Quelli che rivendicano l’indipendenza del Territorio Libero di Trieste

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Il Movimento Trieste Libera si appella al trattato di pace di Parigi del 1947 nel quale veniva istituito il TLT richiedendo che venga rispettato quanto prescritto dal documento non riconoscendo il trattato di Osimo per sfruttare il porto che diventerebbe zona franca smettendo di pagare le tasse all'Italia

Venerdì 25 aprile l’Italia ha celebrato il sessantanovesimo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale. Ma nel descrivere i turbini secessionisti che negli ultimi mesi hanno interessato varie parti del nostro Paese, da nord a sud, emerge quasi il rischio che l’integrità politica dell’Italia sia messa in discussione da una politica che non riconosce le esigenze dei campanili. O più semplicemente, non se n’è mai occupata. Ed è quello che sta accadendo in molte zone d’Italia, tra cui Trieste.



VOGLIA D’INDIPENDENZA – E se il referendum per l’indipendenza del Veneto ha conquistato i titoli delle principali testate italiane e straniere, con i promotori lamentano un’attenzione inesistente da parte di Roma nei confronti di piccoli imprenditori schiacciati dalla crisi che vedono come unica uscita l’autodeterminarsi a casa propria sperando di riuscire ad aggredire il mercato con prodotti di qualità a basso costo senza il gravame delle tasse, esistono altre storie sottaciute di ordinaria secessione quotidiana. L’obiettivo? Staccarsi dal carrozzone Italia sfruttando la propria storia e le proprie conoscenze per affrontare le sfide del futuro, la crisi economica e la disoccupazione alla ricerca di un nuovo miracolo politico, economico e sociale.



IL RITORNO AL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE – Ed è quello che sta accadendo a Trieste, dove si moltiplicano coloro che chiedono il ritorno del capoluogo giuliano al periodo immediatamente post-bellico, quando la regione, contesa tra Italia e Jugoslavia, divenne di fatto un nuovo Stato, facente parte dei beneficiari del piano Marshall, chiamato Territorio Libero di Trieste. Il costituendo Stato venne previsto dagli accordi di Parigi e doveva rappresentare un’entità neutrale di 738 chilometri quadrati e 375 mila abitanti di nazionalità italiana, slovena e croata, che si estendesse dal Timaso al Quieto, in Istria. Al suo interno era diviso in due zone, la A e la B.



UN PO’ DI STORIA – La prima, comprendente Trieste e Muggia, veniva amministrata dal Governo Militare Alleato. La seconda, che includeva l’Istria, fu posta sotto l’amministrazione dell’esercito jugoslavo. Secondo il trattato di Pace imposto all’Italia l’integrità e l’indipendenza del costituendo stato sarebbe stato garantito dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Tuttavia le Nazioni Unite non diedero mai vita all’entità tanto che non venne mai nominato un governatore per il Territorio Libero di Trieste, anche a causa della rottura, avvenuta l’anno dopo, tra Tito ed il Comintern sovietico. La zona B, già di fatto amministrata dalla Jugoslavia divenne parte di quello stato ed i partigiani dalla stella Rossa cercarono il colpo grosso occupando Trieste al grido di “Trst je nas”, Trieste è nostra.

LA DIVISIONE DEL TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE – Nel 1954 venne stilato il Memorandul di Londra che stabilì la spartizione provvisoria del TLT tra l’Italia e la Jugoslavia, spartizione che venne resa definitiva dal trattato di Osimo nel 1975. Questa storia, spesso sconosciuta nel resto d’Italia, viene riportata sugli altari della cronaca del movimento Trieste libera che di fatto non ha mai riconosciuto né il Memorandum di Londra né il trattato di Osimo. E la motivazione di questa voglia di andare via dall’Italia viene resa chiara dalle colonne di Triestelibera, dove si spiega che bisogna far fede a quanto specificato nel trattato di Pace di Parigi del 1947 che stabilisce la nascita di un nuovo Stato avulso dall’Italia e dalla Jugoslavia. Peraltro la Zona B oggi è divisa tra Slovenia e Croazia, ed è giusto ricordare che al momento della costituzione di questi due paesi Roma ha garantito il rispetto del trattato di Osimo.

COSA ACCADREBBE CON UN TLT INIDPENDENTE – Con la nascita di una Trieste indipendente, spiega Roberto Giurasante, non si avrebbe Equitalia, la benzina costerebbe meno di un euro al litro, l’Iva sarebbe bassa, non ci sarebbe un sindaco ma un governatore ed il porto darebbe lavoro a tutti. E non si tratta di utopia ma di una realtà che si può prendere per mano a partire dal trattato del 1947. Nel giugno 2013 vennero raccolte 8.000 firme con le quali veniva chiesta la nomina di un governatore da parte dell’Onu ed il ripristino dell’amministrazione civile provvisopria. E la protesta risale direttamente al 1954, ovvero alla firma del Memorandum di Londra ed al passaggio della Zona A dal Governo Militare Alleato all’Italia.

IVA AL 7 PER CENTO – L’Italia non ha attuato un’amministrazione civile provvisoria prevista da quel trattato. Per questo gli attivisti denunciano le azioni illegali compiute da Roma ai danni del TLT, riconosciuto dal trattato del 1947 come uno Stato indipendente. Per questo è scorretto parlare di secessione. Perché in reaktà si chiede l’attuazione del trattato di Pace. Nel TLT le tasse italiane non varrebbero e diventerebbe un’area de-fiscalizzata con obbligo di pagamento delle sole imposte necessarie al funzionamento dell’amministrazione locale. Il porto franco di Trieste diventerebbe il primo scalo del Mediterraneo, l’Iva sarebbe unica al 7 per cento e le tasse scenderebbero dall’attuale 50 al 20 per cento per poi attestarsi al 15.

LA QUESTIONE GIURIDICA – Prima però l’Italia dovrebbe nominare un governatore ad acta e con la costituzione del Tlt si arriverebbe al governatore nominato dall’Onu. Le lingue ufficiali sarebbero, infine, l’italiano e lo sloveno, come specificato dal trattato di Parigi. La posizione è forte e c’è anche chi è pronto ad obiettare che secondo quanto stabilito dal trattato di Osimo nel 1975, Trieste è italiana, senz’altro da aggiungere. L’Indro, a questo proposito, ha intervistato Stefano Ferluga, Presidente di Trieste Libera, secondo cui il passaggio del capoluogo giuliano all’Italia rappresenta una specie di equivoco geopolitico. Il trattato di Osimo non venne dibattuto preventivamente in Parlamento, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 80 della Costituzione Italiana. Inoltre non è mai stato ratificato all’Onu dall’ex Jugoslavia.

UNA STORIA PARTICOLARE – E tuttavia resta un accordo di buon vicinato bilaterale che non può sovrapporsi ad un Trattato di Pace imposto all’Italia. Inoltre, continua Ferluga, il trattato di Osimo contrasta con gli articoli 110 e 117 della Costituzione e non comprende la parola “sovranità”. E l’uscita di Trieste dall’Italia non è un capriccio ma un tentativo secondo i promotori di restituire la città al suo passato, partendo da un affermazione dello storico Paolo Rumiz secondo cui la Trieste del 1913, ai tempi del dominio austriaco, fosse più progredita di quella attuale. Un ritorno al passato si è avuto con il TLT ma al ritorno della città in Italia è avvenuto il disastro.

L’ESODO CONTINUO – Tra il 1954 ed il 1961 30.000 triestini se ne andarono ed oggi ogni anno vanno via 3.000 persone con una perdita nel periodo 2008-2013 di 10.000 posti di lavoro. E Ferluga ha ribadito che nella loro azione non c’è alcun sentimento anti-italiano in quanto si rivendica l’italianità della città. Solo, si vuole che venga rispettato, almeno questa è la loro lettura, il trattato di Pace del 1947. Con una Trieste indipendente, poi, si potrebbe tornare al passato, ovvero allo sfruttamento del porto franco, 70 ettari di territorio, che potrebbero interessare notevolmente all’Austria che attraverso un accordo commerciale ritroverebbe lo sbocco sul Mediterraneo perso dopo la prima guerra mondiale.

LA CONFERMA DEL TRATTATO DI PACE – Il Movimento Trieste Libera quindi, a differenza di quanto fatto dai serenissimi ad esempio o dagli indipendentisti friulani, non ha la minima intenzione di prodursi in un Referendum ribadendo quello che per loro è pacifico, ovvero che Trieste è di fatto indipendente dal 1947 e che al momento è occupata dagli italiani. Una ricostruzione però respinta da Fabio Spitaleri, ricercatore di diritto dell’Unione Europea presso l’Università di Trieste, ripreso da Repubblica-Limes, secondo cui eventuali ricorsi ad organismi internazionali, ammessi da una sentenza del Tar del Friuli-Venezia Giulia che aveva respinto la richiesta d’annullamento delle Elezioni amministrative del 2013 ai sensi degli accordi transnazionali.

LO SCIOPERO FISCALE – Secondo Spitaleri esistono due tesi prevalenti sull’argomento. La prima sostiene che le potenze internazionali abbiano tacitamente accosentito ai provvedimenti del Memorandum di Londra e del trattato di Osimo, la seconda è che di fatto le prescrizioni del trattato del 1947 non sono mai state esaudite. Di fatto il TLT non è mai sorto e Trieste in realtà sarebbe stata governata dagli alleati. Ma parliamo di dottrine storiche che si frappongono alle carte in mano ai militanti. Militanti che come spiega La Stampa, dal 10 febbraio scorso hanno iniziato uno sciopero fiscale, a compimento di una manifestazione svoltasi nel settembre 2013 alla quale hanno sfilato seimila persone per chiedere l’istituzione del Porto Libero di Trieste.

LA SENTENZA FAVOREVOLE – Peraltro alle amministrative del 2013 800 persone si sono presentate al seggio dichiarando la non legittimità del voto. Un numero importante, come riconosciuto dal consigliere comunale del Pd Pietro Faraguna che ha ricordato come l’elettorato attivo di Trieste sia comunque ridotto. E se entro il 15 settembre l’Onu non nominerà un garante speciale per i diritti del territorio libero, allora ci sarà l’autodeterminazione. E la prova di una situazione alquanto delicata, indipendentemente dai giudizi di facciata, è rappresentata dal fatto che un giudice, Pietro Leanza, come riportato da Giurasante su L’Indipendenza, il 19 marzo 2014 ha riconosciuto che Trieste e la zona A del TLT si trovavano in regime di amministrazione provvisoria fino al 1975.

PROSSIMO APPUNTAMENTO IL SETTE MAGGIO – Ciò significa che per 21 anni, è stato confermato, Trieste non era ufficialmente in Italia. Il 7 maggio lo stesso giudice sarà chiamato a determinare con il suo parere come il Trattato di Osimo non sia stato sufficiente a sovvertire quanto definito dal trattato di pace di Parigi del 1947. In sostanza, se il giudice riconoscerà che tale trattato non è sufficiente potrebbe aprirsi davvero la richiesta di un intervento internazionale. Peraltro sempre dalle colonne de La Stampa si apre alla possibilità della richiesta di un aiuto da parte di un paese estero.

LE QUESTIONI IN SOSPESO – Il trattato in questione poi venne presentato all’Onu nel 1987 da parte dell’Italia, con le Nazioni Unite che di fatto presero atto del documento, come registrato dal segretario. Inoltre al suo interno non si parla di un cambio della sovranità ma solo del rispetto dei confini, della sovranità e dell’integrità delle aree. Ma se viene riconosciuto che l’amministrazione italiana era di fatto alleata. E viene mantenuta l’integrità territoriale ed etnica autorizzando eventuali spostamenti. Ma di fatto non si parla di una divisione o di un cambio di sovranità. O almeno quanto è quanto appare dal documento.

COSA ACCADRÀ – Cosa succederà? Difficile dirlo. Il movimento accoglie una buona partecipazione di persone che confidano in un rilancio della città attraverso lo sviluppo del porto franco e della rivoluzione fiscale che interesserebbe l’area. Tuttavia nonostante nei testi manchi qualsiasi riferimento esplicito al passaggio dei poteri tra GMA e Italia, è esattamente quanto avvenuto il 26 ottobre 1954. Se la magistratura riconoscerà un’eccezione allora si arriverà probabilmente ad un esposto internazionale, e forse sarà necessario affrontare una volta per sempre un capitolo oscuro della storia recente del nostro Paese. (Photocredit Facebook TLT)