Chicago Fire 5×13 – Recensione: il mai una gioia di Dick Wolf vince ancora

Il 13esimo episodio di “Chicago Fire 5” è andato in onda. Pochi sorrisi e quel costante mai una gioia che tanto ama Dick Wolf e che, questa volta, sembra non risparmiare nessuno degli uomini e delle donne della Caserma 51. 

Mi sono emozionata, ho provato rabbia, odio e il bisogno di prendere la testa di Anderson e sbatterla contro un muro della Caserma 51. Ecco cosa ho provato in questo nuovo episodio di “Chicago Fire 5” in cui, Dick Wolf, non ha risparmiato nessuno. Boden ha messo al suo posto un uomo che non dovrebbe essere Comandante, e prima che potesse accorgersene, tutta la Caserma 51 è stata riassegnata. Eccone un altro, un piccolo esserino con un ego smisurato che aspetta solo di essere preso a calci.
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Brett e Dawson non lavoreranno più insieme, Hermann, Mouch, Otis e Cruz sono stati divisi. Gli sguardi di ognuno di loro, gli occhi di Kelly verso Stella, uno sguardo incredulo per Joe, gli occhi di Gabby e Sylvie, la rabbia di Matt Casey. Il silenzio di quella stanza e il nostro.
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Sapevamo sin dall’inizio che Anderson non sarebbe andato via così facilmente, ma dividere la Caserma 51 è qualcosa che non possiamo accettare passivamente. E’ giunto il momento di alzare la testa e combattere. E’ giunto il momento di mostrare al perdente di turno, quali uomini e quali donne lavorano accanto a Wallace Boden.
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La loro forza è, e sarà per sempre, la famiglia che Boden ha costruito in quella Caserma, e una famiglia ha bisogno di essere unita. Ma prima di poter tornare a sorridere, il caro Dick Wolf ha deciso di dare a noi fan di Chicago Fire, la nostra bella dose di dolori. Preparate i fazzoletti, perché questo è solo l’inizio.
Sylvie ha pronunciato il nome di Antonio una sola volta, e il mio cuore ha sentito una piccola fitta che ha fatto decisamente troppo male. Continuo a chiedermi quale sia lo scopo del creare coppie, per poi distruggerle dopo 30 secondi. Ho sorriso grazie a Brett e ai suoi mille tentativi (ce ne fosse stato uno normale) di cambiare, di essere una donna nuova, e nel vederla in quel locale pronta a sposare un uomo che aveva bisogno della carta verde. Per non parlare di quel “Bitches” detto a Stella e Gabby, esilarante!
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Ma il dolore era lì, la paura di non essere abbastanza, il bisogno di cambiare perché forse solo così le cose potranno andare per il verso giusto. Accanto a lei, Gabby. Per un attimo ho avuto paura di doverla prendere a sberle nel sentire ancora una volta la frase “lo sai che non voglio immischiarmi“. E invece… Dawson era lì, accanto a lei Stella. Questo legame mi piace, queste donne mi piacciono, forti e fragili allo stesso tempo, come noi, come quella realtà che rende unico ogni episodio di “Chicago Fire“.
Poi sono arrivate quelle parole: “Il tuo Casey è là fuori” e il solo volto che sono riuscita a vedere, è stato quello di Antonio. Perché? Perché questa storia è finita troppo presto, c’era ancora tanto da capire e vivere. Le parole di Gabby sono state importanti, non si può cambiare ciò che si è per poter trovare l’uomo giusto. Quella persona, quella che Matt è per Gabby, non ti chiederà di cambiare, non potrebbe mai farlo. E forse, forse… ha ancora il volto di Antonio Dawson.
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E se “Chicago Fire” ci ha insegnato qualcosa è che i mai una gioia non sono mai abbastanza. E allora facciamo andare via Kelly Severide, tanto… Infondo lui e Matt sono solo la Caserma 51, cosa potrà mai contare? Vedere Kelly accanto ad Anna, vedere quel bacio, sentire la sua voce che continua a ripetere “non è per lei“, a chi vuoi darla a bere Severide? No, no e mille volte no. Non è Anna il futuro di Kelly, non può essere lei, non deve…
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Ma Kelly ha cercato Stella questa volta, voleva un suo consiglio, ha parlato solo con lei di questa folle idea di andare via, vorrà pur dire qualcosa no? Kelly ha continuato a cercarla, con le parole al Molly’s e con lo sguardo quando ha sentito il suo nome pronunciato dalla bocca di Anderson. Stella ha parlato: “Perché come dici tu, siamo amici… e insieme stiamo bene“, ma non sono state solo le sue parole a dire qualcosa. Gli occhi di Stella hanno detto ciò che quella bocca non ha ancora pronunciato. E allora muoviamoci Stella, il tempo scorre. Non esiste “Chicago Fire” senza Kelly Severide.
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E arriviamo a lui, Hermann. Ancora una volta ci insegna qualcosa, emoziona con i suoi gesti e le sue parole. Non ha deluso nessuno Hermann. Ha dato fiducia a qualcuno che ne aveva bisogno, ha aiutato chi non avrebbe trovato nessuna porta aperta, tranne quella di Christopher Hermman, la colonna portante della Caserma 51.
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Lo ammetto, ho odiato Cruz e Otis per il modo in cui hanno preso in giro Hermann, ma lo sguardo di Otis in quella classe, la consapevolezza di aver sbagliato e di aver capito ancora una volta chi è quell’uomo che lavora al suo fianco, sono stati più che sufficienti. E ancora una volta… Le parole di Hermann, lo sguardo di suo figlio, nient’altro da aggiungere. Ecco chi è Christopher Hermman.
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Gli uomini e le donne della Caserma 51 sono stati riassegnati, Anderson ha vinto una battaglia. La guerra è appena cominciata, diamoci una mossa e mettiamo al tappeto anche quest’uomo prima che prenoti un biglietto per Chicago per far volare qualche testa.
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