La vendetta di un uomo tranquillo: la recensione, “la vendetta è un piatto che è meglio gustare freddo”
31/03/2017 di Redazione
Vincitore di 4 premi Goya tra cui miglior film e regia come esordiente, la pellicola di Raúl Arévalo viene distribuita sui nostri schermi da Bim Distribuzione, una “pelicula” da non perdere.
La cinematografia spagnola è poco conosciuta da noi se non grazie a Pedro Almodóvar, e soffre anche lei di tanti problemi di finanziamenti alla produzione, la riprova è il primo film di Raúl Arévalo, già noto come attore (La Isla minima) che dopo una gestazione di 8 anni riesce finalmente a realizzare il suo personale sogno di fare il regista, e per tutto noi è veramente un grande fortuna, perché la Vendetta di un Uomo Tranquillo è un piccolo film gioiello che finalmente apre la carriera ad un bravo attore che decisamente promette di essere un grandissimo regista.
La storia della pellicola ricalca i classici stilemi della vendetta, argomento trito e ritrito nella cinematografica, ma che che viene affrontato in un modo talmente originale e interpretato con maestria dai sui attori che dopo una lunga introduzione trascina lo spettatore in un turbine di violenza e colpi di scena per un’opera che giustamente ha trionfato ai Goya spagnoli e che lascia a modo suo aperta anche una riflessione sulla vendetta e la sua giustificazione morale (semmai esista), che è stata protagonista recentemente anche delle cronache nostrane.
Il titolo originale del film recita Tarde para la ira letteralmente “troppo tardi per l’ira o vendetta”, ma forse il titolo italiano gli rende maggior giustizia, anche se il nostro titolo di introduzione è fin troppo adatto per questa cupa storia.
Storia che inizia con una rapina consumata da quattro criminali all’interno di una gioielleria di Madrid nell’Agosto 2007 ed al termine della quale viene arrestato soltanto Curro, interpretato dal (Luis Callejo – Kiki & i segreti del sesso) e destinato ad uscire di prigione otto anni più tardi. Scontata la sua pena, Curro vuole solo tornare al fianco della sua fidanzata Ana (Ruth Díaz), dalla quale ha avuto un figlio ma che, nel frattempo, è stata avvicinata nel bar dove lavora, dal chiuso e solitario José (Antonio de la Torre – Volver), suscitando l’interesse della donna per un uomo in grado forse di offrirgli una esistenza più sicura.
La lenta introduzione dei personaggi ci porta all’interno della vita sociale del bar di periferia gestito da Ana e dai suoi frequentatori, ma Josè nasconde un segreto che presto sarà rivelato.
Senza anticipare troppo della pellicola per quello che in fin dei conti è un thriller che lo spettatore merita di vedere senza rovinarvi la storia, sottolineiamo solo presenza di Manolo Solo nei panni di Triana che si è aggiudicato il Goya per il miglior attore non protagonista, un piccolo ruolo che incide moltissimo nella trama del film.
Attenendoci invece alle capacità di direzione della regia, possiamo solo confermare il tripudio di piani sequenze ed inquadrature che riescono a portarci dentro l’animo dei personaggi, in una pellicola asciutta e cruda, che paradossalmente l’esasperata ricerca di finanziamenti (come ci ha confermato lo stesso regista) lo ha portato a soluzioni innovative , care anche al nostro cinema degli anni ’70 realizzato con pochi mezzi, ma con enorme talento. Lo spettacolo che viene offerto dal regista debuttante è veramente quanto di più coinvolgente ci si possa aspettare da una “banale” storia di vendetta.
Come dichiarato dallo stesso Raúl Arévalo: “ho voluto girare nei luoghi dove giocavo da bambino , quei quartieri periferici, luoghi semplici intimi e familiari al tempo stesso contrapposti a una violenza cieca scatenata da Josè, che ha atteso per ben 8 anni con pazienza per consumare la sua vendetta.”
Inevitabile un paragone con il Cane di Paglia di Sam Peckinpah, anche se Raúl Arévalo stesso si considera debitore di molti altri registi, ma per parte nostra siamo grati di averci regalato in un panorama cinematografico pieno di commedie, supereroi e inutili remake la “banale” storia di una vendetta. Il tempo di attesa per poter girare la sua prima pellicola è il medesimo tempo atteso da Josè, e in un certo modo possiamo a nostra volta parlare della “vendetta” di un regista tranquillo, che si è aggiudicato alla sua opere prima premi e riconoscimenti da critica e pubblico con la speranza che l’attesa per il suo prossimo film sia decisamente più breve.
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