Venezia 73: Amy Adams, “Lavorare con Denis Villeneuve in Arrival è stata una delle mie più grandi soddisfazioni”
01/09/2016 di Thomas Cardinali
Amy Adams e Jeremy Renner hanno presentato Arrival, l’ultimo film di Denis Villeneuve in concorso a Venezia 73.
Amy, Jeremy, come è stato lavorare con Villeneuve?
Amy Adams: È stata una delle più grandi soddisfazioni della mia carriera. Ero molto concentrata ma allo stesso tempo molto serena.
Jeremy Renner: Denis è veramente un genio secondo me. È una persona molto ponderata e molto paziente, mi ha consentito di avere una libertà artistica importante senza imporre l’eccellenza. Consente a tutti di collaborare con lui, ma è sempre al timone della nave.
Cosa se ne farebbero gli alieni nel mondo del 2016?
Amy Adams: Noi presumiamo che la pensino come noi. Non so cosa crederebbero gli alieni di questo mondo. Louise studia la loro lingua per capire gli essere con cui cerca di parlare, noi pensiamo che sarebbero altrettanto pazienti.
Jeremy Renner: Sono affascinato dall’aspetto del film che mostra l’umanità toccare il fondo. Nei momenti peggiori l’umanità pensa di più a ciò che unisce rispetto a ciò che divide, questo è un pensiero potente.
Amy, hai mai pensato che avresti fatto un film di fantascienza?
Il copione è bellissimo, cosa vi ha fatto decidere di girare il film?
Amy Adams: I primi 5’ sono un viaggio emotivo della madre e anche io sono una madre, poi quando il film è iniziato ho avuto un senso di connessione con l’umanità del personaggio nel cercare l’umanità degli alieni.
Jeremy Renner: Questo personaggio si allontanava da molti dei personaggi che ho interpretato prima. Il linguaggio stesso è molto intenso, avevo un collegamento emotivo con la storia e anche il fatto che Amy ne facesse parte. Si parlava della necessità di avere la padronanza di una lingua nuova, io farei qualsiasi cosa con Amy.
Amy, nel film la sua protagonista sembra accettare di conoscere il suo passato e futuro e di vivere serenamente. Se lei fosse a conoscenza di cosa la aspetta sarebbe capace di affrontare la vita o sarebbe spaventata?
Amy Adams: Avrei paura di conoscere il mio destino, ma forse mi calmerebbe. Sono sempre stata una regina dell’ansia, ma sarei davvero agitata in linea di massima. Tutti abbiamo sperimentato le perdite e la tristezza. Come esseri umani abbiamo la capacità di apprezzare ogni momento della vita.
È stato difficile intrecciare i ruoli di madre e studiosa?
Amy Adams: È uno di quei film di cui è difficile parlare, non vogliamo dire quello che succede. Tante donne che conosco attraversano la vita con grande intelligenza e ruoli diversi nella loro vita, non mi sembrava una donna strana ma sono donne che lottano nella vita di tutti i giorni. La nostra vita di uomini e donne è un equilibrio continuo tra la vita personale e il lavoro.
Il tema del film non è l’invasione ma l’importanza del linguaggio e delle parole che esprimiamo.
Amy Adams: Denis mi ha detto che avevo bisogno di capire cosa pensasse la protagonista. La sua pazienza ha fatto si che le scene potessero continuare con la fiducia del pubblico.
In fin dei conti i veri alieni nel film sono gli uomini con le loro ossessioni. Il personaggio di Amy è quella che cerca di vedere nel diverso delle possibilità.
Amy Adams: Lei cerca di proteggere la figlia dalla tristezza e dal dolore nel suo destino. Lei conosce il destino di sua figlia e tutti cerchiamo di proteggerla.
Qual è la vostra parola preferita e perché?
Jeremy Renner: Non mi piacciono i preferiti di nessun tipo. Se devo rispondere “Love”.
Amy Adams: La mia parola preferita è mamma.
Il film parla del linguaggio e della comunicazione, però molte delle scene più emozionanti del film hanno segni e sguardi. Come vi siete approcciati a questo?
Jeremy Renner: Questo è il nostro lavoro, personalmente comunichiamo. Credo che il modo più efficace siano le emozioni. Spesso mando a rotoli le conversazioni perché preferisco esprimermi con il viso. Noi lo facciamo per vivere questo mestiere e dobbiamo far leggere il nostro viso”.
Amy Adams: Ho cominciato come ballerina e ho imparato a comunicare con il corpo. Le idee e le emozioni con il corpo, ma quando si è nel coro si è sempre sul palco e questo mi ha tenuto interessata a quello che facevo. Ho fatto uno spettacolo di 18 mesi.