La verità sta in cielo: Recensione, il caso Emanuela Orlandi
06/10/2016 di Redazione

Il 22 giugno 1983 Emanuela Orlandi, una quindicenne cittadina del vaticana figlia di un messo pontificio sparisce nel nulla. Dalla sua sparizione partirà con grande ritardo un’indagine che ci porta oggi dopo ben 33 anni ad uno dei casi mediatici e giudiziari rimasti ancora insoluti.
La storia in breve coloro che magari per età anagrafica conoscono poco la storia, ai quali in teoria il film poteva rivolgersi, ci racconta di come l’adolescente romana divenne oggetto di scambio tra criminalità organizzata, alte sfere politiche e religiose, con varie piste tra cui una conduceva direttamente ad Alì Agca l’attentatore di Giovanni Paolo II con l’ipotesi che Emanuela era stata rapita dalla CIA per avere in cambio il criminale turco in prigione in Italia. In realtà il caso è estremamente complesso come i lunghissimi dossier della magistratura dai quali il regista Roberto Faenza ha tratto gran parte del materiale per la sceneggiatura fino all’ipotesi tutt’altro che remota di un dossier all’interno del Vaticano che contiene la verità. La vicenda a livello giudiziario si è conclusa con l’archiviazione nel 2015 nonostante il coraggio di Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, che in tutti questi anni si è battuto per trovare la verità, e anche il corpo della sorella svanita nel nulla quella mattina di giugno. Pietro Orlandi che ritroviamo nel film nella parte di se stesso, mentre la pista scelta dal regista è quella di portarci nella ricostruzione delle rivelazioni della superteste Sabrina Minardi (interpretata in modo egregio da Greta Scarano), che dà il volto dell’ex compagna del calciatore laziale Bruno Giordano e per anni giovane amante di Enrico De Pedis detto renatino (interpretato da Riccardo Scamarcio), boss della Banda della Magliana, in particolare del gruppo noto come testaccini legati direttamente ai politici e ormai reso immortale dal best seller Romanzo Criminale di De Cataldo e dal Film diretto da Michele Placido e dalla serie tv diretta da Stefano Sollima.

Purtroppo l’opera di Faenza mostra i suoi limiti dell’accurata ricostruzione storica, mista a delle lecite soluzioni di fantasia con una messa in scena troppo da fiction. La scelta di operare in modo quasi ossessivo con lunghissimi “spiegoni” ad opera di Valentina Lodovini che interpreta la giornalista Raffaella Notariale e la reporter italiana venuta da Londra (Maya Sansa) che dovrebbe condurre lo spettatore all’interno dell’intricato caso non funziona. Da sottolineare la splendida interpretazione di Monsignor Marcinkus da parte di Paul Randall, capo dello IOR, negli anni’80 che passa storia pone al centro delle vicende del banchiere Roberto Calvi (“suicida” dopo il crack del Banco ambrosiano) e il faccendiere Flavio Carboni, oltre ad una serie di figure appena abbozzate che dipingono un fosco quadro di persone che adorano l’unico vero Dio: il denaro.

Seppure non possiamo non lodare lo sforzo di portare la vicenda sul grande schermo, con la flebile speranza di riaprire il caso e magari in un lontano futuro conoscere la verità, i limiti posti dal regista che rimane troppo legato ad un specie di documentario con ricostruzione, invece di lanciarsi in un’audace film d’inchiesta, come fu per Romanzo Criminale, fanno perdere mordente al film. Come recita il titolo La verità sta in cielo e per bocca dello stesso Pietro Orlandi (che potete leggere nell’articolo sulla conferenza stampa), ci ha raccontato che lo stesso Pontefice (Papa Francesco) in un recente incontro gli ha sussurrato che Emanuela sta in cielo, ma a tutt’oggi il presunto dossier presente in Vaticano resta secretato e la verità, che il film di Faenza nella versione della Minardi (giudicata però da molti giudici poco attendibile) cerca di acclarare in realtà non ha conferme certe. Resta la delusione per un’occasione mancata, un film debole su una storia a dir poco dirompente, sembra quasi una condanna per i recenti film d’inchiesta italiani come lo stesso Ustica di Renzo Martinelli, capace di portare una verità clamorosa, ma con una realizzazione cinematografica davvero poco convincente. La speranza riferito ad entrambe le pellicole è che comunque possano destare l’interesse dei giovani e magari in futuro essere rivisitati con delle fiction di largo respiro. Del resto lo stesso Faenza non ha nascosto che la vicenda di Emanuela Orlandi per la sua complessità meriterebbe una serie tv in stile Romanzo Criminale.
Share this article