Rimetti a noi i nostri debiti: Visita sul set e incontro con Santamaria e Giallini
21/01/2017 di Thomas Cardinali
Il resoconto della nostra visita sul set di “Rimetti a noi i nostri debiti” e l’incontro con la coppia di protagonisti Marco Giallini e Claudio Santamaria e il regista Antonio Morabito.
Antonio Morabito: “L’idea è venuta da un articolo che avevo letto su “El Pais” che trattava di una figura esistente in Spagna, che si occupa di recuperare crediti per conto di terzi e mettendoli alla gola. In Spagna tutto ciò è legale, in Italia invece c’è un controllo maggiore e si può emarginare questo fenomeno. Il film parte da questa idea, ma è anche altro. È legale ad esempio vendere i propri debitori con debito annesso e in Italia questo accade. Claudio Santamaria capisce che l’unico modo per saldare i debiti è lavorare per il suo creditore. Il suo trainer sarà il personaggio di Marco Giallini, che ha diversi scheletri nell’armadio”.
Claudio e Marco cosa fanno i vostri personaggi?
Claudio Santamaria: “Il mio personaggio ha debiti con problemi finanziari notevoli, prende coraggio e capisce che l’unico modo per pagare è lavorare per il suo creditore come quando lavi i piatti per pagare il ristorante. In questo caso però le mani rimangono sporche, è un lavoro illegale e molto poco pulito. Mette questo di fronte a se stesso e lo porterà a scoprire nuovi lati del suo carattere e a compiere delle scelte. È un personaggio che lotta per la sopravvivenza, è un simbolo della società che ci fa fare cose che non ci piacciono per sopravvivere. È una metafora dei nostri tempi”.
Marco Giallini: “C’è una scena dove un debitore dice ‘chiamo la polizia’ e noi vestiti da giudice gli diciamo che non c’era nulla di illegale e c’avremmo fatto noi due chiacchiere con gli agenti se fossero venuti. Io sono un po’ l’insegnante di Claudio, poi nei sotterranei più nascosti facciamo cose anche più illegali. Gli insegno a dare due mazzate, una alle gambe e una alla schiena, gli insegno a superare il limite tra la legalità e l’illegalità. Il film è diviso in tre fasi”.
C’è stata una ricerca per la costruzione dei personaggi?
Antonio Morabito: “Il film parte da alcuni articoli di giornale, la parte della gogna è quella spagnola mentre il mercato di debiti e debitori lo abbiamo anche in Italia. A me interessava il viaggio dei due personaggi. Ne “Il venditore di medicine” c’era davvero una radicale ricerca, questo invece è un film fondato sui personaggi e sul loro percorso. Sicuramente butta un occhio sul mondo che ci circonda e vede il sociale, ma è un film di attori e personaggi ed è molto importante il loro approfondimento personale. Ora stiamo girando una scena in cui Franco insegna il mestiere a Guido e gli sta facendo vedere la gratuità dell’umiliazione, in questo caso della cameriera. Gli fa conoscere un limite in una fase di studio”.
Un film girato interamente a Roma?
Antonio Morabito:“Si, girato in sei settimane con la prima parte a Primavalle, poi in altri posti”.
Durante la preparazione vi è capitato di sentire storie?
Marco Giallini: “Credo che tutti le abbiano sentite queste storie durante la vita”
Claudio Santamaria: “Noi abbiamo avuto modo di condividere esperienze e racconti”.
Quanto è difficile fare un film di questo genere?
Marco Giallini: “È una realtà brutta, una volta ho sentito che c’era stato un prestito ad una persona vicina a noi ed un’altra ha dato i soldi per estinguere il debito. Questa persona che gli ha dato i soldi è stata percossa perché si doveva fare gli affari tuoi. Se ti ho dato 5 e tu mi ridai 6 dopo una settimana io ti picchio perché potevano diventare di più. È davvero una piaga brutta”.
Franco, il personaggio di Marco Giallini ha ancora dei dubbi?
Marco Giallini: “È un padre di famiglia con dei bambini, ma con i suoi lati oscuri. Ci sono delle scene in cui rifletti, non è proprio un delinquente”.
Si racconta una Roma poco raccontata e descritta, questa socialità.
Antonio Morabito: “Primavalle credo che l’ultimo film girato fu Europa ’51, c’è una Roma che non si vede nelle periferie. Non palazzoni degli anni 80-90 ma una Roma diversa. All’Eur vengono incontrate le persone di cui bisognava recuperare i soldi, c’è anche una scena a Piazza Mazzini”.
Alla fine c’è una luce?
Antonio Morabito: “C’è un film che mostra delle cose, che mette luce. Il film ha un tono drammatico, ma diversi momenti di leggerezza dati dal personaggio di Brando. Una cosa che mi piaceva molto delle scene sono i cambiamenti di tono”.
Sono un’evoluzione dei cravattari?
Antonio Morabito: “Quelli sono una parte, ma la loro tecnica di recupero crediti è tragicomica. Non sono veri cravattari”.