Tutto quello che vuoi: Francesco Bruni, Giuliano Montaldo e il cast presentano il film
10/05/2017 di Redazione
Tutto quello che vuoi è il terzo lungometraggio del “figlioccio” di Paolo Virzì, Francesco Bruni. Il regista è riuscito stavolta a far ritornare Giuliano Montaldo alla recitazione, una prova attoriale davvero di livello che appassionerà tutti gli spettatori che vedranno il film. Entusiasti e commossi, abbiamo assistito alla conferenza stampa, ecco cosa ci hanno detto il regista Bruni e gli attori:
Protagonista assoluto del film è Giuliano Montaldo che è nella storia di Rai Cinema, quali sono le tue sensazioni, considerazioni a riguardo?
Paolo Del Brocco: “Per me è sempre un’emozione vedere Giuliano Montaldo perché senza di lui Rai Cinema oggi non ci sarebbe. Quando lui ha voluto, oramai più di 15 anni fa dare inizio a questa società, l’ha subito proptetta e portata avanti; un’attività che senza di lui oggi non ci sarebbe e che nell’arco di questi anni ha dato un impulso molto importante al cinema italiano e alla scoperta di nuovi autori, sia già affermati, ma soprattutto giovani o nuovi.
Questo è il terzo film che produciamo di Francesco Bruni; un film molto garbato, ho sentito già qualche giudizio entusiasta, quindi siamo contenti di aver partecipato a questa avventura anche con il produttore Beppe Caschetto. A Bif&st di Bari ha avuto un’accoglienza strepitosa, che dire? Solo grazie a Giuliano che ci ha regalato questa grande chicca che ci rende orgogliosi e particolarmente felici per il film.”
Francesco, tu lo spieghi nelle note di regia, ma noi lo abbiamo imparato in tanti anni, che un film è qualcosa di molto personale per chi lo scrive e lo dirige; il film è liberamente ispirato ad un libro però, quanto è personale questo film al di là della storia di tuo padre e della somiglianza di Giuliano con lui?
Fancesco Bruni: “Tantissimo, l’ispirazione è personale e ci confluiscono tantissime cose assieme: la malattia di mio padre (l’Alzheimer ndr), un suo ricordo di adolescenza, la mia fascinazione per trastevere, luogo dove mi sono trasferito, e non è che venissi da Foggia, venivo da Piramide (quartiere romano ndr), i ragazzi del Cinema America occupato, il poter opsservare più da vicino questo mondo fatto di Drink e happy hour da una parte e dall’altra ragazzi volenterosi che fanno cose interessanti e alla fine, come dado del brodo, mi sono ricordato di un bellissimo libro di Cosimo Calamini, che è stato un mio ex- allievo di sceneggiatura al Centro Sperimentale, intitolato “Poco più di niente” e in questo testo ci ho trovato due espedienti narrativi che mi erano utili per portare a casa il raconto, soprattutto nella chiave avventurosa che prende ad un certo punto.”
Da giovane a Genova recitavi, poi dopo la vita ti ha portato a regalarci dei bei film da regista, ma com’è riuscito a convincerti Bruni a farti tornare alla recitazione? Che cosa ti ha dato un ruolo così bello che ci ha regalato tante emozioni?
Giuliano Montaldo: “Si, hai ricordato bene, io esattamente 67 anni fa, molti di voi non possono ricordarlo, il cinema era ancora sonoro (ride),io ho cominciato con “Achtung, banditi!” film d’esordio di Carlo Lizzani . Da lì è partita la mia carriera di attore e quando sono arrivato, io facevo il comico sul palcoscenico, da dilettante, e Lizzani che aveva pochi soldi a disposizione per quel film, e cercava di prendere gli attori dalla strada, come il neorealismo spesso chiedeva, per ragioni economiche, allora lui mi chiese di recitare ed accettai. Ero su questo set sbalordito: proiettoroni, macchine da presa enormi, ed allora un macchinista mi si avvicina e mi dice: “a Monta’, te piace er cinema? Stai attento er cinema è in crisi”… era il 1950 quindi devo dire che ne ho viste di storie anche perché 67 anni son tanti. Qualche cameo con amici cari l’ho fatto come Verdone, Moretti, ma quando questo signore, che conosco da tempo, io alla prima del suo film “Scialla!” ero commosso ed applaudivo come un pazzo, o conosco un giorno al Centro Sperimentale, lui insegnava sceneggiatura ed io provavo ad insegnare regia, cosa difficilissima anche perchè ci son tanti modi per diventare regista: il primo è stare sul set e vedere cosa succede, cosa che è successa in qualche modo a me, e poi capire il perché c’è scritto un dialogo e non c’è scritto primo piano, campo lungo, dettaglio anche perché il film bisogna prima vederlo e poi farlo.
Quando è venuto questo signore a casa mia a raccontarmi il film, e poi ho scoperto che raccontava anche una parte della vita di suo padre che, ahimè non c’è più, e aveva questo tipo di malattia, l’ho visto che si commuoveva. È bello, è un racconto stupendo, queste due generazioni, i nonni e i nipoti, saltando i padri , perché queste nuove generazioni vanno più d’accordo con i nonni che con i padri, e poi c’era un racconto aggiornato della gioventù con questi ragazzi che chattano sempre, con i cellulari perennemente in mano, anche per andare alla ricerca delle informazioni più essenziali che una volta insegnavano a scuola “come si chiama Garibaldi… Giuseppe, trovato!”; questo tipo di rapporto era straordinario. E poi c’era il mio tutor (Andrea Carpenzano ndr) che è stato straordinario, eravamo sempre insieme anche nei tempi morti tra un ciak e l’altro perché, dovete sapere che i registi hanno sempre da fare per preparare il set mentre gli attori, una volta girata la scena, si riposano e si fermano nell’attesa del ciak successivo e così noi passavamo il tempo assieme. Quando Francesco mi ha chiesto che voleva me come attore, come protagonista, sono un po’ sbandato, però mi ha convinto e mi ha dato grandi motivazioni, una forza incredibile, perché lui è bravo, davvero.
Paolo (Del Brocco ndr) grazie di avermi ricordato della mia presidenza di rai Cinema, ma sappi che io ho la mania delle presidenze, mi ricordo Napolitano un giorno mi disse di non montarmi la testa che Presidente della repubblica non ci sarei diventato, ma adesso sono presidente “ad interim” dei David di Donatello e poi vedrò quale altra presidenza accaparrarmi (ride).
Il film pone in essere un equilibrio meraviglioso tra racconto, personaggi e il rapporto dei giovani con l’anziano, come hai scelto di calibrare la leggerezza che dai ai ragazzi, il loro rapporto con Giuliano, inserendo anche un bellissimo spaccato del mondo giovanile? E poi dai ragazzi, quanto vi riconoscete nella crescita che i quattro protagonisti hanno ? Quanto c’è di voi?
Francesco Bruni: “Io sapevo sin dall’inizio che il film sarebbe stato toccante, commuovente, ci contavo, volevo che fosse così e per ottenere tale risultato volevo controbilanciarlo sin da subito con una vena umoristica, non comica, e quindi ho circondato la coppia principale con un terzetto di adolescenti e di altri attori meravigliosi come Raffaela Meale, Carolina Pavone e Antonio Gerardi a cui sono enormemente grato. Ho formato il cuore del film con questa banda sgangherata , questo Don Chisciotte con intorno quattro Sancho Panza e sono molto grato in particolare ad Emanuele Propizio che è un attore straordinario, molto esperto, che mi è venuto a fare il coach , il caposquadra di questi quattro disgraziati ed è stato generosissimo perché ha accettato una parte inferiore al suo grande talento.
Mia moglie è sempre nei miei pensieri, dalla mattina alla sera e non scrivo un film senza che ci sia una parte per lei, e non sino minacciato, badate bene, è proprio la mia musa, mi ha insegnato tutto. La poesia, se io la amo è proprio grazie a Raffaella (Meale ndr.).
Sì, c’era l’idea di controbilanciare l’aspetto malinconico con l’aspetto comico e quindi sono molto grato anche a Riccardone Vitiello che ho scoperto in un film di Eleonora Danco “N-capace”dove fa un meraviglioso elenco di cose che sarebbe stato in grado di mangiare in un giorno, io non me lo sono più scordato e quindi l’ho voluto assolutamente richiamare. Di Andrea Carpenzano parleremo a lungo, gli sono molto grato. Arturo, questo ci tengo a dirlo, ora ha una certa notorietà ma, all’epoca in cui ho pensato di coinvolgerlo nel film, oramai si parla di due anni fa, incredibile, lui muoveva i primi passi sulla scena e non era neanche particolarmente interessato a fare cinema; è stato un regalo che mi ha fatto, volevo un duro dal cuore d’oro e so che lui ce l’ha il cuore d’oro.”
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