Denial Recensione, “No fori No Olocausto”, la negazione di uno dei genocidi più atroci della storia
18/10/2016 di Redazione

Denial, presentato alla festa del cinema di Roma nella selezione ufficiale, porta in aula l’Olocausto e con esso i negazionisti della storia.
“No fori No Olocausto” sembra uno slogan assurdo e antisemita e invece non è altro che la difesa contro chi accusa Hitler dello sterminIo degli ebrei. I fori in questione sono quelli posti sulle pareti delle camere a gas all’interno dei quali i nazisti introducevano lo Zyklon B, il gas utilizzato non certo per uccidere i pidocchi ma per sterminare un intero popolo. Denial, film di Mick Jackson, parte da frasi come queste per creare l’intera ragnatela della narrazione. Il film, basato su una storia vera, vede contrapposti la storica Deborah Lipstadt e lo storico militare filo hitleriano Darving Irving.
Sarà proprio lui a citare la donna in giudizio per diffamazione, dopo che la stessa nel suo libro “Denying the Holocaust” apostrofa lo storico come un negazionista, avendo quest’ultimo utilizzato come prova della falsità dell’Olocausto il rapporto Leutcher privo di alcun fondamento scientifico. Stando alla legge inglese sulla diffamazione spetta all’accusata l’onere della prova ed è per questo che Deborah Lipstack, insieme alla sua efficiente squadra di avvocati, inizia una minuziosa ricerca che la porterà ad un processo lungo e difficile.
Il film si svolge quasi interamente all’interno di un’aula di tribunale e fa accapponare la pelle pensare che il processo debba in qualche modo stabilire la veridicità o la falsità dell’Olocausto. Tutta l’attenzione è posta sulla tremenda negazione di un fatto storico, fatto che noi tutti conosciamo e ricordiamo come uno dei più terribili e violenti genocidi. Si mette in dubbio il numero delle vittime, si nega che Hitler fosse a conoscenza dei fatti e che non abbia quindi dato lui l’ordine per lo sterminio di massa e si considera fasulla qualunque tesi che attesti che all’interno dei campi di concentramento, nel caso specifico Auschwitz, siano state presenti le camere a gas. Queste le tesi che Darving Irving, in Denial, porta avanti con fermezza e lucidità.
La tematica scelta da Mick Jackson è forte, struggente, pesante e triste e il il modo di rappresentarla, alla stregua di un qualsiasi altro processo giudiziario, è al limite del possibile, quasi a valicare il concetto sociale di buon gusto e rispetto. Ma funziona, funziona in pieno la scelta registica così impostata. Viene tralasciata del tutto l’emotività e il sentimentalismo associato all’argomento per dare sfogo alla razionalità giuridica. Gli ambienti stessi e il voluto ritmo lento immergono lo spettatore ancora di più nell’atmosfera che Denial vuole creare.

Tom Wilkinson stars as barrister Richard Rampton in DENIAL, a Bleecker Street release.
Credit: Laurie Sparham / Bleecker Street
Nel film non vi è abbastanza pathos e le immagini drammatiche rappresentano solo le prove di una difesa che si fa accusa della negazione storica. Denial scorre senza battute di arresto e alcun tempo morto, gli stessi silenzi risultano funzionali alla narrazione e al meccanismo di voler trattare il tema sotto un punto di vista legale. Resta il fatto che il film risulti nell’interezza piatto e senza alcun climax che spinga la narrazione ad un livello successivo. Impeccabile l’interpretazione degli attori, così perfettamente calati nella parte da rendere la visione agevole e soddisfacente. Daniel sfrutta un nuovo concetto di memoria, la voce della sofferenza viene ascoltata con la vittoria della giustizia. Crediamo nella libertà di parola ma non certo nella menzogna di coloro che negano e falsificano la storia.
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