Moglie e Marito: L’incontro con Pierfrancesco Favino e Kasia Smutniak
12/04/2017 di Thomas Cardinali
Abbiamo avuto il piacere di incontrare a Roma il cast di Moglie e Marito, la commedia degli equivoci in cui brilla la coppia Pierfrancesco Favino e Kasia Smutniak. Scopri cosa ci hanno raccontato su Talky!
Parte come film di fantascienza, ma poi hai scelto una chiave realistica per questa storia?
Simone Godano: “Lo spunto di fantasia è evidente nel film, ma quando Matteo mi chiamò dopo soli due giorni mia moglie mi annunciò di essere incinta quindi era un momento particolare. Ho letto la sceneggiatura e mi è stato chiesto come l’avrei voluta sviluppare, volevo che la gente credesse alla storia che saremmo andati a raccontare. Da qui poi c’è stato l’incontro oltre che con Giulia anche con questi due mostri ( Favino e Smutniak ndr). Non volevamo costruire a tavolino tutti i passaggi dello scambio per chiudere il film in un genere prestabilito. Diventa molto importante anche la chiave di commedia, volevamo che il film emozionasse soprattutto nella seconda parte”.
Nella costruzione dei vostri personaggi siete partiti dall’osservazione dell’altro?
Pierfrancesco Favino: “Io, come potete immaginare, parto avvantaggiato visto la somiglianza con Kasia (risate ndr.). Ho visto lei e ho pensato che lo sforzo per immedesimarmi sarebbe stato relativo e questa consapevolezza mi ha aiutato. L’ho osservata, ma ho dovuto prenderedelle minuzie… a parte gli scherzi abbiamo fatto finta di fare delle prove per poterci spiare prima delle riprese, poi ho rivisto suoi vecchi film, interviste. Poi da solo mi sono chiesto quali aspetti mi avrebbero potuto far interpretare non lei, ma Sofia perché io andavo ad interpretare lei e non Kasia. I nostri personaggi non ci somigliano, quindi è stato un doppio carpiato. Ci sono delle cose però come il movimento della bocca che mi hanno aiutato nel lavoro. Abbiamo giocato su una commedia degli equivoci perché ci aspettiamo che il pubblico li voglia andare a trovare. Noi abbiamo vissuto un vero dramma, non ci siamo mai occupati veramente della commedia ma dell’urgenza di risolvere i problemi che si susseguivano nella storia. Ho urlato e pianto come mai nella vita durante questo film perché non ero in grado di risolvere ogni situazione. Non c’era tempo neanche per una ceretta da donna”.
Kasia Smutniak: “È stato un lavoro molto fisico, però maggiormente mentale. Per sviluppare un movimento, un gesto, noi partivamo dall’idea del che cosa avessi fatto se mi fossi trovata nella stessa situazione del mio personaggio. Sofia e Andrea sono diversi da noi, abbiamo dovuto costruirli e poi reinterpretarli. Io spesso mi facevo mandare da Simone alcune scene in cui non ero presente e le studiavo, poi era terribile non avere Pierfrancesco sul set e facevo perdere molto tempo alla troupe perché non ero convinta di aver fatto al meglio il personaggio. Abbiamo fatto un lavoro in funzione della sceneggiatura”.
Valerio Aprea: “Io ho dovuto subire due ore di trucco al giorno senza cambia sesso. Poi quando uno è un vero attore e fa questo lavoro lo fa. È stato molto molto divertente, a tratti irresistibile e io sono sbalordito dal loro risultato”.
Simone hai preso dei riferimenti da commedia classica Americana?
Simone Godano: “Questo è soggettivo, lo prendo come un complimento. Kasia mi ha chiesto se immaginassi il film così, è la cosa che mi rende più felice. È la mia opera prima e sapete che andiamo incontro a determinate dinamiche, ma sono contento di come è venuto rispetto a come lo immaginavo. Diciamo che abbiamo inserito un mondo medio televisivo, la prima puntata di Kasia è simbolica. Credo che il film sia venuto bene perché siamo un gruppo che si vede bene, quando c’è alchimia arriva sullo schermo”.
Giulia Steigerwalt: “Devo dire che è insolito per qualcuno che scrive la sceneggiatura essere totalmente soddisfatto del lavoro finale e io sono molto molto contenta. I riferimenti erano per me più di struttura nella scrittura di una sceneggiatura blindata, però poi ritengo che imitare un certo cinema è sbagliato ed invece è giusto calarlo in una realtà italiana. Simone ha fatto un ottimo lavoro in questo”.
Avete visto un vecchio film del 1984 “Ho sposato un fantasma” in cui facevano più o meno quello che avete fatto voi?
Pierfrancesco Favino: “Naturalmente è un’accusa di plagio (risate ndr). Se è per questo ce n’è anche uno di Aldo Fabrizi che trattava il tema del doppio. Esiste da prima di noi, da prima degli americani, fa parte della commedia degli equivoci e ne è alla base. In questo caso è un meccanismo che trovo con un buobo sviluppo ed è una novità tra le idee ristagnanti che ci propone il cinema. La sceneggiatura parte da una situazione fantastica e arriva a raccontare ciò che realmente potrebbe accadere in una coppia. Mi sono divertito ed intenerito leggendola, l’idea è classica e ringraziamo Dio che qualcuno abbia avuto il coraggio di portarla ai giorni nostri. Io non ho voluto rivedere nulla perché ho lavorato con persone di cui mi fidavo moltissimo. Ci sono tantissime cose che sono accadute lì, come ad esempio la scena in cui piazzo il frullino nella sala operatoria nella mano del morto, non sapevo ci sarebbe lì. Questa possibilità di improvvisare è accaduta con un regista alla prima esperienza, che solitamente sono molto più ansiosi di controllare gli attori, e quindi vanno a lui i complimenti”.
Questo film potrebbe essere un’istruzione per l’uso?
Pierfrancesco Favino: “Vedo che ci sono moltissimi ragazzi interessati a questo film anche di 16 anni, sarà la locandina con la chiappa (risate ndr). Se può servire come istruzioni ben venga, chiunque di noi con una compagna potrà venire in sala e poi guardarsi in modo diverso alla fine. Se ci fosse la garanzia di tornare indietro io farei questa esperienza di scambiarmi, vorrei vivere per due giorni nella vita della mia compagnia e sono sicuro la conoscerei meglio e la rispetterei meglio. È una cosa positiva”.
Kasia Smutniak: “Io per tutti i motivi che diceva Pierfrancesco lo farei, anche la curiosità mi spingerebbe”.
Valerio Aprea: “Quando ho letto la sceneggiatura speravo ci fosse una scena d’amore, io a quel punto ho pianto perché ho detto “questa è la cosa più profonda”. Lì fa accadere quello che uno si comincia a chiedere durante il film, si è manifestato nella sua quadrimensionalità”.
Questa crisi d’identità maschile e femminile c’è stata con il giusto senso della misura, pochi sfarfallamenti, però avete anche sottolineato l’uomo e la donna di oggi.
Kasia Smutniak: “La misura è stata la cosa più difficile, infatti io ero nel panico e ho fatto perdere un po’ di tempo. Io da sola non ero del tutto sicura della misura, con Pierfrancesco accanto era tutto più semplice”
Pierfrancesco Favino: “È il motivo per cui ultimamente dormo nell’apetta sotto casa sua (risate ndr)”.
Kasia Smutniak: “Credo sia stato bravo Simone, i personaggi erano molto chiari e ci siamo spinti oltre”.
Pierfrancesco Favino: “Io penso che le cose che dice Kasia alla fine se le avessi dette con il mio corpo avremmo parlato di un film maschilista, la libertà di essere scorretti la garantisce lo scambio. Anche le cose che non ci diremmo mai e fanno andare una coppia in crisi portando ad incartarci. Se non riesco a fare due cose insieme perché non ci riesco non ci riesco, ammetterlo nei panni dell’altro penso sia un bel modo e qui viene raccontato. I giornali maschili parlano di crisi del maschio, i giornali femminili di donne toste quando invece hanno bisogno l’uno dell’altro. È una cosa bella ed emozionante. Io mi sono anche lasciato un po’ libero per la misura, libero di far accadere alcune cose sul set. La parte più laboriosa era credere fino in fondo al problemi che si susseguivano, trovarsi in una sala operatorio od uno studio televisivo all’improvviso quando non lo hai mai fatto prima non è facilissimo. Io sono convinto che le coppie che vedranno questo film avranno più empatia per l’altro ed è un termine che usiamo all’inizio del film se ben vi ricordate. Ti fa pensare che l’altro sia tu dando per scontate cose che in realtà non lo sono”.
Il finale nello studio televisivo con donne che odiano le donne, credo che il fatto che questo film lo abbiano scritto due donne sia stato importante per il monologo?
Giulia Steigerwalt: “Quel monologo viene forse da quello che una donna nota costantemente nella società, però nel momento in cui ho immaginato un uomo a trovarsi in una condizione sociale difficile a chiedersi cosa dobbiamo fare noi per piacergli. Ho pensato ad un uomo che dice ad una donna ma chi te lo fa fare, perché non potete essere come volete. Quando dice di volersi sentire donna nel modo più vero è comprensibile in questa società in cui tutti siamo calati e partecipiamo inconsapevolmente. Quella scena era molto di immedesimazione reciproca. C’è anche l’aspetto sociale dei ruoli incastrati, lui ne prende maggiore consapevolezza alla fine”.
Pierfrancesco Favino: “Il film è dedicato alle donne dell’ovest (risate ndr)”.
Kasia come hai fatto a sbagliare con i tacchi?
Kasia Smutniak: “Ho sbagliato perché dovevo sbagliare, ma era capire cosa sarebbe accaduto se non fossi mai stata sui tacchi con la consapevolezza di avere il suo corpo. Dovevo partire dalla prima cosa, già la voce che non era tua. La camminata è basata sulla consapevolezza di come muoversi nello spazio, è iniziata nell’armadio di casa di Simone durante le prove il primo giorno. Hanno fatto anche un caffè da donne”.
Volevo sapere se avevano visto “Nei panni dell’altro” (film del 1996 commedia australiana con Guy Pearce) e si erano ispirate?
Simone Godano: “L’abbiamo bucata, non l’abbiamo proprio vista”.
Prima dicevi che nel film c’è un’idea e viene sviluppata, sai che si parla molto delle difficoltà nelle commedie . Il problema è questo?
Pierfrancesco Favino: “Non volevo fare riferimento ad altri, lo dicevo anche un po’ da produttore e dal punto di vista lavorativo. Non era una riferimento al cinema italiano o ad altri film. Quello che piace a me da spettatore è vedere nascere una vicenda da un’idea e svilupparla. Il cinema non è una sola struttura e questo ne è un esempio. Possiamo pensare anche a dei classici come L’Avventura che non hanno questo tipo di struttura, le vicende dell’eroe possono passare da impedimenti esterni. Lo ha detto Simone da solo in un momento particolare, quindi gliel’ho rubata questa massima (risate ndr.)”.
Volevo il punto di vista degli attori sulla scena di sesso?
Pierfrancesco Favino: “Abbiamo improvvisato, da una parte ero proprietario di un pene e lei di una vagina per la prima volta. Ci siamo divertiti ad immaginare ciò che poteva succedere, non è solo una differenza genitale ma anche nell’eccitazione che uno si sente diverso”.
Kasia Smutniak: “È stato divertente fare una scena di sesso con Favino e mi sono divertita molto quando l’ho letta, non ci potevo credere. L’abbiamo improvvisata parecchio e funzionava, lo abbiamo capito dalle risate della troupe. Quando vedi una troupe che partecipa, si ferma e ride fino a piangere è bellissimo. Non è stato un lavoro singolare, io chiedevo un continuo consiglio a tutti. Volevo capire quando Pierfrancesco non c’era la cosa del dito e ci siamo mandati tutti a quel paese. C’era tutto uno studio dietro (risate ndr.)”.
Pierfrancesco come ti sei trovato a fare la mamma?
“Mah, penso di essere stato bravo ed anche dolce quando lo tenevo in braccio per fare il ruttino. Sono una brava mamma no? (risate ndr)”.