militari francesi, che invece di disarmare quelli come lui sembrano servirsene per sloggiare i miliziani dell’alleanza Selek, anche se il risultato è andato oltre le previsioni e ora nella capitale del paese i musulmani sono rimasti in pochi e nel resto dell’Est del paese a maggioranza cristiana quelli che possono fuggono e quelli più reattivi sono già fuggiti tempo fa.



I Seleka sono un insieme di gruppi armati originari dell’Est del paese a maggioranza musulmana, che l’anno scorso sono riusciti a mettere in fuga sia l’ex-dittatore Bozizé che il contingente sudafricano, che pur corposo e pronto ad essere rimpolpato è stato attaccato unico tra i contingenti di pace già presenti nel paese. Fuggito il dittatore e ritirati i Sudafricani la palla è passata a Parigi, che per conto suo ha sempre tenuto il controllo dell’aeroporto della capitale e dei quartieri dove si concentrano gli interessi francesi. Rimpatriati gli europei, l’aeroporto è così diventato il più vicino campo-profughi in prossimità della capitale. Al potere andava allora un governo di transizione presieduto da un rappresentante dei Seleka, che però non aveva alcun controllo sulle milizie della composita alleanza e ancora meno sulle articolazioni inesistenti di uno stato che non esiste da tempo.



 

ERANO CONOSCIUTI – Che genere di truppa fosse si sapeva da prima, l’Est del paese sfuggiva ormai da anni al controllo di un governo che si consumava sulle promesse mai rispettate di una transizione democratica. Le stesse milizie avevano occupato intere città minerarie già nel 2012 e le avevano trasformati in feudi di questa o quella banda, senza che peraltro a nessuno venisse in mente di andarle a liberare, nonostante l’inconsistenza militare dei più o meno Seleka. Lasciati liberi con la capitale e il resto del paese a disposizione, non hanno tardato a darsi alla caccia al bottino e, anche se non tutti, hanno presto seminato terrore e saccheggi.

IL PEGGIO ALL’IMPROVVISO – Deciso finalmente l’intervento francese e il supporto di una forza multinazionale africana, il problema sembrava in via di soluzione, se non che sono spuntate le milizie anti-Balaka, in pratica milizie cristiane che hanno cominciato a dare la caccia ai musulmani per vendicarsi delle violenze dei Seleka, che pur essendo musulmani non discriminavano per niente e derubavano, stupravano o uccidevano anche i correligionari. In Repubblica Centrafricana l’emergere di una tale contrapposizione religiosa è decisamente una novità, nessuna delle tre guerre civili che hanno scosso il paese nel nuovo secolo è mai stata marcata dal settarismo.

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COME IN RUANDA – La situazione è così degenerata nell’orrore della pulizia etnica e dei linciaggi sulla pubblica via con contorno di torme urlanti e festose mentre il musulmano di turno finiva linciato e vilipeso anche da cadavere. Ora si scopre che buona parte della responsabilità l’hanno le truppe francesi, che non disarmano gli anti-Balaka, che così per quanto male in arnese hanno gioco facile contro la minoranza musulmana, che ha capito la questione ed è scappata in massa. Chi siano gli anti-Balaka si dice che non si sa, anche se in un paese con quattro milioni di abitanti la Francia dovrebbe conoscere tutti per nome e cognome. Si sa e non si dice invece che gli anti-Balaka bbiano la loro spina dorsale in ex militari, favorevoli e ostili al vecchio regime e quindi comunque naturalmente familiari con i francesi, che prima o poi li hanno addestrati tutti.

NEGAZIONISMO UFFICIALE, DISINTERESSE DEI MEDIA – Negli ultimi giorni si è arrivati addirittura a ipotizzare una partizione del paese, ipotesi che Parigi ha scartato seccamente e che quindi non si farà, ma questo limite posto dai francesi non risolve il problema dei crociati, che secondo la neo-presidente Samba Panza «hanno perduto il senso della loro missione», riferendosi forze all’ovvia auto-qualificazione dimilizie nate per contrastare i predoni. Il nuovo governo rifiuta l’idea che ci sia una pulizia etnica in corso e lo stesso fa Parigi, anche se la migrazione di massa sotto gli occhi di operatori dell’informazione e delle ONG non può che essere considerata un dato di fatto incontestabile e acclarato.

SI POTEVA EVITARE – Ora sul terreno sono dispiegati 1.600 soldati francesi (non sono mai stati meno di 800) e 5.400 del contingente panafricano sotto egida ONU (MISCA), la milizia Seleka era composta di un numero imprecisato tra i 1.000 e i 2.000 guerriglieri male in arnese. L’esercito locale contava 3.500 effettivi, ma se solo i francesi avessero voluto ne avrebbero avuto facilmente ragione. Così come non avrebbero avuto difficoltà a disarmare tutte e  due le fazioni prima di spingere i Seleka verso Est e lasciarsi dietro gli anti-Balaka a far strage di musulmani. Un bel disastro per monsieur Hollande, che in Mali aveva raccolto applausi e che ora rischia di passare per un criminale cinico e irresponsabile.

CHI COMANDA È RESPONSABILE –  L’accusa alla Francia da parte di Amnesty International è chiara e netta ed è quella di complicità nella commissione di crimini contro l’umanità, aggravata dal mandato ONU che Parigi in questo modo tradisce malamente. ONU che per bocca delle sue agenzie non nasconde la gravità della situazione umanitaria, che parte dalla necessità di fornire assistenza alimentare immediata a 1,3 milioni di centrafricani riparati nei campi profughi. Purtroppo l’attenzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU si scontra da un lato con la pretesa francese di essere l’unica fonte ad avere voce in capitolo sul destino della sua ex-colonia, dall’altra dal fatto che il veto francese in Consiglio di Sicurezza dell’ONU assicura che da quella fonte non verrà mai un documento critico verso le azioni di Parigi.