Boston – Caccia all’uomo: la recensione, il ricordo non basta

Boston – Caccia all’uomo. I drammatici fatti della maratona di Boston 2013 ricostruiti nel nuovo film di Peter Berg, una pellicola di stringente attualità, ma anche con un messaggio preciso a non lasciare vincere la paura contro il terrorismo.

 
Peter Berg è ormai de facto una garanzia per un genere di film che potremmo definire quasi educativi. Da Lone Survivor al recente Deepwater- Inferno sull’oceano, con il suo attore feticcio Mark Wahlberg, che figura anche in veste di produttore, il regista ricostruisce in modo quasi maniacale numerose vicende, che vedono sempre un gruppo di esseri umani trasformarsi loro malgrado in eroi. Boston – Caccia all’uomo che risponde  al titolo originale di  Patriots Day, in riferimento alla festività che coincide con la maratona di Boston, non sfugge al marchio di fabbrica del regista.
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Il film narra i fatti della maratona di Boston,  una delle più antiche, la prima edizione risale al 1897 sull’onda dell’entusiasmo delle prime olimpiadi e si disputa il terzo lunedì  del mese di aprile che coincide con la festa del Patriots Day che commemora l’inizio della Guerra di Indipendenza Americana.
Nel 2013 in modo del tutto inaspettato, un’attentato sconvolse la pacifica manifestazione, dopo l’11 settembre gli Stati Uniti vengono di nuovo colpiti nel loro territorio metropolitano. Il film ricostruisce in modo meticoloso gli eventi e l’incredibile caccia data ai due terroristi. Se il film potrà risuonare al pubblico nostrano molto celebrativo nel dimostrare la forza di reazione di tutte le forze di polizia e anche l’unità stessa della città di Boston, che rientra poi nell’obiettivo dichiarato del regista, nel mostrare come si possa tutti insieme superare la paura e rifiutare un terrore cieco e  come dichiarato da Lui stesso: “Questo è un film sull’eroismo civico, sulla forza e la resilienza di fronte al maligno, una storia che chiedeva di essere raccontata”.
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In Boston – Caccia all’uomo, niente è lasciato a caso, tutto è stato ricostruito in ordine cronologico, la scelta stessa degli attori che dovevano rappresentare figure reali è caduta su un cast a dir poco stellare:
Mark Walhlberg è l’eroico sergente di polizia di Boston Tommy Saunders, sua moglie è intepretata da Michelle Monaghan, Il commissario del dipartimento di polizia di Boston Davis è John Goodman, l’altro poliziotto eroe della cittadina di Watertown il sergente Jeffrey Pugliese è J.K. Simmons,  Kevin Bacon è l’agente speciale FBI Richard DesLauriers , perfino per la figure dei due terroristi di origine cecena si è scelto volti noti come Alex Wolff nei panni di Dzohkar Tsarnaev e suo fratello è Tamerlan interpretato da Themo Melikidze entrambi noti ai giovanissimi, mentre per la moglie di Dzohkar la convertita Katherine Russell, è interpretata da Melissa Benoist, la Supergirl televisiva.
Tutta la pellicola ricostruisce in modo appassionante e realistico i drammatici fatti dall’attentato, alla caccia che verrà data ai due terroristi individuati con l’aiuto delle numerose telecamere e l’aiuto di tutta la popolazione di Boston. Un film destinato a esaltare la resistenza umana, a ricordare vittime e feriti, ma in realtà questa volta il tocco di Berg è decisamente più sottile e preciso.
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La figura dei due terroristi di origine cecena, immigrati nel 2002 come rifugiati ed uno nel 2012 era divenuto da poco effettivo cittadino USA potrebbe far diventare la pellicola una delle preferite di sempre dell’attuale  Presidente Donald Trump e della sua totale politica di chiusura. Ma l’abilità di Berg nel muovere i suoi attori tra verità e finzione in realtà riesce a darci un quadro decisamente più fosco, se i due giovani alla fin fine risultano “simili” ai tanti a che nel mondo stanno colpendo in modo indiscriminato l’occidente: due radicalizzati casalinghi che avevano fabbricato le bombe in casa seguendo le istruzioni su internet, e per fortuna, nonostante il numero spaventoso di feriti e tre vittime, alcune ingenuità sulla esecuzione avevano evitato un bilancio peggiore e favorito poi la loro cattura.
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La scelta di far interpretare i due terroristi ad attori di spessore ci permette in un certo qual modo di entrare nel loro visione di distruzione e ci introduce la figura della pellicola forse più inquietante  di tutto il film: la moglie di Tamerlan Tsarnaev, un’americana convertita interpretata in modo gelido e perfetto dalla già citata Supergirl televisiva Melissa Benoist. Persona che non verrà incriminata per i fatti, visto che non si riuscirà a dimostrare il suo coinvolgimento, ma che in realtà è al corrente di quanto suo marito  e il giovane fratello stanno preparando mentre accudisce il suo bimbo. Il suo interrogatorio è probabilmente il momento più alto della pellicola, quello che veramente farà pensare a lungo lo spettatore sulla reale possibilità di fermare prima o poi questi insensati attentati, che maturano anche causa dei conflitti, in particolare quello siriano, che viene alimentato indirettamente anche da noi occidentali
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Di conseguenza tolta tutta la meticolosa ricostruzione le splendide interpretazioni del cast,  il messaggio tutt’altro che velato “ricordare non basta”, che in un certo qual modo chiede vendetta per le vittime e tutta una certa retorica che potremo definire Trumpiana, rinnovando il termine Reganiano che fu coniato per le pellicole di Stallone, sinceramente dobbiamo ammettere che Peter Berg ci consegna uno dei suoi migliori film, un pezzo di storia recente con i suoi eroi, i cattivi e le ombre di una Guerra Infinita.
Pochi ricordano che all’indomani dell’11 settembre il Presidente Bush JR mentre annunciava i propositi di punire i responsabili lanciò il termine di Guerra Infinita “Infinity War”, che ricordava il titolo di una ben nota saga di fumetti della Marvel. Termine corretto nell’arco delle successive 24 ore con  “Guerra al Terrore”, ma ben guardare oggi  sono passati ben 16 anni dall’attacco alle torri gemelle e stiamo vivendo ogni giorno una Guerra Infinita.
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