Servizi Streaming: saranno davvero il futuro della musica?

Sempre più, giorno dopo giorno, i servizi streaming stanno influenzando l’industria musicale, anche se molti artisti non sono d’accordo.

Negli ultimi anni i servizi streaming si stanno imponendo sempre più nell’industria musicale. Colossi come Spotify, Tidal e Apple Music valgono oggi negli Stati Uniti oltre il 62% dell’intero fatturato musicale. Sono 30 milioni, sempre in America, le persone che pagano per poter accedere a servizi di distribuzione musicale e, secondo uno studio condotto da Goldman Sachs, nel 2030 il guadagno sarà triplicato (per un totale di 41 miliardi di dollari).

Molti sono gli artisti che hanno detto no ai servizi streaming, in particolare quelli gratuiti, come Spotify. 
A partire da Prince, Adele e Jay-Z fino ad arrivare ai Radiohead, il cui leader Thom Yorke aveva, nel 2013, affermato che: “Non abbiamo bisogno di voi, nessun artista ne ha bisogno. Possiamo fare tutto da soli quindi andata a fare in culo“.  Per poi aggiungere l’intera discografia della band nel 2016, un mese dopo l’uscita del loro ultimo album “A Moon Shaped Pool“.

Tanti, come la band, hanno inizialmente ripudiato i servizi streaming per poi inserire il loro intero catalogo in essi. Molta più confusione è stata fatta con Taylor Swift. La cantante aveva inizialmente privato tutti i servizi streaming della sua discografia. Grazie ad una sua lettera Apple Music ha cambiato i suoi parametri di pagamento degli artisti.
La Swift, infatti, lamentava del fatto che il colosso sottopagasse gli artisti che disponevano la discografia al colosso Apple. Dopo ciò, permise l’inserimento in esclusiva della sua discografia. Molto più recente è, invece, l’inserimento della sua musica su Spotify. Ufficialmente per festeggiare i “10 milioni di dischi venduti dell’ultimo album 1989“. Ufficiosamente perché non si poteva permettere di essere assente da un palcoscenico distributivo così importante.

Anche la celebre rivista Rolling Stone lo dice: “Nessun artista per quanto bravo, celebre o potente può oggi fare a meno della distribuzione via servizi streaming. Spotify, Tidal o Apple Music hanno più mezzi e capacità di qualunque casa discografica o singola band per riuscire a far arrivare la musica alle orecchie di chi può essere interessato“.

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