American Gods 1×06 – Recensione: siamo quello che veneriamo
06/06/2017 di Redazione
Continua il nostro viaggio, mentre Wednesday cerca di reclutare un nuovo alleato nell’imminente battaglia tra antichi dei e nuovi in American Gods.
There aren’t just two Americas. Everybody looks at Lady Liberty and sees a different face. Even if it crumbles under question. People will defend the warm, safe feeling their America gives them. They will defend it with bullets.
“Coming in America” anche questa settimana apre l’episodio, siamo in tempi sicuramente odierni tant’è che non ci viene fornita una data esatta. Una sequenza che sicuramente è quanto più attuale in America ora come ora. La fuga del popolo messicano che guarda alla bandiera a stelle e strisce e vi legge promesse di speranza e rinascita, un viaggio lungo, difficile spesso mortale che centinaia di persone compiono spinte dalla speranza di una nuova vita.
In questa puntata di American Gods, il tema così attuale dell’immigrazione assume un tono biblico, non solo per la scena del fiume che rimanda con la mente a Mosè ma soprattutto per la presenza del figlio di Dio in persona, che aiuta un fedele a guadare il fiume. La sequenza si conclude però in maniera tragica, Gesù stesso muore.Una scelta molto coraggiosa da parte degli autori, considerata che essa NON esiste nel libro, che anticipa ciò che succederà nell’episodio e pone un altro importante tassello alla filosofia di American Gods.
Se la nostra fede è la valuta e se quindi siamo noi ad infondere potere negli oggetti e dare vita alle divinità, di conseguenza siamo noi a modellarle a nostra immagine. Le creiamo in base ai nostri bisogni. Forse il Gesù dei messicani che muore con la sua gente, non è il Gesù di coloro che sparano. Esiste quindi un’altra versione, nel mondo potrebbe esistere centinaia di versioni (SPOILER questo si ricollega direttamente al finale come i lettori sanno SPOILER).
La fede è un questione di punti di vista quindi.
I’ve done the math. This times that equals you’re a cunt, divided by the only way I’m going to get what I need is if you give it to me, equals the only way you’re going to give it to me is if you don’t need it. Like my friend Jesus Christ, the only thing you need, dead wife, is a resurrection.
Una parte che non ho assolutamente apprezzato è quella che vede il trio dei falliti anche loro alle prese con un viaggio on the road, ognuno cerca qualcosa: fortuna, amore, pace. Se da un lato la chimica tra Pablo Schreiber e Emily Browning è assolutamente affascinante dall’altro ho trovato l’introduzione di questa altra parte di storia superflua e vi spiego perché.
- Laura è un personaggio prettamente negativo, è un’egoista, egocentrica, fredda, vuota donna che non trasmette empatia. In questo voglio fare un applaudo a Emily Browning che ha veramente dato vita e carattere ad un personaggio che, come ho già detto, nel libro era rimasto a metà. Il problema non è Emily infatti ma Laura, sorbirci Laura così tanto, così spesso è a mio parere una forzatura.
- Come è una forzatura questa accoppiata con Mad Sweeney, ha funzionato nello scorso episodio ma addirittura andare a creare una storia parallela a quella principale rischia di spostare l’attenzione e penalizzare la storyline madre. Sweeney ridotto a mascotte e buffone intacca la bellezza di questo personaggio (e la bravura di Schreiber).
- Il ritorno di Salim è stato l’elemento che più di tutti mi ha fatto storcere il naso, non ce n’è motivo. la storia si concludeva da sé, una storia bellissima di amore e seconde possibilità.
Arriviamo adesso al vero cuore di questa puntata che come lo scorso episodio è stato totalmente inventato da Fuller e co. e non è presente nel libro. La riflessione sulla politica e la conseguente critica alla società, quella americana in primis, è ormai palese in questo ultimo episodio di American Gods che vede protagonista la cultura delle armi.
I was a story people forgot to remember to tell. And they gave me a gun. They put power back in my hand, and I gotta tell ya, it feels good. Every bullet fired in a crowded movie theater is a prayer in my name. And that prayer makes ’em wanna pray even harder.
A differenza di molti suoi “parenti” Vulcano/Efesto ha trovato ed accettato un modo per reinventarsi e quindi sopravvivere. “The power of fire” diventa come lui stesso dice “fire power”, da divinità del fuoco a divinità della pallottola. L’America di Vulcan che non perde tempo a parlare, che non cerca un compromesso, che ragiona spinta dalla violenza e dalla rabbia. L’America che piace a Trump.
Come c’era quindi da aspettarsi Vulcan tradisce quindi Wednesday che non se lo farà ripetere due volte per lanciarlo nella fucina e concedere a noi uno sguardo a ciò che realmente si nasconde dietro i suoi modi affabili.
You are what you worship.
Non solo la valuta è la fede, la fede è lo scalpello con il quale creiamo la nostra personale divinità.
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SPOIELR LETTORI: Vulcan ha nettamente sgamato Wednesday, nel discorso che gli fa nella fucina, ha capito prima di tutti le reali intenzioni e motivazioni di Odino.