Riforma Pa: retromarcia sui prepensionamenti pubblici
10/06/2014 di Redazione
L’idea del governo Renzi di puntare sui prepensionamenti statali per spingere il ricambio generazionale nelle amministrazioni pubbliche è già stata accantonata. Servirà trovare un’alternativa per lasciare spazio ai giovani: come ha spiegato il Corriere della Sera, l’esecutivo ha così frenato sull’«esonero di servizio» di chi è vicino alla fine della carriera, ritenuto «non opportuno». Per i dipendenti pubblici scatterà invece la mobilità obbligatoria, a parità di stipendio ed entro limiti geografici definiti.
LA RETROMARCIA DEL GOVERNO SUI PREPENSIONAMENTI PUBBLICI – Il ministero della Pa, guidato da Marianna Madia, ha così convocato i sindacati per giovedì 12 giugno alle 10.30, per una riunione con il ministro sugli «interventi di riforma della Pubblica amministrazione». Tutto alla vigilia del Consiglio dei ministri che dovrà esaminare il provvedimento, il giorno seguente. Secondo quanto riportato dal quotidiano di via Solferino, tra le bozze circolate del documento che la ministra ha inviato ai sindacati non mancano le novità. Compresa la retromarcia sui prepensionamenti dei dirigenti pubblici:
«Probabilmente è legata alla contrarietà dei lavoratori del settore privato, per i quali non è stato ancora del tutto risolto il problema «esodati». Nel documento inviato ieri Madia scrive che a fronte di un «ritorno marginale» ci sarebbe stato il rischio di «nuove distorsioni». Niente «scivolo» fino alla pensione, dunque. Mentre dovrebbe restare in piedi la cosiddetta «opzione-donna», la possibilità di andare in pensione con i requisiti pre Fornero per le lavoratrici che scelgono il regime contributivo»
OPERAZIONE RICAMBIO GENERAZIONALE – Per lasciare spazio ai giovani, l’esecutivo potrebbe accelerare sull’eliminazione della pratica del «trattenimento in servizio». Ovvero, la possibilità di restare al lavoro per altri due anni, dopo aver raggiunto l’età della pensione. In base alle stime del ministero, si potrebbero così liberare tra i 10mila e i 15mila posti, magari coinvolgendo anche giustizia, sanità e università. Ma tra le proposte c’è anche la possibilità di rivedere le norme sul turnover – oggi possibile al 20%: un’entrata ogni cinque lavoratori che lasciano, ndr – , calcolando il rapporto tra ingressi e uscite non in relazione al numero delle persone, bensì in base agli stipendi. In generale, il governo punta a semplificare le norme, assicurando maggiori ingressi e consentendo alle diversi amministrazioni maggiore discrezionalità nella programmazione. Senza però sforare i vincoli di equilibrio finanziario.
MOBILITÀ OBBLIGATORIA PER I DIPENDENTI STATALI – Stabilite le regole della nuova mobilità, che diventerà obbligatoria. Sarà eliminata per gli spostamenti volontari la necessità del via libera da parte dell’amministrazione di provenienza. Ma non solo: il trasferimento da un ufficio a un altro sarà possibile anche senza l’assenso del lavoratore interessato. Con alcuni requisiti da rispettare: dovrà essere rispettato lo stesso stipendio, mentre lo spostamento dovrà avvenire all’interno di alcuni limiti geografici. Madia ha poi inserito tra i punti della riforma quello del rinnovo del contratto del pubblico impiego, ormai fermo al 2009. Con la promessa che, a riforma completata – dal «prossimo anno» – si torni a discutere della questione, dopo la richiesta sollecitata dai sindacati di categoria.
IL NODO PREFETTURE – C’è da risolvere anche il nodo delle prefetture. Se l’idea del governo era quello di non superare quota 40, limitandosi a una per regione – con qualche deroga nelle aree meridionali della penisola, a maggiore rischio criminalità – , si potrebbe arrivare a un numero maggiore, circa 56. L’esecutivo ritiene invece «necessaria» la misura del dimezzamento dei permessi sindacali.