Sondaggi: al PD e a Renzi il governo non fa bene
24/02/2014 di Andrea Mollica
L’arrivo a Palazzo Chigi di Matteo Renzi ha entusiasmato i media del nostro paese, ma sembra aver convinto poco gli italiani. La liquidazione di Enrico Letta ha lasciato perplessi molti elettori, ed il PD non pare certo avere beneficiato nei sondaggi della svolta al vertice del governo.
GOVERNO NEGATIVO – Il presidente del Consiglio Matteo Renzi piace a metà agli italiani. Il leader del Partito Democratico è da molto tempo ormai uno dei politici più apprezzati del paese. Dalla sua esplosione dell’autunno 2012, quando la sfida a Bersani nelle primarie del centrosinistra per la presidenza del Consiglio lo reso un protagonista della politica nazionale, Renzi ha mantenuto sempre piuttosto elevati i suoi livelli di apprezzamento. Col tempo si è notata una sorta di rotazione dei suoi sostenitori, con un calo tra gli elettori del centrodestra ampiamente compensato dalla crescita tra quelli di orientamento progressista. Dopo un anno e mezzo da protagonista più apprezzato della politica italiana ora Matteo Renzi gioca la sua sfida più difficile, con un arrivo al governo che appare controverso, in una fase storica dove tutti gli inquilini di Palazzo hanno registrato cadute anche drammatiche di consenso. Dopo sei mesi di crisi dello spread Silvio Berlusconi non solo fu sfiduciato e perse il posto di guida del governo, ma portò il Popolo della Libertà a livelli di consenso pari a poco più di terzo delle preferenze raccolte alle politiche del 2008. Una tendenza confermata alle elezioni amministrative del 2012, quando si scoprì inoltre che il boom demoscopico di Mario Monti, allora inquilino di Palazzo Chigi, aveva basi di consenso politiche molto fragili. Il polo centrista che più sosteneva il presidente del Consiglio tecnico valeva poco meno dei 10 punti percentuali poi raccolti alle politiche l’anno successivo. Monti nel frattempo era già calato rapidamente nelle preferenze degli italiani, passando dagli astronomici valori di consenso delle prime settimane di governo ad un gradimento all’epoca elevato ma in veloce erosione.
SONDAGGI NEGATIVI – Enrico Letta ha subito una parabola simile, anche lui beneficiando di un buon consenso iniziale, che ha retto per i primi mesi di governo, per poi scendere costantemente fino ai bassi valori attuali. Una dinamica che ha convinto probabilmente lo stesso Matteo Renzi a prendere l’iniziativa, per non subire la stessa sorte senza poter avere la chance di incidere al governo. I primi dati rilevati dagli istituti demoscopici però non sono esattamente confortanti. Un sondaggio condotto da Ispos per la trasmissione Ballarò, che rileva il Partito Democratico al 34% nelle intenzioni di voto, uno dei valori più alti ottenuti nelle indagini demoscopiche, sottolinea quanti problemi potenziali ci siano per il leader del PD. Il 31% degli elettori definisce positiva la svolta a Palazzo Chigi, contro il 26% che la reputa inutile, il 23% sbagliata e il 15% assurda. Il 38% dunque esprime un’opinione negativa, ed è difficile assegnare un peso positivo a coloro i quali la reputano inutile. Il dato Ipsos è confermato da altre indagini svolte in questi giorni. Il sondaggio EMG per il TGLA7 di Enrico Mentana ha infatti rilevato come le opinioni in merito al cambio al vertice del governo siano negative per il 55% del campione, contro un 45% di favorevoli che confortano poco il nuovo presidente del Consiglio. Solo l’8% esprime però un’opinione molto positiva, contro il 33% di chi invece esprime un giudizio molto negativo. Abbastanza brutto anche un altro dato rilevato dall’istituto diretto da Fabrizio Masia, che evidenzia quanto la base del Partito Democratico non sia quantomeno entusiasta per la liquidazione di un suo dirigente come Enrico Letta. Il 51% degli intervistati che si dichiarano elettori del PD esprime un giudizio positivo, contro il 49% di negativi. Anche in questo subcampione si riflette una simile tendenza all’elettorato generale, ovvero che le opinioni molto positive sono minoritarie, anche in modo netto, rispetto a quelle negative. Il rapporto in questo caso è di 9% a 26%.
STRAPPO ALLA DEMOCRAZIA – Un’indagine dell’istituto Piepoli condotta per il quotidiano La Stampa ha rilevato ulteriori problemi per il nuovo presidente del Consiglio. Secondo questo sondaggio infatti ben il 65% del campione considera uno strappo alla democrazia l’avvicendamento a Palazzo Chigi tra Matteo Renzi ed Enrico Letta. Solo il 26% invece lo giudica un normale cambio di governo, quello che comunque sarebbe secondo le regole sancite dalla nostra Carta costituzionale. Vista una simile ostilità all’operazione che ha portato il leader del Partito Democratico a Palazzo Chigi , non stupisce che la maggioranza relativa non esprima fiducia nel nuovo presidente del Consiglio. Il 49% infatti non esprime questo sentimento verso il sessantaduesimo governo della nostra storia repubblicana, mentre il 46% ha al contrario fiducia verso il prossimo esecutivo di Matteo Renzi. Una percentuale anche piuttosto alto, se si tiene in considerazione che i due terzi del campione abbia un giudizio così negativo sull’arrivo del PD a Palazzo Chigi. Un’indagine realizzata dalla società Ipr per la trasmissione Piazza Pulita rileva un quadro al solito controverso per il nuovo presidente del Consiglio. Il 48% degli interrogati si esprime infatti in termini positivi, ma rimarca come Renzi avrebbe dovuto conquistare il nuovo incarico tramite un passaggio elettorale. Solo il 6% è favorevole senza condizioni alla svolta a Palazzo Chigi, mentre il 35% invece ha bocciato quest’operazione. Nel subcampione, che ha margini d’errore piuttosto alta, si nota come l’elettorato M5S è compattamente contrario al nuovo governo, mentre ben il 25% di chi vota PD boccia l’arrivo del suo segretario al governo. Una percentuale piuttosto alta, considerando che alla luce degli attuali consensi si parla di un valore vicino all’8%.
PD NON SFONDA – Il giudizio di perplessità nei confronti del nuovo governo è abbastanza confermato dall’andamento delle intenzioni di voto. Se l’arrivo di Matteo Renzi alla segreteria del Partito Democratico non ha prodotto il boom demoscopico che ci si sarebbe potuti attendere, pare piuttosto improbabile che uno sbarco a Palazzo Chigi così poco apprezzato dall’opinione pubblica possa poi tramutarsi in effetto benefico per la formazione guidata dal presidente del Consiglio. Questa settimana il PD si è assestato poco sotto il 31%, con il centrosinistra, ovvero lo stesso partito di Renzi, più Sel e formazioni minori, collocato al 34,6%. Un dato piuttosto deludente, che conferma il distacco dal centrodestra già registrato nelle settimane scorse, quando gli istituti demoscopici hanno riposizionato l’Udc nel campo berlusconiano. Il centrodestra ha quasi due punti di vantaggio, con un valore medio del 36,4%, un margine scavato sostanzialmente dallo stesso partito di Pieferdinando Casini. Se Scelta Civica fosse collocata nel campo del centrosinistra, come sarebbe probabile se si votasse con una legge simile all’Italicum, il margine di svantaggio del campo guidato dal leader PD si ridurrebbe fino a quasi annullarsi. Anche con ciò che resta del progetto politico del suo predecessore a Palazzo Chigi, Mario Monti, il centrosinistra di Matteo Renzi sarebbe comunque staccato dal centrodestra di Silvio Berlusconi. Un dato da sottolineare soprattutto se poi ci sarà una legge elettorale che introdurrà un consistente premio di maggioranza come quello inserito nell’Italicum. I sondaggi confermano un altro dato emerso con forza dall’inizio del 2014. Il MoVimento 5 stelle è rilevato intorno ai suoi massimi storici – demoscopici – simili ai valori successivi alle elezioni del 2013. Alle politiche il M5S sorprese tutti con un dato, superiore al 25% delle preferenze totali, che non era stato colto da nessun sondaggista, anche se nelle indagini che circolavano durante il black out delle ultime due settimane di campagna elettorale le intenzioni di voto erano salite dal 15% a circa il 20%, un rapido incremento che fu poi confermato , ancora più fragoroso, nelle urne.
PROSPETTIVA INCERTA – Il quadro politico che emerge dalle intenzioni di voto illustra le difficoltà che attendono il nuovo governo. Matteo Renzi rimane il leader politico più popolare ed apprezzato del nostro paese, ma il suo esecutivo nasce in condizioni assai più difficili di quelle che il rottamatore probabilmente si immaginava. Il suo partito e la sua coalizione di governo sono al momento collocate dietro il centrodestra, mentre la forza di opposizione più rilevante, il MoVimento 5 stelle, è ai suoi massimi storici nonostante l’arrivo al potere di un nuovo leader. Nell’ormai celebre confronto scontro con Renzi Beppe Grillo ha rimarcato l’apprezzamento personale per la figura del presidente del Consiglio allora incaricato. Il modo in cui il segretario democratico è arrivato a Palazzo Chigi non è piaciuto agli italiani, un ulteriore ostacolo posto alla partenza dell’esecutivo Renzi 1. Il leader del PD ha annunciato, dopo aver ricevuto l’incarico di formare un governo da parte di Giorgio Napolitano, che il suo orizzonte sia il completamento della legislatura fino al 2018. Un messaggio forte mandato soprattutto alle forze politiche minori che lo sostengono, piuttosto preoccupate per un rapido ritorno alle urne che le potrebbe cancellare dal Parlamento via alto sbarramento dell’Italicum. A questa prospettiva però sembrano credere poco, oltre che probabilmente lo stesso Renzi, gli italiani. Secondo un sondaggio di iXè per la trasmissione Agorà il 34% del campione interrogato dall’istituto di Weber pensa che durerà meno di un anno, il 31% che durerà più di un anno, un altro 31% che durerà fino al 2018. Una maggioranza relativa reputa quindi che il nuovo esecutivo abbia un orizzonte temporale piuttosto breve, mentre una percentuale comunque simile ritiene credibile una durata dell’esecutivo che completi la legislatura partita nel marzo del 2013.