Stato-mafia, la deposizione di Pietro Grasso
11/07/2014 di Alberto Sofia
14.20 – STATO-MAFIA, UDIENZA CONCLUSA – Conclusa l’udienza, aggiornata al 17 luglio 2014 alle 9.30. Tra i teste anche Gianfranco Ciani, procuratore generale presso la Corte di Cassazione.
14.10 – Terminata anche la testimonianza del segretario generale del Quirinale, Donato Marra
14.00 – Dopo la missiva del 4 aprile 2012 inviata al Pg della Cassazione, Marra ha spiegato di non aver più seguito la vicenda.
13.45 – MANCINO E LA LETTERA ALLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA – Il segretario generale del Quirinale Donato Marra ha poi consegnato alla Corte d’Assise di Palermo la lettera inviata alla presidenza della Repubblica il 27 marzo del 2012 dall’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, nella quale si lamentavano divergenze e il presunto mancato coordinamento tra le procure che indagavano sulle stragi. Il Pm Nino Di Matteo ha letto in aula ad alta voce il documento (era già noto, in quanto il Colle lo aveva reso pubblico dal 16 giugno del 2012). Sulla lettera Marra ha spiegato: «La trovai di complessa interpretazione. Nella nota di trasmissione si è voluto lasciare le doglianze di Mancino, affinché fosse il procuratore generale della Cassazione a valutare se ci fossero esigenze esclusivamente di coordinamento delle indagini».
13.30 – Sulla vicenda giudiziaria Mancino, Marra ha spiegato che le sue conoscenze «non erano approfondite».
13.20 – Agli atti del processo c’è la nota di trasmissione che Marra inviò alla Procura generale della Corte di Cassazione con allegata la lettera dell’ex senatore Mancino. Si tratta della missiva in cui l’ex ministro sollecitava un coordinamento tra le diverse procure che conducevano indagini sulla trattativa. Il Pg della Cassazione Ciani ne discusse poi in un incontro, avvenuto il 19 aprile 2012, con l’allora procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. Sulle lamentele di Mancino Marra ha spiegato: «Il contenuto delle doglianze dell’ex senatore Mancino? Non ritengo di doverle valutare. Questo va chiesto a lui. Io ho letto la lettera, mi sono soltanto preoccupato di valutare la legittimità delle richieste. Noi non dovevamo né potevamo valutare se ci fosse difetto di coordinamento delle indagini, come lamentato da Mancino»
13.15 – «NESSUNA ANOMALIA» – Marra ha spiegato che «non vi fu nessuna anomalia» nel modo in cui il Quirinale ha trattato gli esposti dell’ex ministro Nicola Mancino, in merito alle richieste rivolte dall’ex ministro dell’Interno a Loris D’Ambrosio, allora consigliere giuridico del Quirinale.
13.05 – INIZIA LA DEPOSIZIONE DI DONATO MARRA – Marra ha chiarito quali sono le competenze del segretario generale, per poi precisare come «la sua funzione sia di indirizzo e di programmazione» e come non abbia alcuna supremazia gerarchica dal punto di vista burocratico. «Esistono linee direttive o guida per regolare istanze di lamentele di privati o esposti alla presidenza della Repubblica sul tema della giustizia? Non ci sono linee guida», ha replicato Marra alle domande. Non c’era nemmeno una prassi seguita? «La materia può essere affrontata dal consigliere giuridico, se la questione può essere risolta. Ma se è di una certa rilevanza e richiede che si informi il presidente della Repubblica, viene informato il capo dello Stato».
12.55 – Dopo la pausa, l’udienza riprende con la testimonianza di Donato Marra, segretario generale del Quirinale.
12.30 – TERMINATA LA TESTIMONIANZA DI PIETRO GRASSO – Si è conclusa nell’aula dell’Ucciardone a Palermo la deposizione al processo sulla trattativa Stato-mafia di Pietro Grasso
12.15 – La difesa di Mancino ha continuato: «Lei ha ricordato come Mancino si sentisse perseguitato, sa quante volte fu sentito come teste?». Grasso ha risposto: «Sapevo che fu ascoltato diverse volte, ma non so il numero. E comunque la testimonianza è un dovere dei cittadini, non certo occasione di tormento», ha replicato.
12.05 – Interviene la difesa di Mancino: «Volevo tornare sulla relazione dopo l’incontro con Ciani, incentrata sulla problematica del coordinamento delle indagini. Nelle sei righe iniziali viene citato il nome di Mancino, poi rimasto ai margini nelle altre pagine. Quali sono i temi in cui lei si sentì di chiarire?». Grasso ha replicato: «Ho ritenuto di partire dal momento più critico dei rapporti tra le Procure di Caltanissetta e Palermo per ricordare come ci fosse stato un intervento di tutte le istituzioni per risolvere quel problema, prospettato allora come molto grave dalla procura di Caltanissetta. Poi, considerate le nuove direttive, ho spiegato come non ci fossero state violazioni delle stesse».
11.57 – Nel corso della deposizione di Grasso c’è stato un botta e risposta con i pm: «Io pensavo di poter essere citato non solo come testimone, ma anche come persona offesa, dato che qualcuno alla fine del 1992 voleva “darmi un colpetto” (ovvero, Cosa Nostra voleva realizzare un attentato contro Grasso, come ha spiegato Brusca) per ravvivare la fiamma della trattativa», ha spiegato Grasso. Per poi continuare: «Una piccola annotazione perché non mi sarei mai costituito come parte civile» . Non è mancata la replica del capo della Procura di Palermo, Francesco Messineo: «Non stiamo celebrando un processo per mancata strage, ma per attentato al corpo politico dello Stato» .
11.45 – «D’AMBROSIO MI PARLÒ DELLE LAMENTELE DI MANCINO» – «Parlai una volta a Roma, credo all’università Luiss durante un suo corso di diritto penale, con l’ex consigliere giuridico del presidente della Repubblica, Loris D’Ambrosio (poi morto nel luglio 2012, ndr). Mi spiegò di lamentele e telefonate continue e insistenti nei suoi confronti da parte di Nicola Mancino». All’ex consigliere giuridico del capo dello Stato Grasso riferì come dal punto di vista giuridico non ci fossero i presupposti per fare nulla. «Lui era d’accordo con me». La seconda carica dello Stato ha poi spiegato come fu l’unica occasione in cui parlò con D’Ambrosio: «L’incontro fu talmente chiarificatore che non ne discutemmo più, nemmeno per telefono», ha replicato a una domanda.
11.30 – «Il termine avocazione lo tirai fuori io nella riunione del 19 aprile. La questione Mancino era trasversale: si partì dalle sue lamentele, per poi parlare di carenze di coordinamento».
11.25 – «NON MI FU CHIESTA AVOCAZIONE DELLE INDAGINI» «Non mi è stata fatta alcuna richiesta specifica, mi è stato prospettato un problema sul profilo del coordinamento. Non mi fu sollecitata l’avocazione delle indagini», ha spiegato Pietro Grasso. Lo stesso ha sottolineato di non aver mai fatto alcuna interferenza nelle indagini. «Nessuno lo ha mai lontanamente ipotizzato» , ha risposto Messineo a Grasso.
11.20 – «Caltanissetta, nel momento in cui ha depositato gli atti, ha spiegato che non c’erano responsabilità politiche di Mancino. Ma nemmeno Palermo, allora. Ma Nicola Mancino si sentiva in ansia, tormentato, perché continuamente sottoposto e oggetto di valutazioni, anche dalla stampa»
11.15 – «Per capire il quadro delle interferenze, preciso che la procura di Caltanissetta si occupava della possibilità che la trattativa entrasse come movente per la strage di Via d’Amelio». Grasso ha continuato: «Perché chiesi alla fine della riunione con Ciani che mi fosse inviata una richiesta scritta? Scripta manent, le motivazioni della riunione sarebbero state più evidenti. Ci fu anche un sollecito da Ciani per alcuni ritardi». «Conoscevo la posizione processuale di Mancino? Allora non era indagato, era testimone»
11.10, LE LAMENTELE DI MANCINO – «Le lamentele di Mancino? Secondo lui non c’era unità nell’azione delle procure, spiegava come la giurisdizione doveva avere unità nel valutare certi comportamenti»
Ore 11.05 , «NON MI RISULTAVANO VIOLAZIONI DA PARTE DELLE PROCURE» – Grasso: «Alla riunione del 19 aprile 2012 dissi che non mi risultavano violazioni delle direttive da parte delle Procure interessate. I poteri di coordinamento sono ben precisati dalla legge: di fronte a reiterate e giustificate violazioni, il Procuratore nazionale antimafia può esercitare potere di avocazione. Ma io dissi che per me non c’erano gli estremi».
Ore 11.00 – «MANCINO LAMENTAVA MANCANZA D’UNITÀ NELL’AZIONE DELLE PROCURE» – «Nella telefonata con Ciani non si parlò di trattativa Stato-mafia, né di una lettera del senatore Nicola Mancino», ha sottolineato Grasso. E nella riunione del 19 aprile 2012? «Nell’affrontare i problemi di coordinamento tra Procure, si parlò del procedimento sulla trattativa Stato-mafia», ha invece continuato Grasso. «Ci fu sul tavolo anche la lettera del senatore Mancino, allegata a quella che il segretario generale del Quirinale Donato Marra aveva inviato alla Procura generale della Cassazione. Si parlò anche del fatto che ci furono lamentele sul coordinamento». Grasso ha poi ricordato: «Nel dicembre 2011 avevo incontrato per pochi minuti Nicola Mancino – nel corso della cerimonia degli auguri natalizi del Presidente della Repubblica – che si lamentò di essere perseguitato, non ricordo bene le parole. Mi disse che c’erano delle differenze di valutazioni di eventuali suoi comportamenti e omissioni dalle diverse procure che indagavano sulla trattativa. Essendo io Procuratore nazionale antimafia, mi disse che qualcosa dovevo fare. Io dissi che non c’erano i presupposti per l’avocazione. A quel punto concluse dicendo: avocazione no, ma coordinamento sì».
Ore 10.50 – Sul contrasto ricordato tra le procure del 2011, fu convocata allora qualche riunione alla procura generale della Cassazione? «Io convocai le tre procure di Caltanissetta, Palermo, Firenze. Tra Pg della Cassazione e Procure ci fu interlocuzione, ma non fu convocata nessuna riunione», ha spiegato Grasso.
Ore 10.40 – NEL 2011 PROBLEMI DI COORDINAMENTO TRA PROCURE – Ciani telefonò a Grasso, nel suo primo atto di reggenza dell’Ufficio: «Diverse erano le questioni al vaglio tra Procura nazionale antimafia e Procura generale della Cassazione. Nel 2011 c’erano stati problemi di coordinamento tra Procure, tra quelle di Caltanissetta e Palermo»
Ore 10.35 – INIZIA LA DEPOSIZIONE DI GRASSO – Iniziata la deposizione del Presidente del Senato, Pietro Grasso, citato come teste nell’udienza del processo per la trattativa tra Stato e mafia davanti alla Corte d’Assise di Palermo. Di fronte ai ringraziamenti della Corte per essere venuto a Palermo, Grasso ha replicato: «Tutto quello posso fare per venire incontro alle esigenze della giustizia e della verità». Da ottobre 2005 al gennaio 2013 Grasso ha ricordato di essere stato procuratore nazionale Antimafia. «Ho partecipato il 19 aprile 2012 a una riunione alla procura generale della Cassazione, su richiesta del procuratore generale Ciani (che esercita per legge un potere di sorveglianza sul procuratore nazionale Antimafia)»
Ore 10.30 – INIZIATA L’UDIENZA – In aula a Palermo c’è anche il Procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo per l’udienza di oggi sulla trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa Nostra.
STATO-MAFIA, PIETRO GRASSO DEPONE SU MANCINO – Al processo sulla trattativa Stato-mafia, nell’aula bunker dell’Ucciardone a Palermo, è il giorno della testimonianza del presidente del Senato Pietro Grasso. L’ex capo della Procura nazionale antimafia ed ex procuratore capo di Palermo, ora seconda carica dello Stato, sarà ascoltato in qualità di teste nell’udienza in programma alle 10,30. L’ex magistrato è stato chiamato a deporre dai pm «per riferire in ordine alle richieste provenienti dall’imputato Nicola Mancino (ex ministro dell’Interno, imputato nel processo per falsa testimonianza) aventi ad oggetto l’andamento delle indagini sulla trattativa, l’eventuale avocazione delle stesse e o il coordinamento investigativo delle procure interessate». Dopo Grasso, testimonierà anche il segretario generale del Quirinale, Donato Marra.
STATO-MAFIA, LA TESTIMONIANZA DI PIETRO GRASSO – Avrebbe potuto chiedere di essere ascoltato a Roma, ma ha preferito tornare nella stessa aula dove circa trent’anni fa, nelle vesti di giudici a latere, fu protagonista del Maxiprocesso a Cosa nostra. «Quell’aula è un pezzo importante della mia vita. Tornare come testimone è un atto dovuto alla mia storia umana e professionale, ma a anche e soprattutto all’istituzione che oggi rappresento. Le istituzioni hanno il dovere di dare la massima collaborazione nell’accertamento della verità. I Palazzi si devono aprire alla giustizia», ha spiegato il presidente di Palazzo Madama.