Tutto quello che avreste voluto sapere su Roberto Saviano. E non avete mai chiesto

A nessuno. Tantomeno a Napoli e dintorni, quella che conoscete come Gomorra. Ecco cosa si pensa, tra i furbetti “interessati ai fatti” dello scrittore partenopeo 

Che ci crediate o meno, Saviano su Google già vale poco. Appena cinquanta centesimi, a giudicare dall’annuncio birbante che di recente lì è apparso. Che quel che succeda su rete capiti poi anche sui media ufficiali, come quel detto che fa “quel che succede in Amerika oggi è in Italia domani” ?. Chissà. Io lo chiedo alla gente, a Gomorra, cosa in realtà pensino di Roberto Saviano, scrittore da milioni di copie vendute, un primo posto nella classifica dei libri in un paese dove nessuno legge.

PER LA STRADA – Conosci Roberto Saviano? E’ la mia edicolante. Sembra sicura. “Non è proprio uno sconosciuto”, si schernisce orgogliosa. Ha pensato le dessi dell’ignorante. E’ la prima cosa cui qui si pensa quando si fanno domande. L’unica accusa che qui non si regge è quella: di tutto il resto si parla tranquillamente. Perché ha la scorta ? Non parla. Sbircio la mercanzia. Mi viene in mente che Saviano sia per la camorra ciò che per l’amore sono i romanzetti rosa: una apologia sudiciona, trucida e tormentata in uno scenario stupendo. Qui però piove. Sono stato troppo tempo in questo posto. Perché forse è un simbolo ? “Come fa ad essere simbolo. Come fa a guidare uomini e donne. Che ne sa lui della vita. E’ solo un ragazzo”. Mi allontano, tanto non compro i giornali. Con la voce m’insegue: “simbolo solo di uno che ce l’ha fatta”. Solita invidia. Vado altrove.

RETORICA – La maestra di mia figlia è lapidaria: ha una classe cui badare, addosso. “Un po’ troppa retorica”, mostrandomi il profilo buono come se la risposta se la fosse preparata per Santoro. In effetti anche a me il gridato pellegrinaggio a Casarsa era sembrato moneta falsa. “E quello non cercava aiuto morale, cercava un padre nobile, cercava uno sponsor”. No, non è che quello non fosse il vero urlo di Saviano, peggio. La verità è che ogni uomo ha il suo destino: a Pier Paolo Pasolini rompevano i coglioni da vivo, continuano a romperglieli da morto. Però me lo avalli, l’urlatore scortese scrive bene. “Pure i temi degli alunni corretti dall’insegnante scorrono una bellezza”. Prima che mi dica, oramai dimentica che chi sta urlando è la classe sua, la nostra società civile di domani, cosa stia pensando del milanesissimo editing della gran Mondadori, o mi parli di auto-generatori di libri sul Sud su al Nord, le fo un po’ di retorica, tanto per ricambiare, sui suoi alunni. Non abbocca. “Sono solo futuri padri di figli”. Continuo ad andare decisamente altrove.

“E’ PIU’ BRAVO CHI PITTA PIU’ BELLO” – Da quello che mi ha venduto, in cd, la copia piratata di Gomorra sulla bancarella, a cinque euro. Saviano ? “Il difficile è ripetersi”. Si, ma qui tutti a fargli solo i conti in tasca. E abbiamo capito che ci ha fatto i soldi addosso ma fuori dicono che ci rappresenta tutti.“Impossibile, dottò, che ci rappresenti. Usa colori troppo sgargianti. Qui è tutto molto più grigio, pure il terrore. Si vede che gli hanno dato la scorta perché messo a confronto con noi altri è sembrato un ragazzino spaventato”. Le minacce, che dici, le minacce. “Le minacce ? E quelle, le telefonate anonime, le riceviamo tutti quanti, pure le ragazzine quando si fanno grandi”. Che schifo, il cinismo. Il suo assistente ce l’ha scritto in faccia che adesso è arrivato il momento di quello che ha capito tutto. E’ un sempreverde della dialettica napoletana. “Dottò, ma voi ci avete mai fatto caso che per quello, Saviano, nessuno qui ride ?”. No, è importante ? “Non è veritiero che nessuno sta bene, vi pare. Saviano parla come chi non tiene famiglia. Che è una cosa nel bene e nel male. Lui non è obiettivo. Vede solo disgrazie. Ma piatti a tavola o gioie di figli addo’stanno ? Così chi sta fuori non capisce, non pensa che ci siano ragioni o che spesso ne valga la pena, pensa solo che siamo dei mostri o dei disgraziati. Se non viene fuori che qualche volta siamo pure liberi e felici… “. Liberi ? “Chille non si può fare manco una barba, dottò”, riprende un filo del discorso pericolosamente scivolato via il suo principale. “Quello deve essere sempre Saviano e basta”. Lo fanno uguale ai due ragazzi di Castelvolturno descritti in Gomorra. Una vittima delle fantasie sue e di quelle degli altri. Uno che spara, ca’vocca, ai “colombiani”. “Ma dall’altro lato dei sospiri, risponde mai nessuno alla fine, dottò ?”. E se a lui rispondessero ? “ Quello può avere paura solo di fallire, dottore. La spada fa male, la penna pitta. E più il pittore è bravo, più chi pitta lui è bello”. Mi viene in mente che Giancarlo Siani, in fondo, l’hanno ucciso solo perché, mettendo inciuci, s’era inserito come (attore con la ) spada nell’eterno dialogo tra i clan. Dal di dentro di quelle diplomazie. Mica perché aveva fatto nomi. “Quelli, i nomi, si sanno”, ripete la lezione eterna l’amico che mi ha prestato il cartaceo di Gomorra. E’ la prima cosa che sai, si può dire.

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