Cannes 2017- Sicilian Ghost Story: la conferenza stampa con il cast

Il film “Sicilian Ghost Story” ha aperto ieri il secondo giorno del Festival di Cannes. Fabio Grassadonia e Antonio Piazza hanno portato il tricolore a Cannes70 presentando il anteprima il loro nuovo film. Ecco le dichiarazioni dei registi in conferenza stampa.

Per la seconda volta a Cannes, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza hanno presentato “Sicilian Ghost Story”, film che ha aperto ieri le “Proiezioni Speciali”. I due registi erano stati ospiti a Cannes nel 2013 con il lungometraggio “Salvo” vincendo i premi: Grand Prix e Prix Révélation. Quest’anno invece di nuovo nella città francese per presentare questo dramma legato alla realtà.
Sicilian Ghost Story
Sinossi: In un piccolo paese siciliano ai margini di un bosco, Giuseppe (Gaetano Fernandez), un ragazzino di tredici anni, scompare. Luna (Julia Jedlikowska), una compagna di classe innamorata di lui, non si rassegna alla sua misteriosa sparizione. Si ribella al clima di omertà e complicità che la circonda e pur di ritrovarlo, discende nel mondo oscuro che lo ha inghiottito e che ha in un lago una misteriosa via d’accesso. Solo il loro indistruttibile amore le permetterà di tornare indietro.
Ecco come hanno risposto Fabio Grassadonia e Antonio Piazza alle domande in conferenza stampa, tenutasi ieri alla 70° edizione del Festival di Cannes.
Grassadonia: “Io e Antonio non ci conoscevamo, ma dopo il sequestro di Di Matteo abbiamo scelto di lasciare la Sicilia e ci siamo ritrovati a fare un percorso insieme come sceneggiatori. Abbiamo provato a trasformare le sensazioni di angoscia e rabbia che erano una ferita rimasta aperta. È una storia che non dà possibilità di redenzione, quando abbiamo letto il racconto “Non saremo confusi per sempre” abbiamo subito riconosciuto l’intuizione di Marco Mancassora, lui seleziona alcuni fatti di cronaca della storia italiana. Vuole trasmettere la realtà, ma con un piano fantastico che possa donare redenzione quanto meno alla vittima. Lavorare con dei ragazzini siciliani ha portato alla luce questo progetto”.
 
A proposito d questo la scelta di non dire cosa c’era al centro di questo film da che cosa nasce? C’era la paura di un abuso di queste storie sulle vittime di mafia?
Piazza: “Il film affronta una storia di mafia, ma lo fa in modo particolare attraverso il genere, la favola. Questo era possibile farlo solo quando i giornalisti e il pubblico lo avessero visto in sala, la comunicazione sarebbe stata riduttiva in tutti e due i sensi. Non è che avessimo paura, il cinema italiano ha esempi di cinema impegnato, come Salvatore Giuliano con “Le mani sulla città”. Ad un certo punto però è diventata un racconto di mafia, un universo chiuso che non ci ispira in nessun modo. Credo sia un genere di intrattenimento che abbia poco o nulla a che fare con questo. Noi dobbiamo coinvolgere di nuovo emotivamente il pubblico attraverso uno stile diverso”.
Grassadonia: “Hai citato il cortometraggio Rita, una bambina di 10 anni non vedente. In quel film ci sono già “Salvo” e “Sicialia Ghost Story”. Una storia che si vive attraverso il sogno e l’immaginazione con una frase di Sciascia “la Sicilia è tutta una dimensione fantastica e la si può vivere solo con la fantasia”. C’è già tutto in questa frase e questo è il modo che abbiamo scelto noi autori per viverla. Luna è una grande sognatrice e attraverso i suoi sogni e l’amore per Giuseppe ricrea la realtà. È la cifra del film e di ciò che ci piace fare”.
 
Cosa sapevano i ragazzi del fatto di cronaca da cui parte tutto? Come vi siete trovati ad immaginare di entrarci?
Julia Jedlikowska: “Questa non è una semplice favola, ma una divisa in due: da una parte quella d’amore e dall’altra quella nera. Si entra in una favola nera perché Luna vive un incubo, che è anche un sogno grazie a Giuseppe. Questa storia ti colpisce enormemente, ti colpisce perché c’è la paura di tutto quello che ti circonda che è un ambiente fantastico. Questa dimensione è l’unico modo per restare nell’amore”.
Gaetano Fernandez: “Sapevo che era stato vittima di questi orchi, ma sapevo poco. Non volevo però creare il personaggio tramite il fantasy, ma tramite la storia di Giuseppe cercando notizie. Non ho avuto il coraggio però di cercare su internet queste cose crudeli e abbiamo lavorato a livello recitativo. Il mio rapporto con il fantasy…non è molto fantasy, c’è solo la parte in cui Giuseppe e Luna si incontrano nei sogni con un amore infinito”.
 
Credete che gli Dei siano ritornati? Non avete avuto il timore sfigurando questo fatto di cronaca così dimenticato?
Grassadonia: “Sembrava che la scelta del film di genere potesse aiutarci a far arrivare la storia ad un pubblico più ampio, andando in giro. Questa cosa ci ha un po’ sorpreso, poi studiando migliaia di pagine processuali abbiamo scoperto qualcosa di questo bambino andando anche a visitare i luoghi che non esistono più. Uno dei pochi è il tunnel dove ha passato gli ultimi giorni prima di essere squagliato. Questo luogo ha avuto dei finanziamenti per essere ristrutturato, ma l’appalto deve essere andato a geometri che hanno mangiato i soldi costruendo un obbrobrio in questo luogo dove per più di 700 giorni è stato murato vivo il bambino. Noi abbiamo proprio voluto portare l’esperienza umana e speriamo gli spettatori possano esserne investiti”.
 
Luna è chiusa in una gabbia, ma tutti i personaggi adulti sono in balia di una talassia.
Piazza: “Gli adulti non fanno una bella figura nel film perché sono dei carcerieri veri e propri. Per noi era essenziale che il loro racconto fosse il racconto dell’insensatezza, oltre ad essere una storia di crudeltà. Gli adulti vivono una dimensione schizofrenica, quella che abbiamo vissuto anche noi in quegli anni crescendo in Sicilia.
Continua-Fingi di vivere in una città europea, ma i morti si contavano sulle prime pagine. A luglio venni svegliato da un’esplosione che mi fece cadere dal letto ed era quella che uccise il giudice Minnici. Eppure quel giorno dovevamo andare in vacanza a Canarina e ci siamo andati ugualmente dopo aver chiuso le finestre, ci insegnavano di fare finta di niente perché era l’unico modo per salvarci. La Sicilia è cambiata senza più quella crudeltà, ma la mafia non è stata sconfitta ed è altrettanto forte in Calabria, Campania ed altre regioni del nord. I genitori di Luna non fanno altro che fare questo, ma lei non vuole dimenticare”.
 
Voi avete lasciato la Sicilia 20 anni fa, lavorando lì per questo film come l’avete vista? C’è più speranza a Palermo?
Grassadonia: “L’eterno Gattopardo, in quel famoso dialogo di Chevalier in cui diceva che se ne erano andati i leoni ed erano rimasti gli sciacalli. Ora se ne sono andati anche loro e sono rimasti i nani. Per noi l’esperienza più bella è stata lavorare con loro ed andare nelle scuole, certo se stai vicino a loro ti riempi il cuore di speranza. Non so cosa gli  succederà  da grandi,  anche perché lo Stato offre ben poco al loro quartiere soltanto depressione ”.
 
Gli elementi simbolici nel film erano già presenti nel racconto? In particolare l’elemento divisorio.
Piazza: “Sono elementi nostri, abbiamo voluto raccontare la storia e limitarla all’arco temporale. La  natura  e l’acqua erano fondamentali per il racconto perché accoglievano i nostri due protagonisti e permettono anche il risorgere della vita e la metamorfosi”.
 
Si vede una Sicilia forse mai vista, questa non è quella della città ma quella montana. Come mai?
Grassadonia: “È una Sicilia inesplorata e sconosciuta persino ad alcuni siciliani. Un collega ha detto “non avete girato in Sicilia”, ma invece è lì dalla prima all’ultima inquadratura. Siamo vicino Enna con uno scenario di foreste uniche, solo lì si trovano questi bacini idrici ricchi di fauna. Una favola alla Fratelli Grimm, il bosco è custode del segreto d’amore tra Giuseppe e Luna. Siamo stufi della Sicilia in cui i commissari si fanno le nuotate”.
 
A cura di Thomas Cardinali
 

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