Sole cuore amore: Daniele Vicari, Isabella Ragonese e Francesco Montanari presentano il film
03/05/2017 di Redazione
Sole cuore amore, il nuovo film di Daniele Vicari è stato presentato oggi pomeriggio alla stampa. Dopo il passaggio alla scorsa Festa del cinema di Roma il film uscirà il 4 maggio in sala distribuito da Koch Media.
Sole cuore amore è Daniele Vicari al 100%, il regista ci ha messo tutto se stesso nel realizzare da un suo copione, scritto in sole 48 ore, un film che mescola fatti di cronaca ed esperienze di vita quotidiana, un film forte e di elevato impatto sociale.
Uno di quei film che vi faranno sicuramente discutere ad uscita sala. Peccato venga distribuito solamente in 50 copie un po’ pochine.
In una conferenza stampa meno gremita del solito, molte testate lo avevano già visto alla Festa del cinema di Roma, il regista Vicari e il cast composto da Isabella Ragonese, Eva Grieco, Francesco Montanari, Francesco Acquaroli, Giulia Anchisi, Chiara Scalise, hanno risposto alle domande della stampa e hanno raccontato il dietro le quinte della realizzazione del film, ecco cosa ci hanno raccontato:
Daniele Vicari: Sono molto contento che Koch Media distribuisca il nostro film e che lo stia facendo con grande precisione e grande amore, ed è una cosa che non davo per scontato, lo dicevamo prima con il produttore Domenico Procacci. Secondo me bisogna cominciare ad amarlo di più il nostro cinema vista la fatica che facciamo a fare i film. Questo lavoro è stato possibile perchè, per l’ennesima volta Domenico Procacci, in qualche modo ha visto più di quanto vedevo io il film dentro questa sceneggiatura, perché io l’ho scritta molto velocemente, in pochi giorni, in reazione ad esperienze emotive avute da poco e così non mi rendevo conto che potesse essere un film. Quando Domenico ha letto la sceneggiatura mi ha detto: “lo facciamo subito!”, ed io confesso che mi ha preso un colpo perché io non pensavo di avere la forza per farnlo subito. D’altro canto il ruolo del produttore comincia lì, se vede che in una sceneggiatura c’è una storia, egli le permette di tramutarsi in un film.
Domenico Procacci: Il film ha un budget di poco superiore ad 1,5 milioni di euro, siamo riusciti a contenere abbastanza i costi grazie al lavoro svolto dal regista e dal cast quotidianamente, è coprodotto con Rai Cinema che ha condiviso la storia, il copione. Anche se daniele lo ha scritto di getto, in pochissimi giorni, è vero che mi ha colpito tantissimo poichè c’è una ispirazione a fatti realmente accaduti, anche abbastanza recenti. In qualche modo a me è sembrato un film da fare, una storia da raccontare. Anche il Ministero dei beni Culturali ci ha aiutato, infatti il film gode del finanziamento del Ministero. Il film uscirà dopodomani, giovedì 4 maggio, in circa 50 copie e speriamo che il numero possa salire. A Roma uscirà anche al Nuovo Sacher e ciò ci rende particolarmente felici vista la cura con cui Nanni Moretti sceglie la programmazione per il suo cinema.
Isabella Ragonese: Che dire, voi avete già visto il film, perciò proverò a descrivervi il mio personaggio. Per me interpretare questo ruolo è stato un regalo meraviglioso perché è stato come se in qualche modo avessi realmente conosciuto Eli; mi sembra una persona che ho conosciuto, una persona che stimo e verso la quale ho un rispetto come se fossi davanti ad un essere sacro perché la vita difficile che fa e come la affronta, è d’esempio per tutti. Eli è un personaggio con una energia incredibile, mi sembra di aver interpretato un’eroina del quotidiano. Io penso che questo sia un film caldo, come appunto recitano le parole del titolo, che è fatto di rapporti umani, di una umanità che si sostiene e cerca di resistere alla bruttezza, agli orrori mettendo la bellezza e l’amore al primo posto per diventare artisti del quotidiano. Mettere poesia nella vita è una grande lezione che mi ha dato questo personaggio e penso che ciò arrivi allo spettatore ed è stato possibile solamente grazie al lavoro che ha fatto Daniele (Vicari ndr) con noi. Lui conosce a fondo l’anima degli attori, quindi ha saputo approcciarsi a noi e ai nostri ruoli in maniera esemplare, già da prima costruendo il nostro passato, quello dei protagonisti, che è ciò che non si vede nel film, ma si sente, e quindi tutte le nostre relazioni come l’amicizia speciale che c’è tra Eli e Vale e la bellissima storia d’amore con il marito con il quale la protagonista ha voluto costruire una famiglia numerosa. Ho affrontato questo personaggio pensando sempre che alla domanda “Sei felice? ” Eli risponderebbe sempre “Si!”. Lei è felice e nonostante tutto, è una persona che crede nella vita e ciò gli da molta forza.
Eva Grieco: Sono felicissima di far parte di questo film; io vengo totalmente da un altro mondo e quindi devo ringraziare tantissimo Daniele che mi ha accolto e ha avuto fiducia in me e tral’altro mi ha permesso di avere una autorialità nel film, nelle mie performances, che è una cosa molto rara. Sono molto felice perchè questo è un film che restituisce molto alle donne, soprattutto in periodo ed in un paese ove c’è bisogno di questo; bisogna far capire, e ripeterlo come un mantra, che le donne sono forti e si caricano veramente di tantissimi problemi. Una lotta ancora dura, purtroppo. E poi perché si tratta di un film in cui molte persone vi si possono riconoscere, ed io sono la testimonianza diretta che Vale esiste, e che fa un lavoro che a volte non viene neanche considerato come tale; quasi la totalità delle persone che conosco faticano veramente a sopravvivere e, la cosa curiosa è che io mi sono riconosciuta sia in Vale che in Eli quando è arrivato il copione perché, ad esempio, in quel momento abitavo ad Ostia Antica e praticamente facevo due ore di viaggio per arrivare a Roma e due ore di viaggio per tornare a casa. Uscivo alle sette di mattina e tornavo alle undici di sera, distrutta. Ed anche io nella mia vita ho dovuto fare dei lavori normali per mantenermi come la barista e la bigliettaia perché, scegliendomi un lavoro come il mio, è difficile sopravvivere. Io sono una danzatrice contemporanea di ricerca, quindi parliamo della nicchia della nicchia della danza. Secondo me siamo divisi dal fare quello che vogliamo, quello per cui siamo stati formati ed invece lavorare per sopravvivere. È un film necessario, importante, che va visto.
Francesco Montanari: Io credo che la bellezza del film sia che, al di la di tutto, c’è una storia di speranza; la coppia protagonista del film vuole stare insieme, si amano e fanno di tutto per lottare affinché questo amore concreto e palpabile sia accessibile e quotidiano. Per quanto riguarda Mario, il mio protagonista, io ho degli esempi nella mia vita; stamattina raccontavo di un mio caro amico che ha lavorato per tutta la vita e , nel momento in cui la moglie è rimasta incinta di due gemelli lui ha perso il lavoro drasticamente che è un po’ la storia che accade a Mario nel prologo che non si vede nel film (ma possiamo immaginarcelo). Tramite i miei occhi ho visto quanto l’esigenza e la necessità della sopravvivenza ti sviluppa un senso proprio di lotta estrema contro le difficoltà quotidiane; passi sopra a tutto e tutti, in primis sopra a te stesso per riuscire a mantenere quel nucleo sano per quel che è possibile. Questo è quello che ho cercato di portare in questo rapporto con Isabella/Eli. Chiaramente Mario è un personaggio che ha una mentalità ed una emotività maschile quasi primordiale, istintiva in una società che, vuoi o non vuoi, è cattolico borghese; anche se non fai aprte di quella borghesia, sei un uomo che cresce e deve assolutamente sostenere e sostentare la famiglia e la propria moglie. Ciò non essendo possibile suscita dei sensi di colpa, in primis un senso di inadeguatezza mitigato però dal carattere forte e volitivo della moglie Eli “non c’è tempo per i sensi di colpa”.
Io sono molto onorato di aver preso parte a questo film ed interpretato questo ruolo. Quando penso sempre al mio lavoro, rifletto che si ha la possibilità di unire il divertimento come professione, la ricerca come professione, ma anche la grande connessione con la realtà dell’essere umano è sicuramente un lusso ed una responsabilità.
Francesco Acquaroli: C’è un aspetto che a me intenerisce molto, può sembrare strano, del personaggio che ho fatto, di Nicola. Mi sembra che egli sia del tutto inconsapevole della qualità di vita che conduce. In realtà lui, come le sue dipendenti, al di là dell’aspetto economico, forse è solo quella la differenza vera, si ritrova sei giorni e mezzo a settimana chiuso dentro il suo bar; segue questo suo buonsenso di “basso conio” che gli dà un ordine nella vita nel quale lui evidentemente si trova bene, ma senza rendersi conto che anche lui ha una vita completamente schiacciata dal lavoro. A me questo aspetto mi ha intenerito molto. Drammaturgicamente è lui il personaggio negativo in qualche modo, poco simpatico senz’altro, ma ha fatto molto riflettere proprio che lui fosse così, prigioniero di una condizione sulla quale lui non ha alcun potere e non è in grado in alcuna maniera di modificarla, anche lui è “costretto” a vivere la sua vita.
Chiara Scalise: Intanto io sono italiana e non araba anche se interpreto Malika, la ragazza algerina commessa nel bar di Nicola. Penso che la sfida, prima ancora del lavoro sulla lingua, sia stata proprio l’investimento che questa ragazza fa sul suo futuro; anche io ho fatto l’università ma, perdere un semestre, per me non era certo il dramma che poteva essere per Malika, quindi il mio lavoro si è concentrato fondamentalmente sul capire l’importanza che questo lavoro ha per lei. Malika doveva avere assolutamente quel lavoro perché perdere quel lavoro avrebbe significato la rinuncia all’università e al proprio futuro. Nel piccolo del mio personaggio in realta il mio dramma diventa enorme. Ognuno di noi, anche Nicola, il personaggio più negativo del film ha una sfida e penso sia propro questa la grandezza del film con questo incrocio di anime, affaticate ma con tanta energia e bisogno e voglia di andare avanti.
Giulia Anchisi: Il mio ruolo nel film, quello di Bianca, ha avuto come quello di vale un doppio lavoro, nel senso che anche io vengo dalla danza e approdo successivamente alla recitazione. Il lavoro che abbiamo fatto con Daniele e con Eva è stato proprio questo: la costruzione del personaggio e del legame che c’è fra queste due figure; Bianca è un personaggio ambiguo, che dice e non dice, e tutto questo deriva dalla sua giovane età, è ancora giovane e sta capendo il senso della vita. Ho avuto due maestri, da una parte Daniele che ha lavorato con anche noi per improvvisazione su scene che nel film non vedete: il momento in cui Bianca e Vale si incontrano e si scelgono, e dall’altra parte con Vale/Eva ho lavorato su questa danza di ricerca; venendo dalla danza classica e contemnporanea, diciamo che mi sono affidata a lei e le sono molto grata. Questo è il mio esordio per cui ho messo in questo personaggio quell’insicurezza di cui aveva bisogno. Daniele è un maestro nel lavorare con gli attori per cui il personaggio di Bianca ha sicuramente preso da me, Giulia, come credo sia stato anche per gli altri personaggi. Questo è un film assolutamente necessario, speriamo vada bene.
A Roma quando lo avevi presentato hai detto che il film era la storia di un disagio di alcuni personaggi che si devono misurare con le difficoltà proprie di questo momento storico, puoi spiegarci meglio questa tua definizione del film? È vero che è un film realistico però rispetto a film generazionali del passato, in quest’opera manca completamente la speranza c’è il sostegno della solidarietà ma non c’è il sostegno ideologico.
Daniele Vicari: Innanzitutto ci sarà un motivo per cui siamo tutti incazzati, no? Questo motivo è legato al fatto che facciamo una vita che non ci piace, ma non cè che lo facciamo perchè siamo tutti viziati, magari tra di noi qualche viziato c’è, però, secondo me, la maggior parte di noi è composta da persone oneste che cercano di fare nel miglior modo possibile il proprio lavoro. Se tu sei una giornalista precaria che prende 600 euro al mese e devi scrivere su sei giornali diversi in una settimana per portarne a casa 900, poi tutto ad un tratto ne perdi tre, alla fine del mese sei nei guai. Se poi hai anche una famiglia e tutta una serie di responsabilità, sfoci nel dramma. Diciamo che c’è poco da ridere in questa situazione, in quella dei protagonisti. Se vogliamo capire perchè siamo tutti arrabbiati dobbiamo anche guardare in faccia le dinamiche che ci conducono a questo senso di disperazione diffuso; non è che ci possiamo svegliare la mattina e, siccome la gente protesta, allora scopriamo che gli italiani protestano. Trovo sorprendente, ed è il motivo per cui ho fatto questo film, il fatto che gli italiani non si ribellino, e allor ami sono chiesto: “perchè non ci ribelliamo?” ed ho cercato di dare una risposta sentimentale attraverso questo film, perchè questo lavoro è ispirato alle persone che io amo di più: a mia madre, a mia sorella, alle mie amiche; soprattutto le donne perchè noi maschietti dobbiamo affermare, è arrivato il momento, senza alcun bisogno di smentita che, se la nostra società stà ancora in piedi è grazie a loro, grazie alle donne. Esse si caricano sulle spalle la maggior parte della fatica sociale. Perchè non ci ribelliamo? Non lo facciamo perchè, come accade ad Eli (IsabellaRagonese) durante il film, non ne abbiamo in alcun modo la possibilità di farlo; Eli ha il problema di dover portare a casa lo stipendio e sa, nella condizione in cui vive, che se si ribella, perde quell’unica possibilità che ha. È talmente cosciente di questa situazione che quando suo marito le dice di non sapere se inizierà a lavorare il mese prossimo, lei non obbietta e dice solamente di tener duro. Per me l’altro titolo possibile di questo film poteva essere “teniamo duro”. Dico questo perché la distanza dal mondo che noi tutti, anche quelli che fanno il mio mestiere, anche io, abbiamo nei confronti della società è talmente abbissale che non ci rendiamo conto di queste dinamiche e ciò è vero per la politica, per il giornalismo, per il cinema; è vero per tutti quei settori che in qualche modo ti permettono di avere questa distanza. Allora, il motivo per cui il film è ambientato lontano dal potere, in una “interzona” che non è né l’estrema periferia sfigata dove tutti vivono vendendo la cocaina, che si sparano per comperarsi la macchina etc. etc., nè il centro della città dove preti, politici, papi, re, regine, tengono in mano lo scettro e decidono il destino del mondo. Una “interzona” quella in cui la maggior parte dei protagonisti vivono ed entrano in conflitto tra di loro semplicemente amandosi, non combattendo. Basta amarsi per entrare in conflitto con questo mondo che abbiamo costruito, un mondo, secondo me, non adatto agli esseri umani. Anche per questo motivo noi odiamo profondamente chiunque vada al governo, chiunque abbia una responsabilità pubblica perché attribuiamo a queste persone, volta per volta, le cause di questa condizione che è molto più dura, molto più seria e molto più difficile da capire di quello che noi pensiamo tutti i giorni. Questo è il requisito fondamentale per parlare delal condizione delle classi popolari ma non solo, perché qui stiamo assistendo anche ad un fenomeno della proletarizzazione del lavoro intellettuale e quindi anche della classe media e medio-alta. Questo scontento è in qualche modo entrato nel film ma non è presente, spero, in forma ideologica, perchè a me, quello che pemeva più di tutto, ciò che volevo porre a monte di questo discorso è: “ma come fanno a vivere le persone che io amo?” come riescono a vivere con 7-800 euro al mese, i figli, le bollette, la possibilità di perdere il lavoro, come fanno?
Questa è la domanda vera che ci dobbiamo porre tutti e che io mi sono posto scrivendo Sole cuore amore.
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