Quanto costa all’Italia Malpensa?

Categorie: Economia

Dal 1990 ad oggi per lo scalo della brughiera sono stati messi a disposizione nove miliardi di euro, la maggior parte di soldi pubblici per la costruzione d'infrastrutture, di ferrovie, per l'acquisto delle case sorte nelle vicinanze dello scalo. Eppure sono ancora molti i nodi da sciogliere come quello ambientale e quello legato agli esuberi nel catering

L’aeroporto di Milano-Malpensa rischia di diventare un monumento allo spreco. Monumento dotato stranamente di un inno, scritto da Cochi e Renato. Ma a differenza di quanto cantato dai due artisti lombardi, l’aerostazione non sembra piacere all’aeroplano che anzi negli ultimi anni ha causato solo problemi per via della posizione infelice e della scarsa utilità di uno scalo nato per diventare un hub e sopravvissuto solo grazie al taglio imposto all’aeroporto di Milano-Linate dal decreto Bersani del 2001.



IL NODO LINATE – Se non ci fosse stato il provvedimento che limita il numero di partenze ed arrivi al Forlanini, oggi forse Malpensa sarebbe stato steso dal mercato, lo stesso mercato che ha costretto l’Italia a tenere aperto Linate e non limitarlo alla sola navetta Milano-Roma, che a sua volta sta perdendo colpi a causa della concorrenza con l’alta velocità. La compagnia di Abu Dhabi Etihad sembra abbia chiesto al governo italiano di liberalizzare i movimenti nello scalo posto a sette chilometri da piazza Duomo scatenando la reazione furiosa della Regione Lombardia che per bocca del presidente Maroni ha sospeso l’ingresso nell’azionariato di Sea, la municipalizzata dei trasporti aerei.



I PALETTI CHE FRENANO LO SCALO – Perché? Semplice, con un Linate troppo forte che magari potrebbe portare a collegamenti diretti con Abu Dhabi bypassando Malpensa si rischierebbe la morte di uno scalo che già oggi non gode di ottima salute anche a causa dell’abbandono di competitor che sembravano ambiziosi ma che si sono trovati costretti a gettare la spugna. Parliamo dell’indiana Jet Airways, di Singapore Airlines che sperava di volare verso New York da Malpensa, di Emirates che è stata bloccata dal Tar per il suo collegamento da Malpensa a New York dietro un ricorso di Alitalia, ricorso rigettato dal Consiglio di Stato. Ed oggi gli italiani sono costretti a fare i conti con il costo di un’opera che avrebbe dovuto rivoluzionare il trasporto aereo europeo ma che invece sta lentamente collassando su sé stesso a causa sopratutto della politica.



9 MILIARDI DI EURO – Come spiegato dalla Provincia di Varese, Malpensa è costata fino ad ora 9 miliardi di euro. O 18.000 miliardi circa delle vecchie lire. L’aerostazione, il cui terminal è stato iniziato nel novembre 1990, è costata un miliardo di euro. Un valore comprensivo della terza corsia sulla A8 tra Lainate e Busto Arsizio e dei 95 miliardi di lire stanziati sotto Italia ’90 per migliorare lo stato della Statale 336 della Malpensa che porta direttamente allo scalo. La ferrovia Malpensa Express è costata 340 milioni di euro, pari a 672 miliardi di lire. Il tunnel di Castellanza, destinato all’interramento della linea delle Ferrovie Nord con contestuale raddoppio del binario costò 140 milioni di euro. La Malpensa-Boffalora è costata 164 milioni di euro mentre la Regione Lombardia con le delocalizzazioni nei comuni del sedime ha speso 170 milioni.

I COSTI DEI VARI PROGETTI – La Sea spese poi 300 milioni di euro per la realizzazione del terzo satellite ed era pronta ad investire 437 milioni in altri investimenti come la terza pista. Ci sono anche i 5,2 miliardi di euro, di cui l’80 per cento finanziato dallo Stato, per la realizzazione della Pedemontana, un’autostrada che partirà da Malpensa per collegare lo scalo all’est del Paese. Ci sono i 232 milioni di euro per la linea ferroviaria Arcisate-Stabio necessaria per collegare lo scalo alla Svizzera. Ci sono 115 milioni di euro per il collegamento ferroviario tra Terminal 1 e Terminal 2, ovvero il vecchio scalo oggi destinato al traffico low cost, gli 87 milioni necessari per creare una terza linea ferroviaria che si allacci alla Novara-Milano.

I lavori di ampliamento dell’aerostazione del 2008

 

UNA CATTEDRALE NEL DESERTO? – Il ministro Lupi ha anche promesso 402 milioni di euro per la realizzazione di una nuova linea ferroviaria tra Rho e Gallarate. A questi vanno aggiunti 420 milioni di euro per la variante del Sempione e 419 milioni di euro per il prolungamento della superstrada da Boffalora alla Tangenziale Ovest. Ed è così che si arriva a nove miliardi di euro. Ma torniamo un attimo indietro per arrivare alle delocalizzazioni. Perché Regione Lombardia ha pagato i residenti in prossimità dello scalo per mandarli via lasciando così le abitazioni abbandonate e ormai rese inospitali per via del rumore e dell’inquinamento causato dagli aerei. Parliamo di 555 unità, di cui 21 non residenziali, acquistate in due tranches nel 2001 e nel 2007.

LE CASE COMPRATE ED ABBATTUTE A SPESE DELLA REGIONE – Alcune di queste sono state riutilizzate mentre per la maggior parte di queste si è aperto un problema, quello della demolizione. E quindi, dopo aver speso 180 milioni di euro di soldi pubblici, Regione Lombardia ha dovuto pensare ad una soluzione. Ininsubria ci spiega che lo scorso 9 aprile la Regione ha siglato una convenzione con i comuni di Somma Lombardo, Lonate Pozzolo e Ferno per l’abbattimento degli edifici situati nelle aree de-localizzate prossime allo scalo di Malpensa. L’assessore al territorio Viviana Beccalossi ha spiegato che con questa convenzione si risolve il degrado e l’abusivismo che caratterizzano queste case chiuse da anni e ormai occupate dai senzatetto. Le demolizioni saranno a carico di Aler Varese e costeranno 3,9 milioni di euro.

IL RUOLO DI ALER VARESE – Altri soldi pubblici necessari per porre una pezza dopo il caso della delocalizzazione. Inoltre Aler dovrà confrontarsi con i comuni interessati per definire gli interventi. La speranza è che si arrivi alle prime demolizioni entro il 2014. E se pensiamo che il primo bando era del 2001, potremmo dire che ci sono voluti 13 anni per vedere la prima casa buttata giù. Peraltro l’elenco degli immobili, definito nella precedente riunione di comitato, potrà essere modificato su proposta dei Comuni in base «a sopravvenute esigenze del territorio». Ed i sindaci interessati hanno chiesto all’assessore di assumere la regia del futuro dell’area. Ma questa non è l’unica emergenza ambientale che riguarda Malpensa. Anzi, la Commissione Europea ha posto il suo sguardo su un altro problema sottaciuto che rischia di costare caro al nostro Paese.

LE MANCATE TUTELE AMBIENTALI – Lo scalo della brughiera è posto all’interno del «Parco naturale lombardo della Valle del Ticino». E l’azione dei velivoli nell’area ha portato ad una grave conseguenza ambientale. Parliamo del bosco di Quintivalle. Come spiega La Stampa, l’area è anche denominata Brughiera del Dosso ed è composta da 200 ettari di terreno di proprietà dell’imprenditore milanese Umberto Quintavalle. Ed all’interno di questa sono morti 100.000 alberi dal 1999 ad oggi. E Bruxelles a questo proposito ha lanciato un ultimatum all’Italia. O si fa qualcosa entro i prossimi due mesi per ridurre l’impatto ambientale dell’aeroporto, o verrà avviato un procedimento presso la Corte di giustizia europea. Quintavalle citò in giudizio la Sea ed il ministero dei Trasporti, entrambe condannate in primo ed in secondo grado ad un risarcimento di 8 milioni di euro.

L’ULTIMATUM DI BRUXELLES – A giorni arriverà la sentenza definitiva della Cassazione accompagnata da un documento della Commissione Europea che segue la messa in mora dell’Italia da parte della Commissione, avvenuta il 2 luglio 2012.

«per non aver adottato le opportune misure per evitare il degrado e per la conservazione di un territorio compreso nel Parco del Ticino , sito d’interesse comunitario»

Perché Bruxelles è irritata dal fatto che in questi due anni nessun attore in gioco ha preso sul serio queste parole con il risultato che non è stata presa nessuna iniziativa a tutela dell’ambiente. E le misure finora prese non sono state definite convincenti.

I LICENZIAMENTI IN SEA HANDLING – Quindi ci saranno probabilmente altri 8 milioni di euro che si aggiungono ai 3,9 milioni, senza dimenticare i costi necessari per mitigare l’impatto ambientale dello scalo. E se non si farà niente, ecco che arriverà la Corte di Giustizia europea. Un altro problema è dato dalle agitazioni dei lavoratori. In attesa di una soluzione relativa a Sea Handling, nonostante siano pronte 2.30014 lettere di licenziamento necessarie per salvare l’azienda che verrà chiusa il 30 giugno, come spiega Repubblica, per rinascere come Aviation Handling. Un modo per evitare di pagare la multa imposta da Bruxelles di 452 milioni di euro a causa di quelli che sono stati definiti aiuti di stato illegali. Secondo il piano rimarrebbero fuori 300 persone destinate al pre-pensionamento, 1.700 entrerebbero nella nuova società e 300 dovrebbero essere usati per la vigilanza.

IL LAMENTO DEL SETTORE CATERING – Il tutto costerà alla Sea circa 25 milioni di euro. Ma il futuro della nuova compagnia dipenderà sopratutto dalla concorrenza di altri attori come Aviapartner o dai contratti siglati con le singole compagnie, nella speranza però che nel frattempo non cambino le carte in tavola come potrebbe accadere ad esempio in un accordo tra Etihad ed Alitalia. E qui entriamo in un altro problema, ovvero quello delle imprese di catering che denunciano su Malpensa un calo del lavoro del 90 per cento. Non si esagera, visto che si è passati da 30.000 pasti preparati al giorno a 3.000. La Provincia di Varese racconta la storia dei dipendenti della Lsg Sky Chefs, in cassa integrazione a rotazione.

MANCANO I VOLI – E dire che all’inizio erano in 560. Dal 2008 sono 320. Il contratto di lavoro è a tempo pieno ma lo stipendio è di 750 euro al mese. Ed a fine anno non sarà più possibile usufruire della cassa integrazione. E qui si parla delle speranze cancellate, dalla partenza di Jet Airways al blocco di Singapore Airlines, all’abbandono di Lufthansa Italia, all’addio di Jal ed al proliferare nello scalo delle low cost che non servono pasti a bordo. Il blocco di Emirates su New York porterebbe anche ad un ricavo ridotto di 2 milioni di euro per la Airchef Data, già Servair, con una procedura d’esubero per un terzo del personale. In tutto questo emerge però un dato a dir poco interessante, se non addirittura sorprendente. Perché è vero che Malpensa finora è stata pagata con i soldi pubblici, ma è altrettanto vero che il mercato ha dato un’insperata via d’uscita.

UNA CRESCITA A SORPRESA – Secondo le notizie diffuse da Ttg, il 18 giugno debutterà il volo no-stop Milano-Toronto gestito da Air Canada con cinque frequenze settimanali. Dal 16 giugno Singapore Airlinea invece collegherà quotidianamente la città asiatica con Malpensa. Air China aumenta la rotte verso Pechino a cinque giorni a settimana mentre il collegamento con Shanghai diventa quotidiano. Delta andrà ad Atlanta da fine maggio a metà settembre, entra Tokyo e ci sarà anche Miami, curato da American Airlines, da fine maggio a metà settembre. Segno che nonostante tutto c’è la possibilità di fare qualcosa di buono. L’Istituto Bruno Leoni, ripreso dal Corriere della Sera, ha poi riferito che per Malpensa ad aprile si è visto un incremento di passeggeri pari al 33 per cento rispetto allo scorso anno.

PRIVATIZZARE SEA E LASCIAR FARE AL MERCATO, PERCHÉ NO? – Quest’aumento è stato accompagnato dalla crescita di Linate, salito del 14 per cento. Grazie ad Emirates ed al collegamento con New York i transiti sono aumentati del 50 per cento. I voli intercontinentali hanno fatto registrare un aumento dell’11 per cento mentre le rotte per l’est Europa sono salite del 9,8 per cento, con un aumento a marzo del 2,6 per cento, dato rilevante visto anche il calo di Alitalia del 30 per cento. La crescita di Malpensa e Linate dimostrano come i due aeroporti possano coesistere. La mossa suggerita dall’istituto Bruno Leoni è di privatizzare Sea e di mettere gli scali in competizione l’uno contro l’altro perché la politica ha portato a limitare il più piccolo, estremamente forte sul mercato europeo, ed a essere ostaggio delle compagnie il secondo. Il mercato chiede provvedimenti e dimostra che entrambi gli scali potrebbero sopravvivere. A questo punto la decisione dovrebbe essere quantomeno semplice, almeno per rendere Malpensa profittevole e non più una zavorra sulle casse italiane.