Roberto Berardi: un caso internazionale dimenticato che l’Italia non sa risolvere

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La famiglia è furiosa con Farnesina e Vaticano, la mobilitazione di politici e media non riesce a tirarlo fuori dalla prigione della dittatura equato-guineana

 Roberto Berardi è detenuto da quasi un anno in Guinea Equatoriale per coprire uno scandalo del regime, il nostro paese non riesce a farsi valere nemmeno contro una dittatura da operetta che regna su appena mezzo milione d’abitanti.



IL KUWAIT D’AFRICA – La Guinea Equatoriale è uno dei paesi più piccoli e ricchi d’Africa, un piccolo Kuwait da quando ha cominciato a esportare petrolio. Il fatto che la dittatura faccia ottimi prezzi e reinvesta l’enorme ricchezza per lo più all’estero, anche pagando principescamente prestigiose società di pubbliche relazioni internazionali e grandi lobbysti statunitensi sembra riuscire nella incredibile impresa di far sparire dalle cronache un sanguinario dittatore che è al potere dal 1978 dopo aver ucciso suo zio che era un dittatore sanguinario pure lui e che aveva in Teodoro Obiang il suo degno capo della polizia.



L’IMMARCESCIBILE TEODORO OBIANG – Oggi Teodoro è diventato un decano dei capi di stato africani e nessuno gli dice niente, anche se i diritti umani in Guinea Equatoriale sono un lusso che lui ritiene non necessario e anche se buona parte dei suoi cittadini, pur potendo vantare un reddito pro-capite da europei vivono in una miseria a livello dei più sfortunati africani. Teodoro ha un figlio omonimo, soprannominato Teodorin, che è noto per lo stile di vita da playboy e per le sue spese folli e che per queste è finito nel mirino della giustizia negli Stati Uniti e in Francia, dove esistono leggi che perseguono i politici stranieri che reinvestono e riciclano denaro frutto di truffe ai danni dei rispettivi paesi o di corruzione.



LA GIUSTIZIA CONTRO LA CORRUZIONE – Alla giustizia dei due paesi è apparso chiaro che Teodorin con il suo stipendio da ministro non poteva aver messo da parte i soldi per una mega-villa a Malibù, per le residenze a Parigi e per il parco-auto che le autorità dei due paesi hanno sequestrato, che comprendeva decine di supercar, compresi pezzi unici o più esclusivi come un paio di Bugatti e altre fuoriserie a tiratura limitatissima e listino di conseguenza. Roberto Berardi ha lavorato a lungo in Africa nel settore dell’edilizia e a un certo punto gli è capitato di essere invitato in Guinea Equatoriale da Teodorin, che aveva apprezzato le sue esecuzioni. Berardi arriva così nel paese, costituisce la società Eloba, chiama personale italiano, investe nei macchinari, fidando che il suo socio al 60% Teodorin avrebbe procurato gli appalti necessari alla buona salute dell’azienda.

L’INCUBO – Le cose però non sono andate come previsto, sia perché quando la mamma di Teodorin ha concesso all’azienda due appalti il figlio è passato immediatamente a incassare gli anticipi in conto dei futuri utili. Poi sono decisamente peggiorate quando Eloba è entrata nel mirino della giustizia internazionale in quanto è risultata veicolo di pagamenti e acquisti di Teodorin. Dai conti di Eloba è uscito ad esempio più di un milione di dollari per comprare memorabilia di Michael Jackson. Denari che sono finiti tracciati dagli inquirenti americani e che fluivano dalle casse di Eloba per scopi che ben poco avevano a che fare con l’attività sociale di Eloba, che a un certo punto per Teodorin a quel punto è diventato più di un imbarazzo. Finisce così che Berardi è accusato di aver sottratto fondi all’impresa, quando invece pare da diverse testimonianze che ce ne abbia messi e rimessi e i tribunali del paese lo hanno condannato a più di due anni di detenzione. A quel punto sono letteralmente fuggiti dal paese, dipendenti e collaboratori italiani e stranieri dell’impresa, che  non hanno mai ricevuto le retribuzioni che già avevano maturato, segno evidente che Teodorin non aveva alcun interesse a mantenere in vita l’Eloba, che infatti è sparita mentre Berardi finiva inghiottito dalla prigione di Bata.

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BERARDI RISCHIA LA VITA – Prigione che non è un bel posto e così in pochi mesi Berardi ha perso 40 chili e non se l’è passata bene, come dimostrano le ultime immagini di sé che è riuscito a registrare con un cellulare. Gli sforzi di perenti, amici ed ex dipendenti nel corso dei mesi sono riusciti a strappare l’attenzione dei media e della politica, ma senza risultato. Le interrogazioni parlamentari si sono spente sulle rassicurazioni di rito di Bonino, mentre la situazione di Berardi peggiorava e insieme ai maltrattamenti gli toccava anche la malaria. Purtroppo pare che il nostro governo non abbia grande interesse a fare pressione su Teodoro, che al contrario del figlio ama il profilo basso e che nemmeno abbia pensato di chiedere la collaborazione dell’Unione Europea o semplicemente fare la voce grossa contro una delle peggiori dittature del pianeta, una grande democrazia con 60 milioni d’abitanti tiene le orecchie basse persino con la piccola Guinea Equatoriale di Teodoro. Peggio ancora il Vaticano, che non lo vuole disturbare e che peraltro non ha alcuna difficoltà a riceverlo in udienza papale e gratificarlo agli occhi delle opinioni pubbliche.

LA DINAMICA DELL’INGANNO – In questi giorni gli inquirenti americani sono in Spagna a raccogliere la testimonianza di  José Ramón Alfonsel e di sua moglie Angelines, una coppia sulla sessantina che ha lavorato per Eloba e come gli altri è rimpatriata quando tutto è andato male, perdendo 74.000 euro di onorari. La coppia ha spiegato a El Pais di essere stata ingannata, al pari di Berardi e degli altri lavoratori, e che tutti loro sono stati arruolati semplicemente nel tentativo di coprire il fatto che attraverso Eloba era uno schermo per il riciclaggio del denaro frutto di corruzione e saccheggio della cosa pubblica. La società aveva conti correnti aperti fin da anni prima dell’arrivo di Berardi, che ovviamente è stato tenuto all’oscuro di tutto e che quando ha chiesto lumi perché le inchieste contro Teodorin ed Eloba sono diventate notizie, è finito in galera.

Obiang Nguema villa di Malibu

UN TESTIMONE SCOMODO – Berardi a questo punto è un testimone a carico contro Teodorin e la sua testimonianza interessa molti sia ai francesi che agli americani. Ed è bene tener presente anche che i procedimenti contro Teodorin sono ancora in corso e che i suoi avvocati staranno cercando di difendere e recuperare il patrimonio sequestrato, bloccare un testimone può avere senso. Bloccarlo nella prigione di Bata per di più mette in discussione la sua stessa sopravvivenza, perché Berardi non è nemmeno a metà della pena ed è già al lumicino, le foto del prima e dopo la cura non lasciano dubbi. Nulla esclude poi che a fine pena Berardi possa essere trattenuto ancora, anche se di recente pare gli abbiano ventilato l’idea di una liberazione in cambio di un’assunzione di responsabilità. L’assedio dei procuratori stranieri è una seccatura per il regime, ma pare un’idea un po’ troppo ingenua quella che un foglio firmato da un Berardi messo così possa avere valore per la giustizia francese o per quella americana.

UN REGIME FORTE – C’è da sperare che si tratti di un segno di cedimento del regime, le speranze sono che il vecchio Teodoro non apprezzi il troppo rumore e che intervenga per chiudere la vicenda, l’ipotesi che qualche cancelleria faccia la voce grossa e lo indichi al ludibrio internazionale,  non sembra contemplata. Figurarsi l’idea che qualcuno lo minacci, non ci pensa nessuno, anche se militarmente la Guinea Equatoriale è decisamente scarsa. Negli anni scorsi ha sventato un golpe organizzato con qualche decina di mercenari perché li ha arrestati Mugabe in Zimbabwe, mentre più tardi due barche di pirati del Golfo di Guinea sono sbarcati e hanno quasi raggiunto il palazzo presidenziale prima di decidere di tornare indietro con quello che hanno razziato.

UN REGIME DEBOLE – Teodoro può contare solo sulla sua polizia e sulla guardia presidenziale, che si dice composta di mercenari marocchini, niente che possa inquietare nemmeno il più scarso degli esportatori di democrazia. Considerazione da non intendersi come auspicio di un intervento armato, ma come constatazione di come certi vuoti di democrazia, all’apparenza colmabili senza nessuno sforzo, manchino d’attirare l’attenzione sia delle coalizioni dei volenterosi che di singoli campioni della democrazia come la Francia, che gestisce la moneta del paese, o come gli Stati Uniti, che con la EXXON fanno la parte del leone nell’estrazione petrolifera. Evidentemente un regime change non è in programma. I nostri diplomatici e i nostri parlamentari evitano anzi di fare riferimento sia alla vicenda di Eloba («Senza entrare nel merito della vicenda giudiziaria»), non si sa mai che i due Teodoro la prendano male e allora addio Berardi.