Linkin Park – One More Light: “Ti prego non abbandonarmi”
24/05/2017 di Redazione
3L’ultima settima fatica dei Linkin Park è stata rilasciata in tutto il mondo. One More Light è l’album più discusso e spiazzante che la band statunitense abbia mai realizzato. Ecco la recensione di Talky Music a riguardo.
I Linkin Park sono una delle band più influenti del ventunesimo secolo, famosi per la loro continua sperimentazione musicale sempre fresca e innovativa. Dopo il successo stratosferico nel 2000 con Hybrid Theory, album crossover con tendenze nu metal e la conferma con il simile Meteora tre anni dopo, il gruppo di ragazzi americani ha iniziato ad innovarsi cambiando sempre genere musicale e spaziando su più fronti. One More Light, però, è il loro lavoro più diverso e discusso in assoluto. Arrivato dopo l’amatissimo The Hunting Party del 2014, che verteva su un rock crudo e viscerale che conquistò il cuore e le orecchie di tutti i fan, questo settimo album affonda le sue radici nel pop più puro.
Seppur la band abbia sempre avuto una solita ed efficace sotto-base pop in quasi tutti i suoi brani (In the End e Numb sono le hit che lo confermano), con One More Light quella base diventa struttura e materia complessiva avvicinandosi così a quello che la musica attuale è. Questo è un bene? Sì e no. Nessuno si sarebbe mai aspettata un tuffo così “pesante” da parte dei Linkin Park, da sempre energici rockettari, in un mare dove ultimamente tutti navigano. Infatti i fan più legati alle sonorità spinte hanno deciso di boicottare l’album in partenza, in preda alla rabbia e il disappunto. D’altro canto la nuotata della band in queste acque non è priva di qualità, a dimostrazione del fatto che la sperimentazione questi sei professionisti l’hanno sempre avuta nel sangue.
L’album si apre con “Nobody Can Save Me“, traccia che ha tutte le caratteristiche che accompagneranno l’ascolto di tutti e dieci i brani presenti. Un grosso uso di vocine campionate è stato utilizzato dalla band, per dare un’aria indie al prodotto, scelta apprezzabile in determinate situazioni. Ed è proprio con esse che inizia One More Light, seguite subito dopo dalla calda voce di Chester Bennington in una veste inedita di cantante esclusivamente passionale. Il suo lavoro è encomiabile e la dedizione si sente in ogni strofa cantata, anche se dispiace un po’ di non poterlo sentire urlare come era solito fare.
Un altro aspetto essenziale dell’album è quello dei testi, tra i migliori mai realizzati dalla band senza nulla togliere ad altrettanti notevoli in passato. Come dichiarato da Mike Shinoda, ad essi è stata riposta l’attenzione maggiore e anziché scriverli dopo aver composto la base strumentale è stato fatto il contrario. Dunque ogni brano nasce prima dal testo e poi cresce nel suono. Questo riscontro è piuttosto riconducibile per tutti i brevi trenta minuti della durata. Le basi infatti tendono a ripetersi troppo e, salvo qualche trovata interessante, non convincono mai appieno. In compenso, come già detto, gli affascinanti testi equilibrano la situazione e sarà impossibile non commuoversi con brani come Battle Symphony, One More Light e Sorry For Now.
Nella prima, Chester Bennington accompagnato da un riff di chitarra e accordi di tastiere molto “catchy” canta soavemente una particolare strofa: “Please just don’t give up on me”. Esso chiede di non abbandonarlo, quasi a rivolgersi direttamente a coloro che hanno deciso di andar via dopo questa intrepida svolta del gruppo. Il brano che da il titolo all’album è invece una ballad di sola voce, chitarra e piano, probabilmente una delle canzoni migliori mai scritte dai Linkin Park. Dedicata ad un amico a loro vicino, morto per una malattia, la canzone rende impossibile non immedesimarsi nelle sue sincere parole senza avere la pelle d’oca e le lacrime agli occhi ripensando ai propri cari che non ci sono più. Sorry For Now è l’esperimento più bizzarro e rischioso dell’intera opera. Mike Shinoda, in vesti di cantante di alto livello già confermato in passato e in un altro brano di questo album dal nome “Invisible”, dedica la canzone ai giovani figli scusandosi con loro per non essere presente a causa del lavoro. Il drop di vocine campionate presente, che inizialmente potrebbe non piacere, riserva in se un messaggio subliminale particolare poiché la parola campionata è proprio “Dad”. Le urla dei figli, quando il padre valica la porta dicendo loro che un giorno capiranno, fungono da collante tra le strofe cantate e quelle semi-rappate da un inedito e improbabile Chester Bennington “MC”.
Menzione speciale per “Sharp Edges“, il brano che chiude l’intero album è un Country-Pop impensabile per una band del genere eppure il risultato è notevole nonché dimostrazione di grande coraggio e versatilità. Peccato per la breve durata, caratteristica negativa che accomuna tutto il prodotto per renderlo più scorrevole e orecchiabile al pop-olo, che lascia l’amaro in bocca permettendo di incidere solo dopo svariati ascolti.
Il rischio che i Linkin Park hanno corso questa volta è stato il più grande della loro intera carriera. Un punto di svolta netto, costretto a fronteggiarsi con chi al passato si ancora e con chi invece lo ricorda e venera abbracciando però anche il presente. One More Light è un prodotto difficile da accettare se si è fan storici del gruppo e il suo destino è ancora assai incerto. Dura troppo poco, non presenta una lavorazione certosina come nei precedenti album e non porta grandi innovazioni nel panorama. Ma ha un cuore al suo interno, ed è grande e sincero. La cosa certa è che i ragazzacci americani che urlavano rabbiosi contro il mondo ora sono cresciuti, si sono addolciti con l’avanzare degli anni e stanno intraprendendo un loro particolare percorso interiore. E desiderano che nuove generazioni e non, li accompagnino in questa strada tumultuosa dove il pericolo di non essere compresi è sempre in agguato.
“Please just don’t give up on me”
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