Björk. Tra elegia e tecnologia.

Vulnicura, l’ultimo lavoro della cantante islandese, in una mostra intitolata Björk Digital, tra installazioni interattive e avanguardie tecnologiche.

Chi la segue fin dal suo debutto negli anni ’90 sa bene che Björk (letteralmente “betulla”), islandese, classe 1965, non smetterà mai di sorprendere. Lo ha fatto anche la settimana scorsa, in concerto alla Royal Albert Hall di Londra, tempio della musica britannica. Lo show ha riproposto Vulnicura (2015), suo ultimo lavoro disco e autobiografico che documenta la fine della sua relazione con il regista Matthew Barney. E lo ha fatto in chiave cameristica, scardinando l’ossatura elettronica dell’album a favore di uno sciame mesto di archi (Aurora Orchestra) e, ovviamente, della sua inconfondibile voce. A impreziosire questo minimalismo, fasci di luce colorata – che parevano declinare cromaticamente l’altalena emozionale suggerita dalla tracklist – e l’outfit di Björk, con il volto incorniciato da una maschera ispirata alla silhouette di una falena.
L’animo più tecnologico di Björk, invece, è in mostra dal 12 settembre alla Somerset House di Londra, in un’esposizione interattiva intitolata Björk Digital. Le otto stanze hi-tech ospitano ognuna una canzone di Vulnicura; grazie all’ausilio delle più moderne tecnologie audiovisive (tra cui Virtual Reality, Augmented Reality e 360 gradi), la regina dei ghiacci trasporta i visitatori in una dimensione parallela, nella quale ogni singola nota si espande: e così, Stonemilker ci catapulta in una spiaggia lavica su cui Björk si sdoppia e ci danza attorno sorprendendoci alle spalle; in Mouthmantra, invece, ci caliamo all’interno della sua bocca, tra denti, lingua, ugola e palato, proprio mentre è impegnata a cantare. Anche stavolta Björk lascia il segno: chi non la conosceva sarà incredulo; chi la conosce da tempo, invece, sa che riuscirà a sorprenderci ancora.
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