Alien Covenant: la recensione, Ridley Scott torna al terrore nello spazio profondo

Esce l’11 maggio l’atteso sequel di Prometheus che prosegue la saga di Alien inaugurata nel lontano 1979 da Ridley Scott che firma ancora la regia per Alien Covenant dove torna alle sue origini.

Alien Covenant è l’atteso seguito di Prometheus, e se la Fantascienza era stata reinventata da George Lucas nel 1977 con Guerre Stellari mostrando un futuro “sporco” con astronavi tutt’altro che pulite, Ridley Scott sposando questa tesi presentò nel lontano 1979: Alien, una storia ambientata all’interno un’astronave mineraria dove a bordo si fumano tranquillamente delle sigarette in mezzo a grasso e acqua gocciolante e dove l’equipaggio veniva in contatto con una creatura Aliena, o meglio con un mostro dello spazio tanto caro alla fantascienza.
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L’incrocio tra horror e fantascienza realizzato nel primo  film hanno fatto di  Alien una pietra miliare e una svolta nel genere, tanto che tutti i film successivi, a partire anche dai suoi sequel saranno costretti sempre a confrontarsi quest’ opera di un  giovane regista che verrà consacrato in seguito con Blade Runner.
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Alien Covenant segue di conseguenza la strada tracciata dallo stesso Scott che questa volta sposa la tesi invece di una astronave asettica e pulita un po’  in stile 2001 di Kubrick, ma con infinite citazioni alla Nostromo del primo film. Se con Prometheus le basi erano state gettate, Alien Covenant sviluppa ulteriormente la storia, in particolare del suo “sintetico” o “androide”: David, interpretato sempre da Michael Fassbender questa volta in un doppio ruolo.
Doveroso evitare ogni possibile anticipazione per gli spettatori , possiamo solo scrivere che verrà fatta luce su dove la dottoressa Elisabeth Shaw (Noomi Rapace) assieme a David sono finiti  e su come 10 anni dopo, la Covenant, una gigantesca astronave destinata a colonizzare un lontano pianeto Origae-6, con oltre 2000 coloni a bordo in iper-sonno e il suo equipaggio di 15 uomini si ritroveranno sulle tracce della Prometheus esplorando un misterioso pianeta.
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La scelta di Scott per la sua opera è molto radicale, cercando di evitare un banale remake del primo Alien, stravolge la storia permettendoci di scoprire anche le origini degli Alieni. L’utilizzo degli effetti digitali non rovinano affatto la pellicola, messaggio destinato ai puristi e nostalgici degli effetti “artigianali”, come l’Alieno che buca la pancia del suo sfortunato ospite, o gli effetti meccanici creati dal nostro Carlo Rambaldi. Al contrario Scott fonde tutto alla perfezione con doverosi omaggi a Giger e molte visioni di autori del fumetto di fantascienza francese, Druillet solo per citarne uno, ed anche strizzando l’occhio al secondo film di Cameron con i suoi marines spaziali
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“Se non ricordo male la prima frase di Ridley è stata: ‘Faremo un film tosto vietato ai minori, e ci servirà un sacco di rosso, che è il nostro modo di dire: sangue.” ricorda il produttore di ALIEN COVENANT Mark Huffam. “Questa è stata la nostra prima conversazione – la faremo fare sotto a tutti!”
Con questa frase del produttore potremo davvero condensare la recensione e come dichiara lo stesso Scott: “E’ divertente, perché in un certo senso, ho sempre pensato ad Alien come a un B movie davvero ben riuscito. Il sottotesto era piuttosto semplice: sette persone chiuse in una vecchia casa oscura e si trattava di chi morisse prima e di chi sarebbe sopravvissuto”.
Di conseguenza in questo secondo capitolo con Alien Covenant, rispetto a Prometheus,  si è scelto di privilegiare l’intrattenimento, corredato da scene splatter assieme a dichiarate sequenze da horror anni’80.
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Nel complesso un film che non deluderà affatto i fan della saga e spaventerà in modo adeguato tutto il pubblico, e che prepara Alien a festeggiare il suo quarantennale nel 2019 una data che sembrava davvero lontana quando Ridley Scott  in seguito ci  mostrò la storia di un replicante.
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