I Pm hanno chiesto nove anni di reclusioni per Roberto Formigoni, imputato nel processo sul caso della Fondazione Maugeri. Secondo l’accusa il faccendiere Pierangelo Daccò e l’ex assessore lombardo Antonio Simone sarebbero stati «il borsellino» attraverso il quale l’allora governatore lombardo avrebbe usufruito di una serie di benefit di lusso, tra cui «viaggi ai Cairabi e barche con tanto di champagne a bordo».
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Il celeste, secondo l’accusa, avrebbe «sperperato 70 milioni di euro di denaro pubblico con un grave danno al sistema sanitari» con una corruzione lunga «10 anni». Secondo i pm di Milano Laura Pedio e Antonio Pastore Formigoni merita una condanna di 9 anni, senza attenuanti. Perché – spiegano nella lunga requisitoria durata tre udienze – avrebbe gestito la cosa pubblica sottraendosi alle domande degli inquirenti e mentendo nelle sue dichiarazioni spontanee. E lo ha fatto, ha aggiunto Pedio «qua in aula da senatore della Repubblica e da presidente della Commissione Agricoltura».
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L’ex governatore lombardo dopo la richiesta ha commentato: «Quello del Pubblico Ministero è un teorema fantascientifico, una vera fiction senza alcun riferimento alla realtà e senza alcuna prova. Il teorema dei pm raggiunge le vette del ridicolo quando si sofferma sulle cosiddette utilità. Basti un esempio: essere ospitato su una barca per alcuni giorni ha coinciso, per i pm, con il diventare proprietario della barca stessa».
In base all’impianto accusatorio emerso in aula dalle casse della Fondazione Maugeri sarebbero usciti circa 61 milioni di euro tra il ’97 e il 2011 e dalle casse del San Raffaele, tra il 2005 e il 2006, altri nove milioni di euro. Si tratterebbe di soldi confluiti nelle società di Daccò e Simone, che avrebbero garantito circa otto milioni di euro in benefit a Formigoni. Il resto del sistema – spiegano gli inquirenti – avrebbe permesso a Formigoni di garantire rimborsi indebiti (circa 200 milioni di euro per la Maugeri). Per Daccò e Simone l’accusa ha chiesto 8 anni e 8 mesi di carcere mentre sono stati chiesti 8 anni e tre mesi per l’ex direttore amministrativo della Maugeri, Costantino Passerino, 5 anni e sei mesi per l’ex dg della sanità lombarda Carlo Lucchina, per Nicola Maria Sanese, ex segretario generale del Pirellone, e per l’imprenditore Carlo Farina. Cinque anni per Perego, 6 anni per Alessandra Massei, ex dirigente regionale, 2 anni e otto mesi per Carla Vites, ex moglie di Antonio Simone. L’accusa ha anche chiesto le confische di beni mobili (anche quattro quadri di Formigoni) e immobili per svariati milioni di euro.
Secondo il quadro ricostruito dalla procura di Milano il “Celeste” avrebbe goduto di «uso esclusivo» di yatch, con tanto di «cabine riservate» e personale a disposizioni per un totale di circa 4,7 milioni di euro. A ciò si aggiungono cinque viaggi ai Caraibi e un finanziamento da 600mila euro per una campagna elettorale nel 2010.
Nella tesi del pm Pedio c’è anche la scena definita «agghiacciante» in cui «un Presidente che consegna buste di contanti a un direttore di banca nel Palazzo della Regione e si raccomanda di non versarli sul suo conto ma su un conto di ‘transito’».
Tra il 2002 e il 2012 spiega l’accusa «i conti del Presidente sono rimasti silenti. Lui non si comprava neanche un vestito, non si pagava neanche un aereo per andare in Sardegna a godersi la sua bella barca». Il processo continua il 5 maggio con gli interventi delle parti civili e Formigoni che si difenderà il 16 maggio.
(in copertina foto ANSA / MATTEO BAZZI)