Mal di pietre: la regista Nicole Garcia e la scrittrice del libro Milena Agus presentano il film
12/04/2017 di Redazione

Mal di Pietre presentato oggi a Roma il nuovo film della regista francese Nicole Garcia assieme alla scrittrice dell’omonimo romanzo Milena Agus. Le due autrici hanno risposto alle domande della stampa,ecco cosa ci hanno raccontato sul film e sulla genesi dell’opera:
Gabrielle è cresciuta in un ambiente agricolo e piccolo borghese dove il suo sogno di vivere una passione assoluta è considerato uno scandalo. I suoi genitori l’hanno data in sposa a José, operaio stagionale, incaricato di fare di lei uan donna rispettabile. Gabrielle, che non lo ama, si sente sepolta viva. Durante un soggiorno alla terme, dove è stata mandata a curare dei calcoli renali, Gabrielle conosce André Sauvage, tenente dell’esercito rimasto ferito durante la guerra d’Indocina, che farà rinascere in lei il bisogno assoluto d’amare.

Che cosa l’ha colpita di questo romanzo e perché ha deciso di apportare tutti questi cambiamenti rispetto al testo letterario?
Nicole Garcia: “Innanzitutto vorrei dire che sono molto emozionata oggi di essere qui e prendere la parola dinanzi alla scrittrice del libro Milena Agus, è la prima volta che mi accade, perché penso che questo romanzo sia stato un grandissimo regalo che mi ha fatto. Ho letto questo libro perché mi era stato raccomandato da un amico e l’ho cominciato all’aeroporto di Orly (uno degli aeroporti di Parigi ndr) prima di un volo per Marsiglia, l’ho quindi letto durante il tragitto in aereo e, appena arrivata a Marsiglia ho chiamato subito il produttore per sapere se i diritti del libro fossero ancora liberi. Io leggo molto, ma generalmente quando lo faccio non è per trovare dei soggetti da adattare, in genere preferisco scrivere dei soggetti originali. L’unico adattamento che avevo fatto era quello tratto dal libro di Emmanuel Carrère per L’avversario che tratta di un fatto di cronaca avvenuto sempre qui in Francia. Quando ho letto il libro mi sono resa conto che c’era qualcosa per me in quel libro, qualcosa che era lì a prescindere, come quando si cercano delle cose senza sapere bene cosa si sta cercando. Probabilmente questo personaggio femminile cerca una cosa che tutti le rifiutano ed è stata questo uno degli elementi che più mi ha impressionato del libro.
Per quanto riguarda i cambiamenti che ho prodotto per l’adattamento di Mal di pietre devo dire innanzitutto che il tempo della letteratura non coincide con il tempo del cinema e, il tempo della letteratura consente ad una scrittrice come Milena, di andare dal passato al presente, e poi fare delle ricongiunzioni con il futuro e ritornare indietro. Il tempo del cinema invece richiede il tempo del racconto per cui, il primo intervento che ho fatto è stato quello sul tempo, poi non volendo dare al film un’ambientazione completamente italiana, pur mantenendola nello stesso periodo l’ho trasposta dalla Sardegna ad una località termale delle Alpi, dell’Alta Provenza, in Francia. Per l’adattamento non bisogna per forza paragonarsi con il libro; io penso che ci si possa anche allontanare dal testo letterario senza per questo tradirlo. Penso che tutto ciò che c’è in fondo al libro di Milena Agus sia presente e lo si può ritrovare nel mio film. Certo al momento della prima proiezione del film ho avuto l’impressione che le lettrici di Milena fossero un po’ preoccupate di quella che poteva essere la sua reazione davanti alla mia trasposizione del suo libro, però lei si è comportata da quella grande scrittrice che è mi ha detto che il film le era piaciuto e ha ribadito che l’adattamento deve essere necessariamente l’interpretazione del regista che realizza l’opera. E queste sue dichiarazioni mi hanno molto commosso.”
Alla scrittrice chiedo, che cosa le è mancato e che cosa le è piaciuto di questo adattamento cinematografico, qualcosa che la emozionata?
Milena Agus: “la cosa che mi è mancata, ma questo è normale, è la Sardegna, perché il film è ambientato in Francia invece che nella mia terra natia; ed è a tutti gli effetti un film francese, nel senso che anche la nonna è una nonna francese. Chiaramente, il fatto che non sia la Sardegna la location del film implica la mancanza di tutta la spiritosaggine tipica dei cagliaritani, la tragicità tipica delle comunità più nell’entroterra; in Sardegna la facciamo molto tragica all’interno e siamo molto spiritosi sulle coste. Chiaramente la donna, quella del libro, è una donna sarda però, anche questa nonna francese, io la amo molto, è molto più commovente della mia donna. La mia nonna è buffa, a volte, ed ha una forma di follia così, che fa sorridere mentre la donna francese, cioè la donna di Nicole (Garcia, la regista ndr) mi commuove profondamente, cosa che invece non ha mai fatto la mia, ad essere sinceri, e mi dispiace molto per lei, e sono molto contenta che alla fine rinsavisca. Ho pensato molto e, visto che io insegno italiano a scuola e ora stiamo facendo l’ “Orlando Furioso”, a me questa nonna francese ha ricordato molto Orlando, quando impazzisce e diventa matto per Angelica, e l’Ariosto raccomanda sempre di evitare le fissazioni ma di adattarsi alla vita, adattarsi alle cose, a quello che la realtà ci dà, ci offre, però Orlando non ne vuole sapere. Mentre la nonna sarda è cosciente che lei si inventa tutto scrivendo, quella cinematografica no, questa nonna soffre di un mal d’amore folle, un amore che non esiste e il marito (Alex Brendemühl) mi ricorda molto Astolfo che va a prenderle l’ampolla contenente il senno e la fa rinsavire. Poi, siccome questa è la terza volta che io vedo il film, alla prima e seconda visione mi erano sfuggite delle cose che oggi ho notato, in particolare e mi è piaciuta molto: l’unica cosa che ha di affascinante il reduce (Louis Garrel ndr), che poverino è un “relitto” umano, non si alza dalla sedia, quindi è difficile che possa essere un uomo così affascinante; l’unica cosa che ha è che le parla, e nessuno parla mai a questa povera Gabrielle, marito compreso.”
Una domanda per entrambe, visto che adesso avete parlato di “rinsavire”, volevo chiedervi se, ieri come oggi, amare con così tanta passione può essere additato come una malattia ? L’amore è un compromesso?
Milena Agus: “adesso quest’idea dell’amore virtuale la trovo proprio giusta, può essere paragonata alla stessa follia di Gabrielle; sono amori che non esistono. Secondo me non è da pazzi desiderare l’amore, la passione, l’amore ideale; è forse qualcosa a cui tutti abbiamo pensato. Non è una follia ma quando noi non riusciamo a vedere ciò che ci è vicino nella nostra vita, cioè le persone vere che ci sono accanto ma, siamo sempre avulsi dalla realtà, dove altri fanno quello che desideriamo facciano ma non fanno quello che desiderano loro, allora il pericolo della follia è sempre dietro l’angolo. Questo film a me ha anche a tratti ricordato “Adele H – Una storia d’amore”, Adele è un po’ come la Gabrielle del film.”
Nicole Garcia: “no, non sono tanto d’accordo; per me “Adele H” rappresenta più la follia erotomane perché i fondo questo ufficiale non le ha mai manifestato alcun tipo di interesse, mentre il reduce del mio film ha guardato Gabrielle, è entrato in sintonia con lei e ad un certo punto del film afferma “questa donna avrei potuto anche amarla se non fossi stato così vicino alla morte” ed è proprio questo che mi è piaciuto della storia, come Gabrielle cura all’inizio il suo a more e come, quando l’amore d’improvviso scompare, lo trasforma in una sorta di allucinazione, ma lo fa per non morire, per non sprofondare per sempre; trovo bello che una allucinazione di questo tipo serva a “salvargli” la vita. Ed alla fine del film quando lei chiede al marito “perché non me lo hai mai detto” lui le risponde: “perché volevo che tu vivessi”, quindi l’ha lasciata continuare ad immaginare e questo credo che questa sia la funzione riparatrice dell’immaginazione, della follia di Gabrielle.
Milena Agus: “neanche Orlando parla mai con Angelica la vede e si fissa soltanto sul fatto che lei è il suo vero amore e si fissa anche con l’idea che anche lei lo amerà e così la insegue per ogni dove. Lui dal suo canto è un uomo affascinantissimo, è un paladino, è un eroe, è famosissimo e lei invece si innamora di un soldatino insignificante e Orlando quando scopre questo diventa pazzo, furioso, per l’appunto e comincia a fare gesti folli come strapparsi i vestiti, combattere contro gli alberi fino a quando il cugino, che gli vuole molto bene, decide di cavalcare il suo grifo ed andare a recuperare il senno rinchiuso in una ampolla. Orlando recuperato il senno, lo odora, si guarda e constata di essere divenuto pazzo e si vergogna delle sue azioni.
Altra cosa che non avevo notato è come fosse avvenuta, in che maniera la trasposizione dal mio romanzo di tutti gli appunti che lei prende sul suo quadernino, di tutta la storia da lei inventata con il reduce; mi sembrava impossibile recuperare questa parte del libro e, anche se nelle prime due visioni non avevo compreso appieno, e ne anche in quella di oggi, ma solo ora ho avuto l’illuminazione, Nicole ha recuperato il valore della letteratura; se Gabrielle non avesse scritto quelle lettere sarebbe diventata subito pazza e il marito per evitarlo, non gli ha mai raccontato la verità.”
Nicole Garcia: “ormai l’amore è stato raccontato in tutte le salse, se ne parla su riviste, quotidiani, in ogni dove, quindi è difficile effettuare una radiografia corretta del termine “amore”, mentre invece trovo che nel libro si dica qualcosa di molto più concreto ed è questo che ha fatto venire fuori il lato femminile della protagonista ed è questa una delle cose che mi ha colpito durante la lettura, perché Gabrielle questo amore lo chiama “la cosa” e addirittura la chiede a Dio questa “cosa” principale e questa è vero per moltissime donne, e anche per molti uomini. L’aspetto sacro e quello sessuale sono due facce della stessa medaglia, è raro incontrare delle persone così amanti della vita, e non è folle comportarsi così, anche la ricerca del vero amore è una delle cose più intriganti della nostra esistenza perché ci da, come la protagonista, la possibilità di vivere liberamente la propria esistenza.”
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