Simoncelli è buono perché è morto?

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In Spagna il campione di Moto Gp non era molto amato, come quando ricevette minacce di morte per l‘incidente con Pedrosa; oggi il paese iberico lascia da parte il passato e ricorda Marco



“La vita è meravigliosa, ma a volte puo’ trasformarsi in una vera merda”. Questa frase, poi modificata in “qualcosa di tragico” è la sintesi perfetta per spiegare quanto successo oggi a Sepang, con la morte di Marco Simoncelli. Ed a colpire di più è il fatto che l’abbia scritto As, il maggior quotidiano sportivo spagnolo, nella sua versione on line.



OMAGGIO – I commenti lasciano spazio solo a omaggi ed elogi. “Ci ha lasciato un futuro campione del Mondo”. “Il motociclismo perde uno splendido diamante”. “Oggi ho vissuto un brutto sogno”. “Marco, senza la gente come te le gare sarebbero una noia”. Non è da meno Marca, dove i tifosi lasciano messaggi dal seguente tenore: “Quando muore uno sportivo di questo livello, vuol dire che abbiamo perso una gran persona”. “Con lui la MotoGp perde lo spettacolo dei prossimi cinque anni. Se ne va il nuovo Kevin Scwhantz”. Abc, il quotidiano più vicino alla famiglia reale spagnola, titola in apertura del sito: “Lo ricorderemo tutti”, raccogliendo le voci dei piloti che in passato si sono scontrati con lui. “Ho perso un valoroso avversario. Ricorderò le grandi battaglie”, ha dichiarato Hectòr Barbera, antagonista del Sic in 250. “Non ti dimenticheremo”, il commento di Jorge Lorenzo, assente a Sepang per curare il dito mezzo amputato a Phillip Island.

C’ERA UNA VOLTA LIMONCELLI – Perchè colpisce tanto il fatto che questa riflessione arrivi dalla Spagna? Perchè dalla Spagna sono arrivati in questi ultimi anni gli attacchi più feroci allo stile di Marco. Come affrontava le corse, come si comportava, il suo modo di vedere la vita. Tutto cominciò negli anni di SuperSic in 250, in sella alla Gilera. All’epoca il nostro centauro (il nostro, si) lottava ad armi pari con i due spagnoli Alvaro Bautista ed Hectòr Barbera. Sportellate, gomitate, manovre al limite non solo del regolamento, ma sopratutto del buonsenso, fra tutti e tre. Sic però non si faceva intimidire, ed anzi, restituiva colpo su colpo. I tifosi iberici l’hanno ribattezzato per questo Limoncelli, per canzonarlo, deriderlo, nel tentativo vano di esorcizzare il talento, il coraggio e la decisione di un campione che riusciva ad oscurare gli altri due. Il titolo mondiale 2008, vinto casualmente proprio a Sepang, era il premio di un ragazzo che nonostante le polemiche non era uno da farsi piegare, e riusciva ad andare più veloce anche della pressione.



IL CASO PEDROSA – Quella parola, “Limoncelli”, tornò quest’anno, in MotoGp, in occasione del Gran Premio di Francia a Le Mans. Marco è alle prese con Daniel Pedrosa. Lo spagnolo del team interno Honda cerca di passarlo in staccata. SuperSic tiene, si toccano. Pedrosa va per le terre, con rottura della clavicola, assenza per i tre gran premi successivi e addio ai sogni di mondiale. L’attacco dalla Spagna fu fortissimo. Arrivarono addirittura le minacce di morte, al punto che il box del Sic venne presidiato da due poliziotti. “Non succede, ma se succede…”.

SUPERPIPPO – Oggi Marco se n’è andato, e di colpo i contrasti del passato sembrano spariti. Come se i piloti, i tifosi, il mondo spagnolo del motociclismo avesse capito che se guidava così non era perchè fosse scorretto o subdolo calcolatore, ma solo genuino, vero, generoso. L’ultima testimonianza, rimanere aggrappato alla moto per cercare di recuperarla anziché lasciarla scivolare via, tanto sono caduto, pazienza. “Non c’è nulla da dire. Mi sono visto con suo padre. Ho solo avuto la forza di abbracciarlo”, ha commentato commosso Daniel Pedrosa, quasi a chiudere il cerchio dopo i fatti di Le Mans. C’era il bisogno di un saluto che ricordasse in una sola parola quello che era il numero 58 e cosa ha lasciato al mondo dello sport e ai tifosi del motomondiale. L’ha trovata l’ex campione del mondo classe 500 Alex Criville, e mai parole furono più efficaci per capire chi fosse Marco Simoncelli: Adios, SuperPippo.